No alle auto, ma con giudizio di Marziano Bernardi
No alle auto, ma con giudizio No alle auto, ma con giudizio L'altro giorno un lettore nella rubrica «I lettori discutono»; ieri, con ben diverse argomentazioni Mario Fazio a proposito del nostro articolo del 25 aprile «Auto e centri storici» presentato con un sopratitolo (redazionale) forse un po' troppo reciso: «Una risoluta difesa delle macchine», E subito vorremmo notare come spesso il lettore comune travisi il senso di quanto egli crede di aver letto attentamente. Avendo noi domandato: «A Torino crede il sindaco Novelli che una fila di automobili (una sola fila) in sosta lungo i portici offenderebbe l'armonia sei-settecentesca di Piazza San Carlo?», ecco il signor Renato Busso replicare: «Era più bella, secondo l'autore, piazza San Carlo quando sembrava un enorme parcheggio?». Che è non aver capito che la nostra domanda tendeva all'inserimento di un ben delimitato segnale di vita attuale, «moderna», in un ambiente storico, aulico, che non per ciò deve essere avulso dall'atmosfera sociale del tempo nostro. Altro è lo sconcio dell'«enorme parcheggio», e altro «una sola fila» di auto lungo i portici, la quale ci ricordi - mantenendo una comodità di trasporto opportunamente ridotto - che la nostra epoca non è più quella delle portantine e delle berline, e nemmeno delle ottocentesche carrozzelle di piazza. Differente il discorso di Fazio, fondato su serietà metodologica. Ma egli afferma di non aver mai sentito, dagli urbanisti, «ridurre la soluzione del problema dei centri storici alla cacciata dell'automobile». Egli dunque non ha letto quanto scriveva sul più importante giornale milanese, riferendo le recenti discussioni tenutesi ad Urbino, un insigne e popolarissimo studioso di questioni urbanistiche, il quale additava come il nemico numero uno del centro storico «la rozza intrusione del traffico motorizzato che distrugge ogni rapporto di ambiente, elimina gli spazi destinati agli incontri e alla vita sociale, ingorga con carcasse metalliche ferme o in movimento vie e piazze costruite per essere percorse, contemplate, godute a passo d'uomo». Queste parole già le riferimmo nel nostro articolo, ma abbiamo voluto ripeterle come indice di una mentalità da «caccia alle streghe» condivisa da quegli urbanisti i quali, additando nelle «carcasse metalliche» private, avvelenatrici e storpiatrici del pedone, nonché fonte di alienazione degli stessi occupanti, la causa prima della disumanizzazione del centro storico, le vorrebbero da questo escludere privilegiando al massimo, in esso, il trasporto pubblico: come se il succedersi di enormi autobus non distruggesse ugualmente «ogni rapporto d'ambiente». Il problema, tutti lo vedono, è di difficilissima soluzione, e giustamente Mario Fazio lo esamina da punti di vista che non sono soltanto quelli della circolazione automobilistica. Sulla opportunità di creare isole pedonali quanto possibile frequenti (ma con adeguati parcheggi nelle vicinanze) nei centri storici, ovviamente non si può non essere d'accordo; e così sull'esigenza di difendere l'immagine urbana nel suo tessuto d'insieme, anche non monumentale. Ma quest'immagine va considerata non con fanatismo ma con ponderata coscienza storica sussidiata dalla cultura artistica. Ed in proposito, poiché noi avevamo deplorato il ridicolo divieto di attraversamento automobilistico di un'area torinese morta come piazza Carlo Alberto, Mario Fazio cita la felice pedonalizzazione di piazza Navona a Roma Ma come mettere a confronto, per il godimento estetico del pedone, la Fontana dei Fiumi, le facciate di S. Agnese in Agone e di Palazzo Pamphily, col pasticcio architettonico dell'ala ottocentesca di Palazzo Carignano o con la facciata tardo Settecento incorporata nella nuova Biblioteca Nazionale? Sarebbe come paragonare il Bernini, il Borromini, il Rainaldi, al nostro modesto Filippo Castelli, ed agli ancor più modesti Domenico Ferri e Giuseppe Bollati. Marziano Bernardi
Persone citate: Bernini, Borromini, Filippo Castelli, Giuseppe Bollati, Mario Fazio, Renato Busso
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