La «notte brava» di Macario
La «notte brava» di Macario Nella commedia (già del repertorio di De Filippo) al teatro Alfieri La «notte brava» di Macario Scritta nel '33 dalla Riccora, la vicenda è ora ambientata ai giorni nostri in una villa presso Torino • Con il comico piemontese: Giusi Raspani Dandolo, la bionda Carla Maria Puccini, Evi Borsatti (che ha sostituito la Penni ) Da quando ha deciso di tornare sui palcoscenici di prosa, Macario è alla ricerca di un repertorio in lingua ma con una impronta regionale. Proprio come Peppino De Filippo molti anni fa. Ma l'attore napole tano lo trovò subito (fra l'altro, quasi tutte le commedie che rappresenta le ha scritte lui), il comico torinese non ancora. In attesa, non troppo fremente, di quelle novità italiane che egli sterso ha an nunciato e che forse potrebbero risolvere il suo problema, ecco allora Ma cario rivolgersi proprio al repertorio dei De Filippo e scegliere Sarà stato Giovan nino, una fortunata corame dia che Paola Riccora, autrice garbata e feconda ancora oggi che ha passato l'ottantina, scrisse nel 1933 per i tre fratelli. Macario, rifacendo in lingua l'originale napoletano, ha muta to titolo, epoca e ambien te: La notte brava di Giovannino si svolge ai giorni nostri in una villa nei dintorni di Torino. Macario si è ritagliato un personaggio congeniale: il parente povero e disprezzato che i Parola — un padre remissivo, una madre dispotica, e due figli scapestrati, Carlo e Lauretta — tengono in casa con ca rita pelosa schiacciandolo sotto un mucchio di incom benze e addossandogli la colpa di tutti i guai che loro stessi combinano. Su bito incominciano a dargli del ladro per un braccialetto d'oro scomparso e che, in realtà, è stato rubato da Carlo. Poi vorrebbero ren¬ derlo responsabile di un tentativo di tuga di Lauretta con un compagno di liceo scimunito ma ricco. Infine, quando scoprono che la domestica Teresa è nei pasticci (e naturalmente è stato il figlio), lo bollano come seduttore della povera ragazza. A questo punto, Giovan nino si ribella. A modo suo, s'intende, poiché non è dav vero un cuor di leone. Ma, davanti alla disperazione di Teresa, che tuttavia non vuole fare il nome di Carlo sebbene costui l'abbia pian tata in asso per una fidan zata facoltosa, prorompe: I « Sono stato io! ». Questa impennata, la prima della sua vita, gli darà il coraggio di andarsene da quella casa insieme con Teresa che, se non altro per riconoscenza verso chi è pron¬ to ad assumere la paternità della sua creatura, chissà che un giorno non impari a volergli bene. La commedia ha un impianto ridanciano, ma volge a poco a poco in un patetico che, nel terzo atto, prende toni drammatici. Appunto qui Macario, che già nei primi due atti aveva premuto il pedale di una comicità bonaria e quasi rivistaiola, ha rinun ciato a far leva sul sentimento, sbrigando quel tanto di commozione che la vi cenda imponeva e asciugan do le lacrime dell'originale con una farsesca trovata conclusiva A furia di aggiustare il tiro, ha un po' disequilibrata la commedia ma ha ottenuto lo scopo di accentrare su di sé l'attenzione e di scatenare cosi l'ilarità del pubblico. A parte il « tifo » per Macario, che nel finale insinua con finezza anche qualche sobria nota di turbamento, gli spettatori si divertono con la secca e scattante comicità di Giusi Raspani Dandolo, con quella misurata di Michele Riccardini, con le macchiette di contorno di Enzo Fisichella. E apprezzano Evi Borsatti (chiamata a sostituire la dissenziente Paola Penni), ammirano le minigonne della spigliata Carla Maria Puccini, accomunano nelle risate e negli applausi Ennio Tanzi, Marisa Bert, Giovanna Valsania, il Bertolotti e il Conti Spettacolo scacciapensieri, e alla buona. Ma via, per le feste natalizie, è probabilmente quello che il pubblico sembra preferire. Alberto Blandi
Luoghi citati: Torino
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