I sorveglianti punivano i «celestini» per abituarli da giovani alla penitenza

I sorveglianti punivano i «celestini» per abituarli da giovani alla penitenza Altre tremende rivelazioni sull'istituto di Prato I sorveglianti punivano i «celestini» per abituarli da giovani alla penitenza La sconvolgente testimonianza di una insegnante nell'aula del Tribunale di Firenze - Sorella Teofila entrava di notte nelle camerate e gridava: «Fuori il demonio!» - I ragazzi speravano di ammalarsi per essere ricoverati in ospedale - Come vennero informati i carabinieri (Dal nostro corrispondente) Firenze, 21 novembre. E' ripresa stamane, dopo un giorno di pausa, la sfilata dei testi al processo detto dei « celestini ». E anche in questa udienza pesanti accuse sono state rivolte agli ex sorveglianti dell'istituto pratese di « Santa Maria Assunta in cielo », imputati di percosse e maltrattamenti ai ragazzi che erano stati affidati alle loro cure. Gli ex sorveglianti sono due uomini, « fratello Luciano » e « fratello Ludovico », e tre donne: « sorella Carmela », «sorella Teofila» e Angela De Lucia. Il direttore dell'istituto, padre Leonardo, dell'ordine dei cappuccini, e la dottoressa Fernanda Oliva devono rispondere anche di omicidio colposo, insieme a « fratello Ludovico », nei riguardi di un « celestino », Santino Boccia, morto di peritonite nell'istituto. Le accuse, stamane sono venute da una giovane insegnante, Valeria Venturi, che tra l'ottobre e il dicembre 1965 tenne lezioni ad una prima elementare nella scuola intèrna dell'istituto. La maestra Venturi è giunta in tribunale tranquilla, calma, come se stesse recandosi a scuola. Ma quando ha cominciato a parlare, si è accesa in volto. «I ragazzi — ha detto — temevano "sorella Teofila" perché le punizioni peggiori, a quanto le raccontavano, era lei a infliggerle: li faceva inginocchiare con le mani sotto le ginocchia e le nocche sul pavimento ». Presidente — Le risulta perché li puniva così? Teste — Macché punizione! Glielo faceva fare per penitenza, abitualmente, perché se non avevano da giocare qualcosa dovevano pur fare! Presidente — Altre punizioni? Teste — Mi raccontavano i ragazzi che talora dovevano stare inginocchiati sui sassolini. Un'altra punizione era quella di stare inginocchiati tenendo la fronte per terra e le mani dietro la schiena; ho voluto provare: è una cosa da rimbecillire. Le è stato poi chiesto come veniva insegnata la religione nell'istituto. « Direi in modo fanatico — ha risposto la Venturi —. Basti dire che Teofila certe notti entrava nella camerata dei ragazzi affidati alla sua sorveglianza svegliandoli e sventolando un panno e reggendo una candela in mano gridava "via il demonio, via il demonio ". Me lo hanno detto i ragazzi ». Presidente — Ma sono soltanto parole di ragazzi quelle che ricorda? Teste — No, quando il vescovo mandò all'istituto, alla fine del 1965, suor Micaela, dell'Ordine francescano delle missionarie del Verbo Incarnato, con suor Anselma e don Papi, ebbi conferma anche da lui di tante cose che non andavano. Una volta volevo portare, assieme a mio fratello, una valigia di indumenti per i bambini e suor Micaela mi disse di non farlo perché non si sapeva dove andava a finire la roba portata all'istituto. Avv. Allegri (difensore di « sorella Teofila »: Poiché la teste non ha detto mai, prima d'ora, tante di queste cose, ci pare che sia il caso di prendere in esame l'eventualità d'una perizia psichiatrica sulla persoTialità di "sorella Teofila ". Presidente — Se crede, /accia un'istanza. Avv. Allegri — La maestra ha affermato in istruttoria che i bambini affamati raccoglievano fichi acerbi in ottobre: non ho mai visto fichi in quella stagione. Teste — Si informi sulla botanica! Li ho visti io mangiare i fichi verdi come ho visto negli angoli del giardino dell'istituto cassette di frutta marcia mandata dai benefattori e non distribuita». L'insegnante ha poi ricordato d'essere andata a far visita all'ospedale a un alunno. Fausto Rossi, che si era rotto un braccio: « Mi disse che tornando ai " Celestini " spe¬ rava di rompersi un altro braccio perché bene come stava all'ospedale non era mai stato. E quando ai " Fraticini" di Firenze vollero mandare all',, Umberto I " un ragazzo, certo Polendoni perché ritenuto ritardato, un pediatra dell'ospedale " Mayer " mi disse che aveva bisogno di mangiare, non di scuola differenziata, perché era denutrito. Anche la Venturi, come già in precedenza una sua collega, andò dal vescovo mons. Fiordelli. Vi andò con altri insegnanti quando scoppiò lo scandalo, per chiedere che i ragazzi non fossero dispersi in diversi istituti. Il vescovo le rispose che ciò non era di sua competenza ma dell'autorità amministrativa. « Disse anche, in quell'occasione — ha riferito la teste — che l'Ordine delle " sorelle " e dei " fratelli " non era riconosciuto dalla Chiesa e che, comunque, l'opera non dipendeva dalla Curia ma da pie persone ». La sfilata dei testi, che si concluderà domani, ha visto poi sul pretorio l'insegnante Graziella Becucci. La teste ha detto che, a un certo punto, di fronte ad una situazione che si avvertiva sempre più grave, decise, con il collega Fortunato Costantino, di registrare le dichiarazioni dei ragazzi: portò poi la registrazione al capitano Mazzei dei carabinieri di Prato il quale l'ascoltò e disse testualmente: « Ora basta! Da due anni in questo istituto le cose vanno sempre peggio ». Dopo altre due testimonianze che hanno confermato le tristi condizioni nelle quali erano costretti a vivere i « Celestini », il processo è stato rinviato a domani. g. c. L'insegnante elementare Graziella Becucci depone al processo dei «celestini» a Firenze (Telefoto Ansa) ■i iiiiiimiiimiiiiiiiiiiim iiiiiiiiiiiitiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiB

Luoghi citati: Firenze, Prato