Pittori inglesi astratti e «pop»

Pittori inglesi astratti e «pop» ARTI ED ARTISTI Pittori inglesi astratti e «pop» La mostra a Torino presenta, fra le altre opere, le moderne serigrafie di Eduardo Paolozzi - Due raffinati orafi i Nello straordinario capovolgimento di valori etici, intellettuali, materiali, provocato dall'ultimo conflitto mondiale, uno dei fenomeni più sorprendenti — almeno sul piano della cultura figurativa — fu la repentina adesione del gusto inglese, genericamente ligio ad una tradizione che addirittura risaliva ai grandi esempi importati oltre Manica da Van Dyck, alle più spericolate avventure dell'avanguardia artistica, cui si aprirono persino i severi musei londinesi. Sulle vie additate dai Moore e dai Bacon, dai Nicholson e dai Pasmore, dai Sutherland, schiere di giovani si spinsero in varie direzioni ad accrescere il patrimonio di nuove scoperte; ed alla Biennale veneziana del 1952 la rappresentanza della Gran Bretagna allestita da Herbert Read, non ancora « Sir » per meriti critici (proprio adesso esce postuma la traduzione italiana del suo agile, utilissimo libro Scultura moderna, edito a Milano da Gabriele Mazzotta, L. 4500, pendant dell'altra sua eccellente Breve storia della pittura moderna, edita da « Il Saggiatore », Milano, 1959, lire 4500), confermò quella conversione particolarmente coi saggi di scultura: oltre che del maturo Moore, dei nati fra il 1913 e il 1924 Adams, Armitage, Butler, Chadwick, Clark, Meadows, Paolozzi, Turnbull. Ritroviamo Eduardo Paolozzi, ma in veste di grafico, nella mostra ora aperta nella galleria torinese «Narciso» di piazza Carlo Felice 18, dove sono riunite modernissime ed assai eleganti serigrafie e litografìe dello scultore italiano di sangue ma scozzese di nascita e di Alan Davie, Jim Dine, Peter Sedgley, Howard Hodgkin, Alien Jones, Richard Smith, Bernard Choen, Gillian Ayres, Derek Boshier, David Hockney, Richard Hamilton, Patrick .Caulfièld.frolti Jones che con una ripetuta esibizione di belle gambe femminili cf sembra vicino al cartellonismo di certa pop-art, e Hockney schiettamente figurativo nei suoi un poco ambigui nudi maschili, la maggioranza degli espositori si schiera nel campo dell'astrattismo o di un oggettivismo così elementare e frantumato da perdere ogni aspetto realistico. Piti di tutti interessa Paolozzi, ch'è una personalità della scultura inglese ed è passato, malgrado l'ancor giovane età (ha 44 anni), attraverso numerose esperienze, dal recente rigurgito del linguaggio dadaistico all'ori brut di Dubuffet. Ad osservare queste sue squillanti serigrafie dal minutissimo disegno geometrico che in parte si uniforma alla complicata tessitura delle superfici delle sue sculture (per esempio il Dio giapponese della guerra, del 1958), appare naturale ch'egli abbia insegnato per sei anni il disegno per stoffe e carte dipinte alla Central School of Arts and Crafts di Londra: una pazienza artigiana, una pedante iterazione grafica che soltanto il colore riesce ad animare. * * E' tempo di regali e quindi si moltiplicano le mostre di oreficerie disegnate e spesso modellate, come s'usava negli antichi tempi, da pittori e scultori (si pensi al Ghiberti, al Pisanello, a Leonardo, al Cellini). Di recente ne abbiamo visti di bellissimi di Giuseppe Tarantino, e adesso altri ne vediamo a « La Minima » di piazza S. Carlo 175, creazioni di Jan e Christel Dix. Jan è figlio di un pittore celebre, Otto Dix, esponente di quella che Hitler chiamava, per il suo « contestatario » espressionismo, « arte degenerata »; Christel è sua moglie, figlia di un medico boemo. Due tipi di gusto orafo: più vicino a noti modelli barbarici quello di Jan; ispirato ad esempi sei-settecenteschi quello di Christel; entrambi di eletta fantasia e tecnica. mar. ber.

Luoghi citati: Gran Bretagna, Londra, Milano, Torino