Per la difesa le sevizie ai celestini erano dei semplici scappellotti di Sauro Manca
Per la difesa le sevizie ai celestini erano dei semplici scappellotti SI protesso ai sorveglianti dell'istituto di Prato Per la difesa le sevizie ai celestini erano dei semplici scappellotti I giornali accusati di aver montato il « caso » - Il legale di « sorella Teofilà » ha chiesto le attenuanti per la sua cliente - Oggi continuano le arringhe (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 29 novembre. La parola è ora alla difesa. Stamane al processo contro il direttore, la dottoressa e cinque sorveglianti dell'istituto « Maria Assunta in Cielo» di Prato, accusati di omicidio colposo il primo, di abbandono di incapace la seconda, e di percosse e sevizie gli altri, hanno parlato quattro avvocati difensori. I legali che assistono i protagonisti della sconcertante vicenda dei « celestini » hanno accusato i giornali di avere dato troppa pubblicità a questo processo e di avere influenzato i testi e sobillato il pubblico contro gli imputati. Ma che la difesa facesse leva su questo argomento lo aveva già previsto ieri il pubblico ministero, dott. Piero Luigi Vigna, sottolineando l'importanza della funzione della stampa. Non hanno smentito i fatti, cioè le punizioni alle quali erano sottoposti i « celestini » per le più piccole mancanze. Hanno cercato di sminuirli. Ha parlato per primo l'avvocato Paolo Galgani per Lucia Napolitano (« sorella Teofila»), per la quale il P. M., dott. Vigna, ha proposto ieri la pena più grave: quattro anni di carcere. « Non sono propenso — ha detto il legale — a derubricare il reato di maltrattamenti in quello di abuso dei mezzi di correzione. Lo accetto come è stato formulato. La mia di fesa è basata sulla misura della pena ». L'avv. Galgani ha detto che « nelle accuse c'è molta esagerazione ». I bambini mentono per difendersi. Portati in aula, si sono sentiti dei piccoli eroi, ha detto il difensore. Inoltre, bisogna tener conto della personalità di «sorel la Teofila», nata cinquantaset te anni or sono a San Gior gio Ma tese, un paesino di mil leseicento anime. Ha ottenu-to a vent'anni la licenza di quarta elementare. Ha sempre condotto una vita di mor- tificazione: dormiva per terra, camminava scalza fra le ortiche, e durante la processione si cingeva di spine. Il difensore ha concluso chiedendo le attenuanti generiche per « sorella Teofìla ». Per Vincenza Perrotta («sorella Carmela »), l'avv. Barbadoro ha chiesto l'assoluzione per insufficienza di prove (il p. m. aveva chiesto tre anni e otto mesi). L'avv. Bevacqua ha sostenuto che Angela De Lucia (« sorella Celeste ») dev'essere assolta. E' vero che ha dato qualche « scapaccione », ma non è andata oltre, perché ha trascorso in cucina la maggior parte degli anni in cui ha lavorato presso l'istituto dei « celestini ». Anche il secondo difensore di sorella Celeste », l'avv. Antonio Marotti, ha chiesto l'assoluzione. « Ha dato qualche scappellotto, qualche bacchettata con un rametto di alloro, ma si tratta di episodi isolati, per cui occorrerebbe la querela della parte offesa. Infine ha parlato l'avv. De Micheli, di Genova, per la dottoressa Oliva, imputata di « abbandono di incapace seguito da morte » per non aver curato uno dei « celestini » Santino Boccia, che poi morì di peritonite. Secondo l'avv De Micheli l'imputata deve essere assolta per non aver commesso il fatto. « In possesso di tre lauree — ha detto l'avvocato — la Oliva entrò nell'istituto per vocazione, come novizia, abbandonando tutto: ricchezze e benessere. Quando la superiora seppe che era dottoressa, le affidò l'infermeria, ma nessuno le diede mai l'incarico di " sanitaria dell'istituto ", il quale aveva già il dott. Mazzoli. Domani parleranno gli avvocati difensori Allegri, Panella e Ferrari-Bravo. Il processo sarà poi rinviato a martedì per eventuali repliche e per la sentenza. Sauro Manca
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