John Steinbeck simbolo di un'America scomparsa di Lorenzo Mondo

John Steinbeck simbolo di un'America scomparsa Lo scrittore Premio Nobel morto a 66 anni John Steinbeck simbolo di un'America scomparsa Espresse nei suoi popolari romanzi i drammi e le speranze dell'età del «New Deal» - Durante la dittatura rappresentò per gli autori italiani una testimonianza di libertà artistica e civile John Steinbeck è scomparso l'altra notte a New York, per un attacco cardiaco. Quasi ci meraviglia apprendere che lo scrittore americano aveva soltanto 66 anni. La sua figura appariva così distante, remota, che già nel 1962 il Premio Nobel ebbe per lui il sapore d'una resurrezione^ Eppure, chi lesse i suoi libri tra le due guerre o li riscoprì nel 1945, non può sottrarsi alla commozione. Perché quest'uomo che, insieme alla sua arte, aveva finito per stemperare in un patriottismo accomodante l'originario vigore civile, fu uno dei protagonisti della vita culturale italiana sotto la dittatura. Negli anni trenta, la scoperta dell'America, dove gli « astratti furori » si incarnavano nel libero respiro di una società in sviluppo, passò anche per il nome di Steinbeck. Ne fanno fede i suoi primi traduttori che si chiamano Pavese, Vittorini, Montale. Attraverso di lui, non meno che attraverso i grandi Faulkner ed Hemingway, si apprese un nuovo modo di affrontare la realtà, di scrivere e di vivere. Steinbeck cominciò neoromantico con La santa rossa (1929), una libera ricostruzione delle imprese del bucaniere Morgan. Ma già con i racconti dei Pascoli del cielo (1932) egli saggia la felicità della sua scrittura sul mondo geografico e morale della nativa valle di Salinas, in California. Qui si manifesta per la prima volta l'attaccamento di Steinbeck alla terra, la pietà per i piccoli uomini in balìa delle forze della natura, con un affettuoso e vivace impressionismo che trova il suo limite nelle cadenze liriche e sentimentali. Più che nel romanzo Al dio sconosciuto, dove cede alla tentazione del misticismo tellurico (analisi psicologica e trasfigurazione simbolica gli sono negate in uguale misura) Steinbeck riesce a convincere in Pian della Tornila (1935), romanzo picaresco sui « paisanos » di Monterey che creano una comunità di vagabondi e « disperati » per opporsi ai condizionamenti della società e della morale corrente. Di lì a qualche anno, dimesso il sorriso e l'affabile partecipazione, tornerà a scavare in quel mondo di umiliati e offesi, colorandolo d'una luce di tragedia. Siamo a Uomini e lopi, che resta forse il capolavoro di Steinbeck. E* la storia di Lennie e George, due braccianti avventizi. Il primo possiede una forza erculea ma e deficiente, e vive attaccato all'amico che cerca di governarne moti ed istinti. Quando Lennie strozza quasi inconsapevolmente la donnagiocattolo che si è incapricciata di lui, George è costretto a ucciderlo per evitargli il linciaggio. Sull'asciutta vicenda pesa una dura fatalità e il senso di una accorata denuncia Ma già è cominciato per lo scrittore il tempo della polemica progressista, sulla scia del « New Deal » e delle immense forze sociali che esso ha scatenato in America. Ecco allora La battaglia (1936) dove viene rappresentato l'esito san guinoso d'uno sciopero contadino; ecco Furore, l'opera più ambiziosa di Steinbeck. I Joad poveri coltivatori di cotone, sono costretti dalla grande crisi a lasciare la loro terra d'origi ne per raggiungere la «l'eli ce » California. Vi troveranno corruzione, violenza e miseria La marcia verso l'Ovest, uno dei miti centrali della civiltà americana, si conclude con il disinganno. Sopravvive, alto sulla disperazione, il gesto casto e materno d'una donna che offre il tuo seno ad un uomo sfinito dal digiuno. Solo a tratti il racconto penetra a fondo nel reale, manca l'affresco, la creazione di un autonomo universo artistico e morale. Ma a lungo resterà nella nostra memoria, rafforzata dal film di John Ford, l'immagine dello sgangherato camion dei Joad della tua lunga marcia sulla mappa dell'America in crisi. Mai Steinbeck riuscirà a riscrivere pagine della stessa efficacia e intensità. La luna è tramontata, un breve romanzo sulla resistenza norvegese con¬ tro i nazisti, è soltanto un documento del generoso impegno dello scrittore. Vicolo Cannery, del 1945, recupera con pagine felici l'esperienza di Pian della Tortilla. La valle dell'Eden (1952), che ebbe grande popolarità anche per il film interpretato da James Dean, riflette le ambizioni paniche e simboliche di Al dio sconosciuto. Steinbeck diventa a poco a poco il ripetitore di se stesso, un abile manierista. Del resto, finita la guerra, si cominciò a guardare con altri occhi agli scritti di Steinbeck, come a quelli di Caine, Caldwell, Saroyan. « Sono finiti i tempi in cui scoprivamo l'America *, osservava Cesare Pavese in un articolo famoso del 1947. E Vittorini ammetteva che l'ultima leva degli scrittori americani lo aveva deluso, non era riuscita a continuare la «leggenda» degli Hemingway e dei Faulkner. Si esauriva, con il nuovo assetto del mondo e la « guerra fredda », il significato politico e morale che aveva assunto la scoperta dell'America, e con esso l'ammirazione indiscriminata per la sua letteratura. Di Steinbeck, in particolare, fu messo in rilievo il facile eclettismo, la sudditanza ai vecchi schemi naturalisti, la sostanziale inconcludenza creativa. E' difficile stabilire oggi quale posto preciso occuperà la sua figura nel panorama della cultura americana. Sarebbe oltretutto ingeneroso. In questo momento, conta ricordare che con John Steinbeck si è spenta una voce che, in momenti duri, suonò fraterna agli uomini mi gliori del nostro Paese. Lorenzo Mondo John Steinbeck: tra le due guerre fu uno degli scrittori più letti nel mondo. Ottenne II «Nobel» 6 anni fa