Roma più vicina al mondo

Roma più vicina al mondo Roma più vicina al mondo Quando mori Paolo VI — il Papa più profondamente legato alle vicende italiane di questo secolo — non pochi scrissero in Italia e all'estero, che avremmo avuto ancora un solo Papa italiano. L'internazionalizzazione del Sacro Collegio, voluta con tenacia da Papa Montini, aveva rovesciato tutti gli equilibri di forze tradizionali, aveva attenuato il peso del inondo curiale, una volta in mano a esponenti quasi tutti italiani o romani, aveva proiettato i destini del cattolicesimo in una dimensione universalistica, che dissolveva molte delle categorie classir e o domestiche di un Pap?. identificato con Roma, con lu Roma italiana. Quella previsione è slata rispettata. L'imprevedibile brevità del pontificato di Papa Luciani — quasi una meteora — non è bastata ad arrestare la pressione che da varie parti del mondo cattolico, occidentale e orientale, incalzava per una « soluzione » nuova, svincolata dal tradizionale primato italiano, da quella specie di misteriosa identificazione fra Italia e Pontificato che quattro secoli di storia non erano riusciti a intaccare (compresa la nascita, al di qua del Tevere, di una nazione italiana, laicamente ordinata, con la sua sovranità civile idealmente contrapposta al Vaticano). La stessa scella, per tanti aspetti sorprendente, di un pastore d'anime, con venature parrocchiali, come il patriarca di Venezia, era stata da più parti giudicata un « prezzo » pagato agli episcopati non italiani, ormai vicini alla maggioranza nel collegio cardinalizio, in termini di accentuata vocazione pastorale e sacerdotale, fuori di ogni preferenza nazionale. Italiano sì, il cardinale Luciani, ma certo il più lontano dagli intrecci della Curia, dai misteri della burocrazia vaticana, dagli stessi rapporti con la realtà sociale e politica del nostro Paese. Più Giovanni che Paolo in questo senso. E già un Giovanni diverso. Non è escluso che le stesse polemiche fra « conservatori » e « progressisti » di casa nostra, riesplose nelle due ultime settimane con qualche asprezza e con qualche colpo basso, abbiano contribuito ad orientare la maggioranza dei porporati i verso una soluzione a sorpresa, fondata sul « taglio netto » con la costante del Papa italiano. Nel breve intervallo intercorso fra il Conclave di Gio¬ vanni Paolo I e il nuovo Conclave, perfino il margine teorico di maggioranza dei cardinali italiani, 56 contro 56, si era rovesciato, era diventato un minimo margine di minoranza, 55 contro 56. Quasi un segno premonitore. In realtà, i 33 giorni di Papa Luciani hanno inciso profondamente nella storia del pontificato, forse più di taluni dei regni più lunghi nella storia della Santa Sede. Papa Luciani era stato chiamato al soglio per motivi non troppo diversi da quelli — presumiamo — che hanno consibliato la scelta dell'arcivescovo di Cracovia. Un pastore d'anime, Giovanni Paolo I, senza pratica della curia: un uomo che non aveva mai ricoperto incarichi nella diplomazia pontificia, che non conosceva il mondo composito e insondabile uso a rispecchiarsi nel linguaggio gelido e notarile dell'annuario pontilcio, che si recava malvolentieri a Roma, fedele alla sua diocesi, sempre a contatto coi fedeli, coi loro problemi, con le loro angosce, sensibilissimo ai problemi del clero, al profondo travaglio che da qualche decennio Io percorre e che il Concilio Vaticano II è riuscito solo a comporre in superfìcie. Eppure il suo candore, disarmato, era parso insufficiente, il suo richiamo alla fede popolare e campagnola di un Pio V inadeguato alla gravità spesso drammatica, dei problemi che la tensione postconciliare non era riuscita a mitigare, che la sottile tormentata mediazione di Paolo VI era appena arrivata a smorzare o a nascondere. Il cardinale Wojtyla è un Luciani più colto, e soprattutto un Luciani polacco. Altrettanto rigide del suo predecessore nelle rivendicazioni delle pregiudiziali dottrinarie; altrettanto aperto sul terreno del riformismo sociale, ma inquadrato in una cornice di assoluta, intrattabile fedeltà alla tradizione (come solo può sentirla un vescovo polacco, reduce da tanti anni di lotte col regime comunista dominante, solo da poco composte in un armistizio provvisorio e sempre da tutelare). Fedele al messaggio conciliare come l'antico patriarca di Venezia; partecipe, in posizione di primo piano, alle discussioni e aiie deliberazioni del Concilio Vaticano II, ma sempre su un terreno di schietto e coerente tradizionalismo, lo stess oterreno, del resto, su cui si muoveva Giovanni Paolo I, al di là di tutti i suoi sorrisi, di tutte le sue dolcezze. L'immensità dei problemi gra- Giovanni Spadolini (Continua a pagina 2 in sesta colonna)

Luoghi citati: Cracovia, Italia, Roma, Venezia