Le donne di fronte al divorzio di Giorgio Fattori

Le donne di fronte al divorzio MATRIMONIO E RIFORMA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA Le donne di fronte al divorzio Lettere ai giornali e analisi degli specialisti indicano che non esiste in Italia una vera opposizione femminile al divorzio - E' favorevole la maggior parte delle donne che lavorano, comprese le operaie - I problemi che la separazione legale non risolve - Uno dei punti cruciali del dibattito è la felicità dei figli - Ma essi hanno meno complessi vivendo con un solo genitore anziché in una famiglia disunita (Dal nostro Inviato speciale) Roma, dicembre. Le organizzazioni cattoliche e divorziste, i deputati impegnati nella battaglia e i giornali, ricevono ogni giorno decine di lettere sul progetto parlamentare per la solubilità del matrimonio. Soltanto l'onorevole Loris Fortuna, nella prima fase della campagna divorzista, ne ha schedate 35 mila. La maggior parte (e non solo le lettere indirizzate all'onorevole Fortuna) sono favorevoli alla nuova legge, ma questo dato naturalmente non ha valore di censimento. Chi non ha problemi con il coniuge è meno interessato a scrivere. Quasi sempre sono lettere che narrano casi drammatici, chiedono consiglio, sfogano vecchi rancori. Senza proporre quindi un referendum alla rovescia sulla base della corrispondenza divorzista, possiamo tentare di fissare qualche aspetto di un'Italia sconosciuta, coinvolta e a volte sconvolta dal problema matrimoniale. Sappiamo, sulla base di valutazioni non certe, che le donne sono più contrarie all'introduzione del divorzio. I motivi principali: obbedienza alla Chiesa e diffidenza verso una riforma che permetta ai mariti di farsi una seconda vita con una compagna pia giovane. Abbiamo visto come le cose non stiano affatto così, in quanto l'adulterio, fatto o subito, non sarà considerato una causa valida per rompere il matrimonio. Comunque il sospetto è diffuso e tenace. « La donna — osserva l'avvocato specialista Mario Luzzati — è ostile al divorzio se non è ancora sposata o se il suo matrimonio è andato bene. Solo In caso di guai è la più accanita nel volerlo sciogliere ». Le convinzioni politiche non sembrano mutare gran che il fondo di questo atteggiamento. Dice l'onorevo¬ le Nilde Jotti: « Le donne comuniste sono in generale favorevoli al divorzio. Questo non esclude che vi siano tuttora zone d'incertezza soprattutto nel Mezzogiorno, nelle campagne venete, piemontesi e lombarde. Sono tuttavia zone di incertezza più limitate che nel passato e superabili con l'opera di convincimento e con la esperienza ». La posta che riceve don Paolo Liggierì dalle sue lettrici del settimanale femminile Annabella, rispecchia in gran parte la preoccupazione di non mettere in tentazioni divorziste il marito; benché, ci dice don Liggierì, scrìvano anche molte donne che vorrebbero risolvere dolorose situazioni matrimoniali. Un equivalente laico dì don Liggierì è la giornalista Enrica Cantoni che su Arianna tiene una rubrica di corrispondenza. «Di lettere anti-divorzio — dice la signora Cantoni — ne ho ricevute un paio contro centinaia a favore. Malgrado l'opinione di molti, ritengo che siano più numerosi gli uomini In Italia a non volere il divorzio. La ragione è semplice: le donne separate vivono in condizioni di umiliante inferiorità, e specialmente In provincia il loro problema è drammatico. Sono confinate ai margini della società in una condizione ambigua, impreparate a vivere sole perché allevate nell'idea del matrimonio come unico fine della vita. Vorrebbero la libertà di sposarsi di nuovo e sfuggire all'incubo del marito separato che cerca di sorprenderle in adulterio per tagliare gli alimenti. Molte volte sono costrette a tornare nella famiglia paterna per ragioni economiche e, soprattutto nel Sud, per salvare la rispettabilità». Gli antidivorzisti ribattono che si tratta spesso di malumori borghesi, tante Bovary di provincia che dilatano i problemi per sistemarsi con un uomo più comprensivo e ricco. E' uno schema antiquato dt giudizio, corretto dalla nuova realtà della donna che lavora. Ci sono più matrimoni in crisi, osservano concordi gli esperti, da quando la donna va in ufficio o in fabbrica. Meno tempo per la casa, per i figli, meno - pazienza con il marito. Le rotture fra coniugi che lavorano sono frequenti, e specialmente nelle classi meno agiate si formano facilmente nuovi nuclei famigliari con numerosi fiali illegittimi. «Una ricerca nelle fabbriche — dice l'esperta di diritto di famiglia Antonia De Dionigi — darebbe risultati sorprendenti sul numero dei separati di fatto. Del resto sempre più spesso coppie di operai si rivolgono al tribunale per legalizza/e ^divjBlone.jt. (V. .\ Un'inchiesta delle Aclì fra le donne operàie del triangolo industriale ha rivelato che il 46 per cento è favorevole al divorzio. Le cifre cambiano nettamente fra le contadine del Nord (l'ottanta per cento contrarie). « La donna che guadagna il suo stipendio — osserva Enrica Cantani — si sente libera dal ricatto economico ed è la più decisa a rompere un matrimonio fallito. Le lettere che ricevo a favore del divorzio provengono soprattutto da donne, borghesi o operaie, in grado di vivere da sole ». Con le mutate condizioni sociali sembra, dunque, affievolirsi la resistenza delle donne a una nuova legge sul matrimonio. Hanno meno paura del futuro e sono più desiderose dell'uomo di regolarizzare con nuove nozze la posizione sociale. Il problema dei figli adulterini è spesso alla base delle loro preoccupazioni. Tutti sanno gli umilianti trucchi legali a cui le separate ricorrono per iscrivere all'anagrafe i figli nati fuori dal matrimonio. I cattolici sono convinti, e citano statistiche straniere, che il problema dei figli con il divorzio si aggraverà. Si modifichi il codice in favore degli illegittimi, dicono, ma non dimentichiamo gli altri figli: il divorzio frantumerà le famiglie condannando decine di migliaia di bambini a crescere senza la madre o il padre. Il punto cruciale del dibattito rimane questo: è giusto per salvare la felicità di un coniuge sacrificare i figli? Sarà la linea di difesa dei democristiani nella battaglia parlamentare: rifiuto del divorzio non per obbedienza religiosa ma per motivi sociali. « Il divorzio — dice l'avvocato rotale Franco Ligi — non è un'amnistia per coniugi infelici, ma ci coinvolge tutti ». Ascoltiamo il parere di uno psichiatra, il professor Virginio Porta, primario all'ospedale milanese dì Niguarda: « I figli di famiglie spezzate rappresentano un problema penoso e fra di loro si riscontra una percentuale più elevata di anomalie di comportamento. Per la salute mentale del ragazzi è meglio tuttavia crescere con un solo genitore che con due In continue liti. Al limite, meglio che vivano senza genitori, in collegio. Comunque per i figli è meno traumatizzante il divorzio della separazione. I separati spesso infieriscono l'uno con- ' tzlgtdsvplcliusdtiTfcttsl—AtlsdcEcltc tro l'altro, mentre il divorziato non ha ragione di polemizzare perché l'ex coniuge non è l'avversario di tutta la vita. Questa, atmosfera dì rivalsa e amarezza finisce per risultare assai nociva ai ragazzi. Non parliamo poi dei figli adulterini: la legislazione attuale sembra congegnata apposta per farli crescere con complessi di inferiorità ». Gli antidivorzisti fanno un problema di numero, sostenendo che i ragazzi sbandati per le rotture di matrimoni potrebbero essere in un domani molti di più. Torniamo al dubbio confronto delle statistiche, da cui ciascuno estrapola il dato più comodo alla propria tesi. « In Europa non conoscono il divorzio — osserva l'avvocato Ercole Graziadei — Italia, Spagna, Irlanda, Andorra, San Marino e Liechtenstein. Non risulta che l'unità della famiglia sia più salva ck. noi con l'istituto della separazione, piuttosto che nelle nazioni confinanti. E' il solito spauracchio del salto nel buio: fare intravedere apocalittiche conseguenze per evitare le riforme ». Problema sociale, e delicato problema politico, la legge sul divorzio è al punto critico di un irrigidimento polemico delle parti. I cattolici, anche quelli che danno un'impostazione realistica del problema, come l'articolista del Regno padre Franchini, sono nella grande maggioranza contrari. Al loro fianco le donne delle campagne e tutti quelli che, a torto o a ragione, temono una accelerata dissoluzione della famiglia. Sull'altro fronte le vittime di decine di migliaia di matrimoni falliti, quasi tutti i giovani, e quanti propongono il divorzio come problema dì libertà individuale e solo rimedio ai drammatici compromessi attuali. Il Parlamento dovrà decidere sulla base democratica della maggioranza. Se un piccolo divorzio verrà, come probabile, sarà una prova dì responsabilità accettarlo e coordinarlo. Una legge così importante e discussa ha bisogno della collaborazione di tutti, anche dei cattolici. Giorgio Fattori

Luoghi citati: Andorra, Europa, Irlanda, Italia, Roma, San Marino