L'informatore della polizia afferma «Divennii bandito per scoprire Mesina» di Sauro Manca
L'informatore della polizia afferma «Divennii bandito per scoprire Mesina» Quinta udLieMMxa jpci* I gravi "iattt di Sanatari,, L'informatore della polizia afferma «Divennii bandito per scoprire Mesina» E' l'imputato Biagio Maritilo, accusato di avere preso parte a furti, rapine ed estorsioni - Egli sostiene di essere entrato nella malavita sarda d'accordo con la Squadra Mobile - Rievocata la sparatoria che rivelò la sconcertante vicenda - I tre funzionari di P. S. saranno interrogati il 2 dicembre (Dal nostro inviato speciale) Perugia, 21 novembre. Dopo cinque giorni di udienze, il Tribunale di Perugia che esamina il processo per ì gravi «fatti di Sassari » non ha ancora superato la fase dibattimentale che riguarda l'interrogatorio degli imputati Antonio Monne, Mario Pisano, Antonio Demartis, Umberto Cossa, Anto nio Setzi, Pasqualino Coccone, e dei due confidenti della polizia Biagio Maritilo e Vittorio Rovani, accusati di avere compiuto furti, tentato rapine ed estorsioni nella zona di Sassari, tra il maggio e l'agosto 1967. E' stato stabilito che gli altri imputati (il vicequestore Groppone, chiamato a rispondere di falsa testimo nianza, i commissari Juliano e Balsamo, il brigadiere Gìgliotti e gli agenti Mario Cinellu e Giuseppe Morea, che, secondo l'accusa, avrebbero adottato sistemi drastici per ottenere la confessione dagli arrestati) siano sentiti nelle udienze dal 2 al 6 dicembre prossimo: Stamane Manilio ha ripreso il suo racconto e ha spiegato i motivi per cui non partecipò né alla rapina tentata nell'oreficeria di Salvatore Spanu a Sassari, né a quella del motel « Libisonis » di Porto Torres. « Fino a quando rimasi a Sassari — ha detto l'imputato — riuscii ad evitare che venissero compiuti del reati La mia tattica era questa: quando Monne. Cossa, Pisano e Coccone proponevano di rapire qualcuno per estorcere denaro alla famiglia, ponevo mille difficoltà al progetto, e concludevo che era meglio tentare una rapina in grande stile in una gioielleria o in banca, come si faceva "in continente". Quando invece mi proponevano la rapina, ripiegavo sul sequestro di persona dicendo che avrebbe reso di più. Con questo sistema li disorientavo e riuscivo a tenerli Immobilizzati». Per quanto riguarda la rapina di Porto Torres, Manilio dice d'esserne venuto a conoscenza il giorno dopo e di avere subito avvertito il dottor Juliano, il quale non sapeva ancora nulla perché non era ancora stata presentata la denuncia. Vi avevano partecipato Coccone, Cossa, Monne e Setzi, che essendo stato riconosciuto dal portiere Schiaffino aveva proposto dì « farlo fuori ». Su richiesta del presidente Manilio, precisa che Demartis, Monne e Pisano sapevano guidare. Presidente (al Manilio): « Mi parli dei suoi tatuaggi ». Manilio: «E* stato il dott. Juliano a pretendere che me li facessi, perché, a suo dire, tutti i delinquenti li hanno. Non. volli deturparmi la schiena o le braccia, e allora mi tatuai sul piede sinistro cinque puntini, che, nella malavita, significano: "carcere, galera e tomba non ci fanno ombra", che significa "non abbiamo paura né della polizia, né della galera, né del la morte"». L'imputato spiega come riuscì ad introdursi nell'ambiente dei banditi sardi: «Il dott. Juliano voleva che scoprissi dove si nascondeva Graziano Mesina. Sbarcato in Sardegna, mi recai dalla moglie di Antonio Pandeu, in carcere per rapina, e mi offrii di aiutarla, dicendomi amico del marito. Conobbi cosi certi Onida e Corradusa, i quali mi presentarono a Monne. A sua volta quest'ultimo conosceva il padrino del Mesina. D'accordo con il dott. Juliano, mi feci arrestare nel corso d'una retata e ingiuriai i brigadieri che mi portavano in questura. Ciò ebbe effetto sui banditi, che mi tennero uno dei loro e mi accolsero nel loro clan ». L'udienza pomeridiana è stata dedicata alla descrizio ne dei preparativi che precedettero il conflitto a fuoco in cui fu catturato il Cossa, ed alla sparatoria finale. Il giorno prima, cioè il 13 agosto 1967, Manilio era stato visto in compagnia del dott. Juliano in un bar di campagna dal Cossa, che aveva riconosciuto il commissario. L'imputato aveva avuto l'incarico di portare via al pastore un fucile da caccia che sarebbe servito per l'omicidio di due persone. Per averlo, Manilio consegnò a Cossa una pistola avuta dalla polizia. Il mattino del 14, alle 4.30, il commissario passò a prendere il Marnilo e si avviò, seguito da un'altra macchina su cui c'erano tre agenti, al bivio delle strade per Porto Torres e per Villa Nulli, dove avrebbero trovato il dottor Grappane. a Io ero disarmato — racconta Manilio — avrei dovuto Introdurrai nell'ovile del Cossa, prendere il fucile da caccia e difendermi con quello. Le tre guardie furono lasciate in posizione arretrata per impedire un'eventuale fuga del bandito II corani Grappone, il dott. Juliano, il brigadiere Gigliotti ed lo ag¬ girammo la collinetta per prendere il Cossa alle spalle. Lo trovai seduto accanto alle sue pecore. Ero riuscito a prendere il fucile. Non appena mi vide, si alzò di scatto ed io mi buttai a terra, nascondendo la testa nell'erba. Non vidi le fiammate. Sentii due colpi seguiti da altri che avevano un rumore più cupo. Da questo arguii che 1 primi spari dovevano essere della pistola usata dal Cossa. Egli si gettò dalla scarpata e scappò. In una costruzione diroccata, vicino alle pecore, ritrovammo un mitra ». Il Cossa si costituì il giorno successivo alla redazione d'un giornale, m dichiarando che voleva essére arrestato dai carabinieri perché la polizia intendeva « farlo fuori ». L'udienza si è chiusa così. Domani verrà sentito l'altro informatore della polizia: Vittorio Rovani. Sauro Manca
Luoghi citati: Perugia, Porto Torres, Sardegna, Sassari
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