Sì battè per una Chiesa collegiale

Sì battè per una Chiesa collegiale Sì battè per una Chiesa collegiale CITTA' DEL VATICANO — Con una scelta realmente a sorpresa e di enorme rilievo storico, religioso e soprattutto politico, i centodieci cardinali del Conclave hanno dato ieri sera alla Chiesa e al mondo, per la prima volta dopo 455 anni, un Papa non italiano e proveniente dall'Est europeo. E' il polacco Karol (Carlo) Wojtyla, 58 anni, arcivescovo di Cracovia, figlio di un operaioe che fu egi stesso operaio mentre studiava da sacerdote nel seminario di Cracovia e poi nell'Università statale dove si laureò. Ha assunto il nome di Giovanni Paolo II per affermare la continuità con i suoi tre immediati predecessori: papa Giovanni, Paolo Vi e papa Luciani che abbinò i nomi dei due altri pontefici nella elezione di sabato 26 agosto, appena cinquantadue giorni or sono. La fumata bianca si è levata dal comignolo della Cappella Sistina alle 18,18 precise ed è stata, stavolta, inequivocabile. L'ultimo papa non italiano fu l'olandese Adriano Florensz, di Utrecht, con il nome di Adriano VI, dal 31 agosto 1522 al 14 settembre 1523. Il nuovo Papa parla bene la lingua italiana, oltre alle principali lingue con la tipica facilità dei polacchi e, più in generale, dei popoli dei Paesi orientali. L'elezione di un non italiano è una svolta coraggiosa e da molti inattesa e indica che la Chiesa, nella sua espressione di vertice, considera ormai venuto il tempo di affidare il timone della barca di Pietro a un Papa che, nella sua stessa esperienza pastorale e di vita, interpreta i «segni dei tempi». E' anche la prova che nel Conclave esisteva (come nella Chiesa gerarchica) una maggioranza moderato-progressista che, ripudiando gli arroccamenti dogmatici nel campo culturale e non teologico dei quali è portabandiera il cardinale Giuseppe Siri, vuole proseguire sulla strada del rinnovamento interno ed esterno, cioè in quel dialogo con il mondo contemporaneo che è stata la grande novità introdotta dal Concilio Vaticano II. Anche se il passato di un cardinale può non rispecchiarsi nelle sue posizioni quando diventa Papa, occorre dire che Wojtyla durante il Concilio si oppose a pressanti richieste di un gruppo di 450 «padri conciliari» conservatori per una condanna drastica del materialismo ateo e si battè a favore della collegialità episcopale, cioè dell'effettiva partecipazione dei vescovi insieme con il Papa al governo della Chiesa universale, esaltando automaticamente la funziono di ogni singola Chiesa locale. Il problema centrale di questo Conclave, ancor più di quello che in agosto scelse Papa Luciani, era appunto di duplice natura: da una parte l'atteggiamento circa l'avviato dialogo con il mondo, dall'altra parte lo sviluppo o meno della collegialità episcopale, che potrebbe estrinsecarsi con un organismo eletto dal Sinodo mondiale dei vescovi e integrato da nomine papali, per governare la Chiesa decidendo le scelte, insieme con il Pontefice, che la Curia romana dovrebbe poi attuare sul piano operativo. Una prima spinta verso questa radicale e importante riforma «sinodale», che avvicinerebbe ancor più Roma alle Chiese d'oriente e ortodosse, fu data dalla riforma della Curia decisa da PaolO VI nel 1967 ma, poi, risoltasi in un accentramento del potere nella Segreteria di Stato che, attraverso sue commissioni speciali, era diventata ima specie di Supercuria. Contro questa estensione della collegialità si è pronunciato in termini durissimi, la mattina dell'ingresso in Conclave, il cardinale Siri che, polemicamente, rispose a un giornalista di non sapere che cosa sia la collegialità episcopale, non essendo — a suo giudizio — un istituto di natura divina, al di là del primato e dell'infallibilità assoluta del Papa. Nel Sinodo del '69 il cardinale Wojtyla, che ebbe la porpora da Paolo Vi nel Concistoro del 26 giugno 1967, si uni al primate di Francia, cardinale Francois Marty, per criticare il progetto di dichiarazione sulla collegialità ritenendolo molto lontano dal desiderio di Paolo VI per un suo completo sviluppo che, nel Concilio, era stato limitato dalla famosa «nota praevia» sulla cui base la partecipazione dei vescovi al governo della Chiesa era di carattere esclusivamente consultivo. La scelta di Giovanni Paolo II, da parte della maggioranza dei cardinali (non è possibile sapere, ovviamente, quale sia stato l'esito dello scrutinio, che richiedeva almeno 75 voti, vale a dire i due terzi più imo) è indicativa della volontà di realizzzre lo sviluppo del rinnovamento conciliare. Anche sul piano del rapporto con il regime polacco Wojtyla, nella ferma difesa dei diritti e dei principi della Chiesa, si è sempre mostrato più aperto che non il primate di Polonia cardinale Stefano Wyszynski pur essendo concorde con lui nella sostanza. La fumata bianca è apparsa alle 18,18. E' probabile che l'elezione sia avvenuta all'ottava votazione di questi due giorni, cioè nel quarto scruti1 nio della giornata di ieri (si | fanno quattro votazioni ogni \ \ giorno). La scelta di un porporato non italiano, secondo fonti qualificate, era posta in seconda linea, quasi dì riserva, qualora non fosse riuscita nei ' primi tre giorni l'elezione dì un nuovo Papa italiano verso il quale esìsteva un «orientamento generale», come dissero numerosi porporati entrando nel Conclave. Woytjla era considerato in ambienti del vertice vaticano un «outsider» con Pironio e lo stesso Benelli (come noi abbiamo riferito, unici fra i giornali, in Stampa sera del lunedì di ieri). Questi outsiders, secondo i competenti, avevano possi¬ bilità di elezione solo se f os-1 sero cadute, per contrasti insuperabili, le candidature di prima linea, cioè degli italiani, fra i quali emergeva come «vero candidato» il cardinale Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano. E' impossibile, mentre il Conclave è ancora chiuso (aprirà stamane i battenti) raccogliere qualsiasi indicazione attendibile su come si siano svolte le cose, almeno in linea generale. Ma è molto probabile che gli scrutini di domenica siano serviti a saggeare gli orientamenti reali dei grandi elettori. Vi era un partito deciso a sostenere Siri come altiere di una restaurazione preconciliare, ma aveva ricevuto un duro colpo dalla sconcertante intervista del porporato, pubbhcata sabato anziché domenica, quando i cardinali erano in Conclave, com'egli aveva chiesto. Può esservi stato lo scontro elettorale fra Siri e un altro pa¬ pabile più accetto alla maggioranza, per esempio Benelli: ma se nessuno dei due candidati è riuscito ad emergere sull'altro, è possibile che nelle due votazioni del pomeriggio di domenica al posto di Siri sia sceso in campo un nome su linee conservatrici, ma molto più accettabile alla maggioranza, come potrebbe essere stato quello del card. Pericle Felici, che realizzò il Concilio con lealtà quale segretario generale, pur dissentendo, spesso, da alcune innovazioni. Dopo le «due fumate nere di domenica, molti esperti ritenevano che la giornata di lunedì sarebbe stata «quella di Colombo, il vero candidato», ingrado cioè di favorire un compromesso tra le diverse tendenze. Ieri mattina ave- Lamberto Fumo (Continua a pagina 2 in ottava colonna)

Luoghi citati: Cracovia, Francia, Milano, Polonia, Roma, Utrecht