Una causa in Tribunale per il prete operaio? di Giovanni Trovati

Una causa in Tribunale per il prete operaio? L'esperimento in fabbrica a Firenze Una causa in Tribunale per il prete operaio? I sindacati disposti ad invocare la legge sulla «giusta causa» contro il licenziamento di don Borghi - Perché quésto sacerdote ha voluto dividere il suo tempo tra una piccola parrocchia e il lavoro in officina (Nostro servìzio particolare) ' Firenze, 11 novembre. I sindacati intendono rivolgersi alla Magistratura per sostenere che il prete operaio don Bruno Borghi è stato licenziato dalla « Grover ». In violazione della legge sulla giusta causa. Dicono: « E' un operaio come un altro, quindi poteva essere allontanato solo se avesse reso poco, ma non per ragioni polìtiche, sindacali o religióse ». I 400 dipendenti della fabbrica già hanno fatto uno sciopero di 24 ore sabato. Questa Sera si è svolta un'assemblea nel municipio deirimpruneta (la parrocchia di don Borghi è a Quintqle, una frazione di questo comune). L'amministrazione comunale è retta dal pei e dal psiup, ma erano presenti cittadini di tutte le correnti politiche, il presidente del locale circolo cattolico « Antonio Vanni» ed il consigliere de Giampaolo Fontanelli. Si sono avuti diversi interventi a favore del prete operaio; alla fine il sindaco Carlo Conforti, comunista, ha letto un ordine del giorno, approvato da tutti, che gli esprime la solidarietà dell'assemblea. Mentre all'Impruneta si svolgeva questa manifestazione, don Borghi era a Brozzi, a pochi chilometri da Firenze, /er partecipare al consiglio del quartiere che discuteva i problemi connessi alla passata alluvione. Questo sacerdote ha 46 anni ed abita con la madre a Quintole, un piccolo borgo scomodo, con una chiesa dove non arriva il telefono, e pochi abitanti. Stare tutto il giorno in canonica gli sembrava rubare il pane. Scelse la via del prete-operaio o, secondo la nuova terminologia, prete al lavoro. Ha voluto ripetere un'esperienza che in Francia ebbe inizio tra il 1945 ed il 1946 (preceduta da pochi casi isolati sin dal 1940), fu bocciata dal Sant'Uffizio nella primavera del 1954 e di nuovo venne autorizzata nell'ottobre del 1965 (dopo il Concilio) con qualche modifica tendente ad evitare errori e difficoltà che il primo esperimento aveva messo in evidenza. II prete al lavoro è un nuovo segno della crisi della Chiesa, crisi di adattamento ad un mondo che si è evoluto e richiede metodi nuovi. Se la gente non va dal prete in parrocchia, sia il prete ad andare alla gente, soprattutto in quei luoghi dove la fatica sembra favorire il: processo di scristianizzazione. Il prete-operàio non si preoccupa di far proselitismo; ma vuol testimoniare quello che predica, e con la sua presenza ricordare il valore dèi Vangelo. Nel 1943 due preti francesi Enrico Godin e Yvan Daniel avevano constatato che la grande maggioranza degli operai e delle operaie-non si interessava di religione. Scrivevano: « Non sì sa più dóve sì viene, dove si va, perchè si è sulla terra, non si ha un motivo dì vita, dei princìpi direttivi, né distinzioni di valori... I popoli incolti che si chiamano selvaggi hanno conservato nelle loro tradizioni secolari qualcosa della rivelazione primitiva. Qui non c'è nulla; c'è le néant, ma con la civilizzazione in più ». Don Bruno Borghi ripete le parole di Enrico Godin: «Io so che cosa è il lavoro, ne ho fatto l'esperienza. Ora io non voglio che il sacerdozio mi offra una vita più dolce di quella che avrei condottq se non ci avessi pensato. Perché ho studiato Cicerone avrei il diritto di scaldarmi i piedi, mentre gli altri gelano? Perché al mattino avrei compiuto quella grande azione che è la Messa, avrei forse dato tutto quello che devo ai miei fratelli? » Nel divieto al primo esperimento in Francia il card. Pizzardo sosteneva che «il lavoro in fabbrica o in cantiere è incompatibile con la vita e le obbligazioni sacerdotali». E L'Osservatore Romano, ripetendo le parole del card. Ottaviani, scriveva che i preti operai confondono la carità cristiana con la lotta per il pane quotidiano. La risposta di don Borghi e dei preti fiorentini che condividono le sue idee è semplice: « Non tutti siamo por tati alla contemplazione, non tutti si sentono di vivere iso lati: noi abbiamo scelto di vivere con gli altri e come gli altri», .avorano di più perché oltie alla fatica n fabbrica svolgono il loro un pegno di sacerdote in chiesa Sulla asserita « confusione tra carità cristiana e lotta per il pane quotidiano », osservano che il Vangelo impone ai preti di predicare il regno di Dio. « Ma come si può pensare a Dio con la pancia vuota, in una casa fredda, con l'animo m,ortiflcato dal sopruso altrui? E' facile parlare di questa terra come banco di prova, come passaggio, e della felicità che attende nell'ai di là chi ha sofferto. Ma intanto se ci proclamiamo fratelli dì chi soffre, dobbiamo condividere le loro pene e, se possiamo, aiutarli a star meglio qui. Il Vangelo ci spinge ad aiutare l'uomo a trovare quaggiù la sua dignità, soltanto in questo modo gli diamo la possibilità di pensare, se crede, a Dio ». L'accusa che si fa a don Borghi è di aver partecipato attivamente alla costituzione della commissione interna nella fabbrica. Secondo i titolari della «Cover» egli si sarebbe dovuto limitare a fare l'operaio. Don Borghi (che non è iscritto a nessun partito e fa distinzione tra partito e sindacato) non nega di essersi occupato di commissione interna. «L'operaio non è merce di lavoro, ma uomo che lavora, quindi ha il diritto ed il dovere di difendere il suo posto, la sua dignità e di valorizzare se stesso. Se non ha altre vie che il sindacato, perché' dovrebbe rifiutare la sua partecipatone? E se io sono operaio perché dovrei comportarmi in modo diverso?». Giovanni Trovati

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