I sorveglianti picchiavano i celestini dice la difesa, «ma con moderazione» di Sauro Manca

I sorveglianti picchiavano i celestini dice la difesa, «ma con moderazione» Terminate le arringhe sulla sconcertante vicenda di Prato I sorveglianti picchiavano i celestini dice la difesa, «ma con moderazione» Secondo i difensori, i ragazzi hanno "esagerato" parlando delle punizioni subite : « Erano costretti qualche volta a leccare il pavimento, ma non lo facevamo sul serio,» - Il legale dùiratello Ludovico e di fratello Luciano chiede l'assoluzione piena perché «hanno sacrificato la loro gioventù» mMartedì la sentenza (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 30 novembre. Le ultime arringhe di difesa sono state pronunciate stamane dagli avvocati Ferrari-Bravo e Panelli al processo che si svolge al Tribunale di Firenze contro i sorveglianti dei «celestini». Martedì gl'imputati ascolteranno la sentenza. Essi sono: Alighiero Band (fratello Ludovico), Giuseppe Luciano Patini (fratello Luciano), Vincenza Perrotta (sorella Carmela), Lucia Napolitano (sorella Teoflla), Angela De Lucia (sorella Celeste), accusati di maltrattamenti verso i fanciulli; il direttore dell'istituto, padre Leonardo (Giovacchino Pelagatti), e la dottoressa Fernanda Oliva, imputati, questi due, di non avere prestato conveniente assistenza ad uno dei « celestini», Santino Boccia, che morì di peritonite. Al termine del dibattimento è possibile farsi un quadro veritiero dì quello che accadeva nella casa dei « celestini » di Prato. Fondato nel 1935 da padre Leonardo, un frate cappuccino che voleva raccogliere tutti i bimbi bisognosi di assistenza per avviarli alla vita religiosa, l'istituto ebbe un rapido sviluppo. Il sistema di educazione era questo: molte ore per la preghiera, poche, molto poche per lo studio e parecchie bacchettate sulle mani e sulle gambe di quei poveri bambini. Più volte padre Leonardo si trovò in contrasto con le autorità amministrative che volevano intervenire con aiuti economici e con sistemi pedagogici più moderni. Respinse sempre ogni intervento in cui intravedeva qualcosa di (i laico ». Forse anche per questo motivo preferì assumere come sorveglianti coloro che si offrivano gratuitamente dicendo che volevano dedicarsi alla vita religiosa. Tutta gente senza studi, in possesso, nella migliore delle ipotesi, della licenza elementare. I sorveglianti più crudeli nelle punizioni, definiti aguz- iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiii zini ddl Pubblico Ministero, erano fratello Ludovico, fratello Luciano, sorella Celeste, sorella Carmela e in particolare sorella Teofila. Neppure i difensori, che hanno parlato ieri, hanno potuto negare che i sistemi dì correzione consistessero in frustate (con « rami d'alloro », hanno detto), docce fredde, bacchettate. Tra le torture c'era anche quella di far rimanere i bambini inginocchiati sulle nocche delle mani o sui ceti o quella di farli pregare con le mani alzate per ore di seguito, e infine di obbligarli a leccare il pavimento che avevano sporcato. Stamane l'avv. Ferrari-Bravo, come già ieri i suoi colleghi della difesa, ha cercato di minimizzare i fatti. Ha riesaminato le testimonianze dei sessanta ragazzi, nella versione al giudice istruttore e in quella resa in udienza, e ha notato delle discrepanze deducendo che i bambini avevano mentito perché influenzati dall'ambiente e dagli articoli dei giornali. « Come mai — ha chiesto il difensore — son saltati fuori a lanciare accuse i ragazzi che erano ospiti del rifugio quando scoppiò lo scandalo e non si son fatti vivi i 1500 degli anni precedenti? ». P. M. (interrompendolo) — Impegno la mia parola d'onore che decine di persone sono venute nel mio studio per portare le testimonianze, ma ho voluto limitarne il numero. Ce n'erano già a sufficienza. L'avv. Ferrari-Bravo — difensore di fratello Ludovico e fratello Luciano — ha continuato cercando di precisare « l'entità » delle punizioni che i sorveglianti infliggevano ai ragazzi. Non si sarebbe trattato di bastonate, ma di colpi sulle gambe con ramoscelli di ulivo e di alloro: non pugni e ceffoni da far gonfiare gli occhi e le labbra, ma scappellotti correttivi. « Io non credo — ha sostenuto l'avvocato — alle cose impossibili. E per me è impossibile spezzare, come è stato riferito, un bastone sulle spalle di un ragazzo senza che lo si debba poi, questo ragazzo, ricoverare all'ospedale. Così pure per quanto riguarda le docce fredde. Erano operazioni di pulizia, e non punizioni. Il " pavimento leccato "? Casi sporadici, e non è detto che i ragazzi facessero sul serio ». Per l'avv. Ferrari-Bravo la « vis modica ». cioè la forza usata con moderazione, esternata attraverso uno schiaffo, era un'azione necessaria per contenere i ragazzi indisciplinati. Ha proseguito elogiando fratello Ludovico e fratello Luciano che « hanno dato la loro opera senza una speranza per l'avvenire, giacché non avevano mire di carriera ». E ha concluso: « Fratello Ludovico e fratello Luciano hanno sacrificato la loro gioventù per i " celestini ". Ora, per pochi fatti, in tanti anni di vita del " Rifugio ", sono gravemente accusati. Da qui la necessità di riconoscere il loro spirito di sacrificio e di onestà verso tante persone. Chiedo per loro una sentenza di assoluzione con formula piena ». L'avv. Panelli, difensore di padre Leonardo, ha dichiarato che si è voluto crocifiggere l'opera di questo frate spinto soltanto da propositi di carità. «Vi sarà stato del disordine amministrativo nell'istituto — ha detto — ma la finalità era buona. Padre Leonardo agiva soltanto per amore del prossimo ». Per scagionarlo della morte di Santino Boccia, l'avv. Panelli ha addossato la responsabilità sulla dottoressa Oliva, la quale « era stata inviata nel rifugio dal vescovo di Prato proprio con l'incarico di assistere e curare i "celestini " ». Per il cappuccino (il P.M. aveva chiesto l'assoluzione per insufficienza di prove) il difensore ha chiesto una sentenza di assolutoria piena che lo riabiliti agli occhi del mondo. Il processo verrà ripreso martedì con le repliche del Pubblico Ministero, dott. Vigna, e dei difensori. In serata la sentenza. Sauro Manca

Luoghi citati: Firenze, Prato