Il primato della conoscenza nel pensiero di Nietzsche di Guido Piovene

Il primato della conoscenza nel pensiero di Nietzsche UN DISCUSSO MAESTRO DEL NOSTRO TEMPO Il primato della conoscenza nel pensiero di Nietzsche La Casa Adclphi, nei suoi « classici », va pubblicando in una traduzione italiana le opere di Federico Nietzsche, curando attentamente l'esattezza del testo. L'intera serie è prevista in otto volumi ripartiti in diciotto tomi. Con Così parlò Zarathustra, recentemente uscito, siamo a un terzo del cammino. Giorgio Colli e Mazzino Montinari hanno stabilito il testo critico originale, e il secondo l'ha tradotto. Questo libro, che si distacca dagli altri dello stesso Nietzsche, perché il pensiero vi si esprime a baleni, in tono profetico-lirico, talvolta sibillino, fu anche quello che gli orecchianti e i travisatori di Nietzsche lessero con più frequenza. D'Annunzio, fra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del Novecento, lo riecheggia continuamente, e si può ricordare il comico telegramma, speditogli da Salandra nel 1915 per indurlo a tornare in patria a fare propaganda per l'intervento in guerra, dove lo chiama « magnanimo Zarathustra ». Si sa quale tristo impiego hanno poi fatto del pensiero di Nietzsche il fascismo e il nazismo, con la pretesa di esserne gli interpreti e gli applicatori. Questo non prova tiu'la contro di lui; dimostra solamente che il pensieri;, nella civiltà d'oggi, incontra cariche esplosive, che devono essere disinnescate. Le false parentele non hanno potuto oiluscare la convinzione dei maggiori intelletti creativi: Nietzsche è un grande maestro, uno dei grandi poli, al pari di Freud, della nostra coscienza. Forse è questo il momento in cui il rileggerlo bene può essere anche salutare. Ci vorrebbe altro che un ---I ticolo per parlare di Nietzsche e anche soltanto di Così parlò Zarathustra. Mi sono limitato a farne scorrere le pagine, fermandomi su qualche passo e rivitalizzando il ricordo di letture antiche. Il contatto con questo libro, dal quale tante menti deboli hanno tratto incentivi all'egoismo personale, al superomismo sciocco, alla crudeltà, alla iattanza, produce un immediato effetto tonico. L'occhio mi è subito caduto su una frase delle più semplici, che però muove tutto il resto: « Io amo colui che vive per la conoscenza ». Riguardo all'egoismo predicato da Nietzsche, subito mi sono balzate incontro altre frasi, che si ripetono lungo tutto il corso del volume. L'uomo che Zarathustra offre come modello è « un ponte », una transizione, un tramonto, « non serba per sé nulla ». Bisogna « vivere tramontando », «vivere e non più vivere». La parola egoismo attira (o spaventa) i lettori, ma di che genere di egoismo si tratta? «Nel vostro egoismo, o creatori, è la previdenza e la provvidenza della donna gravida! ». Nel frutto della gravidanza, che ancora nessuno ha veduto, è « la vostra intera virtù ». « La vostra opera, la vostra volontà è il vostro prossimo1, d. Dovete « danzare senza curarvi- di voi e al di sopra di voi stessi ». « Forse che miro alla felicità? lo miro alla mia opera ». Nella parte più sostanziale di ciò che insegna, dunque, Nietzsche invita l'uomo a morire a se stesso, a sentire la sua persona come un tramite e un mezzo, che ha per line la conoscenza e l'opera, e deve annientarsi nell'opera. L'uomo perciò deve « vivere e non più vivere », « vivere tramontando », amare e cercare il proprio tramonto; l'egoismo è tutto nell'opera (il frutto della donna gravida), niente nella persona. E' il contesto in cui vanno letti tutti i passi sull'egoismo, sulla volontà di dominio, o contro la bontà; cioè non dimenticando mai di mettervi accanto quel senso della mancanza di valore della persona come tale. Non in essa è il fine, ma fuori, nell'opera che essa genera: e non conta nemmeno, dice Nietzsche in un altro passo, se in questo suo proposito l'uomo è vincente o fallito. La nobiltà di un uomo consiste in quel modo di porsi davanti all'opera e a sè stesso e nel considerarsi come un'entità generante. Il « prossimo » condannato è l'insieme di chi vuole « vivere la propria vita », e perciò trattiene e irretisce chi vuole « morire nella propria opera », tenendola attaccata alla sua vita personale, impegolata in un egoismo inferiore. Questa è solo una piccola parte del pensiero di Nietzsche, quella che però si è trasmessa nei più grandi uomini anche d'oggi. La si ritrova in Einstein, che chiama la felicità « l'ideale dei porci », rifiuta i legami intralcianti, si propone l'annullamento degli interessi personali perché la conoscenza non ne sia oscurata. La si ritrova in Thomas Mann, il quale ripete più volte che «/a morte a se stesso » è la condizione prima dell'opera creativa; e in tutti i poeti che hanno pagato la poesia come una sorta di follia consapevolmente contratta. Certo, quella di Nietzsche è un'umanità drammatica; e Nietzsche (come, in un altro campo, Sade) è una medicina che esisje correttivi e antidoti, o almeno bisogna assorbire nella giusta misura. Scartarlo, però, non si può, e non so concepire senza il componente Nietzsche nessun ulteriore sviluppo della civiltà e del pensiero. In forma palese o nascosta, consapevole o inconsapevole, Nietzsche e le posizioni che Nietzsche rappresenta sono oggi al centro delle contestazioni. La passione per la conoscenza non può essere di tutti; vi è chi presenta come ■•n privilegio intollerabile il apere di più, e perfino il poterne avere ii desiderio. Perciò orrebbe che anche l'insegnamento fosse adeguato a quelli che non possono desiderarlo, flé oggi, né, probabilmente, mai. L'amore per la conoscenza in se stessa è rappresentato come un caràttere della civiltà borghese, che nasconde il proposito di formare un'elite, separandosi dall'umanità comune. La civiltà che ha posto la conoscenza come il massimo degli ideali è piena di ingiustizie e di pericoli; per toglierli, si mette in questione quell'ideale e si prospetta, al termine delle presenti convulsioni, l'ideale antitetico di un mondo più umile, meno inventivo e avventuroso, impiegato nella ricerca della semplice felicità (del resto indefinibile) e dei piaceri della vita comune. Gli egoismi di oggi dovrebbero preludere a un futuro sdrammatizzato e alla pace del villaggio. Questo modo di contestare la civiltà moderna in quanto è punta, volontà di conoscere che l'uomo genera da sé ma soltanto per obbedirle e farsene sovrastare, si è visto anche in molte reazioni di fronte alla recente impresa lunare. Non tutti hanno capito, o ammesso, un tatto, che per altri è invece molto chiaro, come lo è per sir Bernard Lovell. « Non c il caso di cercare ragioni isolate che giustifichino le spese e t rischi dell'impresa: il suo significato e che l'uomo ancora vuole e può lottare ai limiti del possibile ». Qui, dunque, e il nodo, o almeno uno dei nodi, delle contestazioni, perché ne riguarda gli scopi, il genere di civiltà a cui vogliono giungere. Lo si trova nel marxismo stesso, o almeno nei molteplici movimenti che si ripetono al marxismo, secondo che prevalga l'aspetto di ampliamento delle capacità d'intelligenza umana, di assalto alle resistenze della natura, dovuto all'impeto di una classe montante che convoglia con sé tutte le altre forze, o un lato egualitario-sentimcntale, e magari caritativo, unito a un ripudio della troppo rischiosa e dram- matica civiltà europea Certo in Nietzsche è criticabile la sua idea dell'uomo creatore come spirito solitario che si nutre soltanto di se stesso e dei propri simili. Il suo «prossimo» appare soltanto come una congiura di esseri volgari; manca l'idea che il creatore lo porta dentro, e che la creazione è un atto terminale di centomila altri. Ma un po' di questa concezione può valere come contrappcso ai sentimentalismi; e ciò che conta è l'indirizzo della civiltà, se la conoscenza deve essere considerata sempre il massimo dei beni, se «umano» significa soprattutto questo, opponendosi al «troppo umano», se sia giusto che l'uomo voglia andare oltre a se stesso e se una rivoluzione deve esaltare o spegnere l'impulso di sapere. Perciò dicevo prima che, senza il componente Nietzsche, una civiltà moderna e inconcepibile oggi non meno di ieri. . . Guido Piovene L'astronauta James Lovell legge un messaggio di congratulazioni che gli è stato consegnato da un medico spaziale a bordo della portaerei «Yorktown». Lovell sta mangiando la sua prima bistecca dopo il rientro dai cieli lunari (Telefoto U.P.I.)