Riviviamo la notte della spaventosa catastrofe

Riviviamo la notte della spaventosa catastrofe Riviviamo la notte della spaventosa catastrofe (Da uno dei nostri inviati) Udine, 7 maggio. L'orologio elettrico di piazza Osoppo, a Udine, da ieri sera è fermo sulle 21,09. E' l'ora esatta in cui una scossa tellurica ha sconvolto e straziato una quindicina di paesi del Friuli e della Carnia, lungo le due sponde del Tagliamento, provocando un numero altissimo di morti (stasera si parla di 550 salme già recuperate e di altre quattrocento e più ancora ricoperte dalle macerie), di quasi duemila feriti, di 100 mila senza tetto e di danni per decine e decine di miliardi. Il cordoglio è profondissimo, cinema, negozi e locali pubblici sono stati chiusi spontaneamente in segno di lutto in molte città delle tre Venezie; aiuti in medicinali, viveri, indumenti, giungono da ogni parte d'Europa, dalla Jugoslavia come dalla Germania e dall'Olanda e oggi pomeriggio anche il presidente della Repubblica è accorso sui luoghi del disastro. Le scosse telluriche, nelle ultime ventiquattro ore, sono state complessivamente trentacinque. La prima, leggerissima, è stata avvertita in tutta la regione ieri sera alle 20,54. Quella successiva delle 21,02 - la più micidiale perché dell'ottavo grado della scala Mercalli - è stata accompagnata da un terrificante boato ed è durata 55 secondi, scardinando case, castelli, scuole, fabbriche, sradicando i binari della ferrovia, smuovendo frane di sassi e valanghe di terriccio che hanno sommerso paesi, strade, impianti. Ancora tre scosse sono seguite alle 22,05, alle 22,30 e all'1,25. Per tutta la notte la terra ha continuato a tremare con movimenti sussultori valutati della potenza di 2-3 gradi della scala Mercalli: oggi ne sono state registrate alle 7,10, alle 8,30 e alle 14,52, tutte abbastanza violente, nelle zone di Cervignano di Tarcento e di Udine. Stasera, mentre telefoniamo, altre due scosse hanno svuotato definitivamente la città; migliaia di cittadini si preparano a trascorrere un'altra notte all'aperto. Da oltre mezzo secolo il Friuli e la Carnia non avevano vissuto ore così tragiche e angosciose come queste. Nel 1924 una forte scossa di terremoto aveva distrutto due paesini delle colline moreniche tra la piana dell'Udinese e il Tagliamento causando dieci morti e una cinquantina di feriti. Ieri sera, come allora, l'epicentro del sismo è stato individuato nel territorio del comune di Amaro, sopra Gemona del Friuli e primo paese della Carnia, sorto circa tre secoli fa sui resti di un vulcano spento che, secondo le antiche carte, veniva chiamato « la Marianna ». I quindici comuni più colpiti dalla mortale e devastatrice onda del sismo si trovano tutti a nord, nord-est e nord-ovest di Udine, in un raggio di 30-35 chilometri; per ciascuno di essi, stasera, sulla base dei dati raccolti fra i sindaci e dei nomi di coloro che mancano all'appello degli uffici anagrafe, vengono fornite queste terribili cifre ufficiose: Gemona, 13 mila abitanti, 300 dispersi; Tarcento, 10 mila 200 abitanti, 7 dispersi, 117 feriti; Buia, 7.400 abitanti, 50 dispersi; S. Daniele del Friuli, 7 mila abitanti, 40 dispersi; Maiano, 6 mila abitanti, 35 cadaveri recuperati e 100 dispersi; altri trenta morti nella frazione di Ponte Ledra Tiberiaco e 22 nell'altra frazione di Gasalsole; Artegna, 3800 abitanti, 30 morti; Poggio Udinese, 3500 abitanti, 120 dispersi; Ragogna, 3300 abitanti, imprecisato il numero delle vittime; Venzone, 3200 abitanti, 32 morti e 17 dispersi; Trasaghis, 3100 abitanti, 30 dispersi; Forgaria, 3 mila abitanti, numero imprecisato di vittime; Magnano in Riviera, 2500 abitanti, 50 morti; Montenars, 740 abitanti, 30 dispersi; Golloredo di Montavano, 2500 abitanti, 9 morti; Resia, 1850 abitanti, 20 dispersi. Ancora una volta la sciagura è stata annunciata dagli animali. Da Tarcento, da Osoppo, da Pinzano, da Forgaria, dicono che ieri, poco prima delle 21, i cani hanno cominciato a latrare sulle aie e nei cascinali, i buoi a muggire nelle stalle, i cavalli a scalpitare irrequieti. L'autista Vittorio Sutter, 51 anni, ha raccontato che i cani da guardia del suo allevamento di Gorizia hanno abbaiato tanto a lungo e cosi insistentemente, all'ora del terremoto, da farlo accorrere preoccupato da casa dove stava già dormendo. Accompagnata da un cupo e prolungato rombo sotterraneo, la scossa delle 21,02 porta la morte e la distruzione in meno di un minuto. Udine ne rimane quasi illesa, cadono cornicioni e comignoli, vanno in pezzi le alte moderne vetrate dell'albergo Cristallo, una lastra di granito pesante tre quintali piomba dal tetto di un edificio di via Carducci 20 e stritola una 500 ferma (e vuota) ai bordi della strada. Il comitato provinciale della democrazia cristiana, riunito nella sede di piazza Gorgo per discutere sulle candidature alle prossime elezioni politiche, fugge spaventato in strada. Nella serata insolitamente calda, le vie sono già gremite di gente, donne, bimbi, anziani: «Il terremoto, il terremoto! », è il grido che si rincorre di casa in casa, di balcone in balcone, per tutta la città. In pochi minuti, mentre già si odono le sirene delle « gazzelle » della polizia e dei carabinieri, una marea di auto che reca a bordo gente vestita alla meglio, avvolta in qualche coperta, carica di valigie e di pochi oggetti capitati sotto mano, abbandona le case verso l'aperta campagna. Il primo provvedimento del sindaco di Udine, avv. Angelo Gandolini è quello di ordinare l'apertura dello stadio di calcio e dei recinti dei giardini pubblici: due auto del comune, munite di altoparlante, cominciano a circolare nelle vie esortando alla calma e indicano i due luoghi dove i cittadini possono trascorrere la notte al sicuro. Alle 21,25 il prefetto di Udine, dott. Speziante, accorso nel suo ufficio al palazzo del governo, trova sulla scrivania due segnalazioni dei carabinieri che anticipano le proporzioni della sciagura. Una proveniente da Tarcento, a 20 chilometri da Udine: il treno diretto Vienna-Roma, mentre entrava in stazione, è deragliato a causa della scossa di terremoto e soltanto il sistema automatico di bloccaggio del convoglio ha evitato un disastro. Non ci sono feriti, ma la linea ferroviaria, sotto la forza im mane e incontrollabile del sismo, è stata letteralmente sollevata e spostata dalla sua sede. L'altro rapporto giunge dal comune di Maiano, che risulterà fra quelli più duramente colpiti; informa che il terremoto ha fatto crollare il ristorante « da Gardo », in frazione Tiveriacco, dove stavano cenando quaranta persone: « Si temono numerosi morti; mancano la luce e l'acqua», dice il fonogramma: dei 40 clienti del ristorante ne verranno salvati una decina. Alle 22 il vice prefetto di Udine, dott. Toscano, parte, assieme all'ing. Gatano, comandante dei vigili del fuoco, e al questore dott. Festa per un'ispezione ai centri sinistrati lungo il corso del Tagliamento poiché notizie an cora più drammatiche hanno continuato a riversarsi in prefettura. Se ad Udine la scossa tellurica ha provocato soltanto lievi danni, ha però causato la morte di quattro persone deboli di cuore: come più tardi ci comunicherà il vice capo di gabinetto del questore, una donna di 78 anni, che abitava sola, è stata stroncata da infarto quando il soffitto della sua stanza le è crollato sul letto dove dormiva; altri tre anziani, di cui due ricoverati in istituti di assistenza cittadini, sono morti per lo spavento provato al momento del sismo. Verso le 3 del mattino, in una breve conferenza stampa, il prefetto annuncia che finora sono stati estratti dalle macerie dei paesi disastrati «dalle 60 alle 70 sal me», che i feriti «ammontano complessivamente ad almeno 550 » e che sono crollate, in seguito al terremoto, le stazioncine ferroviarie di Gemona, Moggio Udinese e Artegna. Un'ora più tardi il numero delle vittime è indicato in «un centinaio», mentre i feriti, di cui moltissimi gravi perché colpiti alla testa (fra quelli ricoverati all'ospedale di Udine 16 moriranno prima dell'alba), sono «certamente più di 700». Quando alle 5,30 il prefetto indice una nuova conferenza stampa, la situazione è divenuta « grauvissima »; ai centralini telefonici dei cara Giuseppe Mayda Gemona. Si estraggono dalle macerie le vittime della spaventosa catastrofe (Foto « La Stampa », Alessandro Bosio, Enrico Deangelis e Piero Goletti) (Continua a pagina 2 in ottava colonna)