Cinquant'anni di avanguardie nell'opera di Giacomo Balla di Marziano Bernardi

Cinquant'anni di avanguardie nell'opera di Giacomo Balla Una istruttiva rassegna di arte futurista a Torino Cinquant'anni di avanguardie nell'opera di Giacomo Balla Fra le sculture in fil di ferro e i fiori in legno colorato troviamo, avanti lettera, la «popart», la «op-art», la pittura psichedelica, e tutte le ultime novità dell'arte contemporanea Di Giacomo Balla, cui pia- ceva — affermatosi pittore pre:futurista col quadro La lampada ad arco, oggi nel Museo d'arte moderna di New York, ancor prima del famoso «Manifesto dei pittori futuristi» del 1910 — firmarsi « FuturBalla », nome-bandiera che, passato mezzo secolo, ci pare infantilmente ingenuo; del torinese Balla, nato nel 1871, trasferitosi ventiquattrenne con la madre a Roma dove dimorò l'intera vita e vecchissimo mori nel 1958, s'è detto tutto ciò che si poteva dire da quando il Futurismo è risalito sulla cresta dell'onda della moda (se si preferisce: un ritorno di fiamma del gusto), disputandosene a suon di milioni musei e collezionisti i documenti; e specialmente da quando la Galleria civica d'arte moderna di Torino gli dedicò nel 1963 una grandiosa « retrospettiva » riunendo ben 366 sue opere. E' probabile che la bibliografia di « FuturBalla» sia più ampia di quella di Duccio o di Masaccio: anche perché Duccio o Masaccio sul mercato segreto dei collezionisti sono fantasmi, e qualche raro Balla è ancora una realtà. Sarebbe dunque sproporzionato riaprire tquand' anche avessimo lo spazio propizio) un già lunghissimo discorso per la mostra intitoLtùa « Giacomo Balla, sculture ts fiori futuristi », ora aperta nella galleria torinese « La Bussola», di via Po 9. Chi vuole minutamente informarsi sull'attività dell'artista torinese ricorra ai molti libri pubblicati sul Futurismo, per esempio quello di Raffaele Carrieri, Milano, «Il Milione », 1961, ai due volumi Archivi del Futurismo, di M. D. Gambillò e T. Fiori, Roma, De Luca, 1958-'62, al grosso catalogo curato da E. Crispolti per la citata mostra del 1963, ai cataloghi della galleria « L'Obelisco » di Roma che quest'anno si dedicò completamente al Balla con due ri^èàiazioni,' al càteiòg^.'tiW 1^ Biennale di - Venezia; t* ste 'conchiusasi. Tuttavia la mostra a « La Bussola » resta ugualmente interessante e istruttiva perché, presentando delle sculture in fil di ferro e in trafilato d'ottone, dei fiori in legno colorato ricomponibili come un gioco di puzzle, vari studi, bozzetti, disegni, arazzi offre delle sorprendenti (benché, come diremo, soltanto apparenti) « anticipazioni » dello sperimentalismo plastico attuale, veri e propri ; avanti lettera, di quasi cinquant'anni, della pop-art, della op-art, della scultura astratta affidata i la ^..uettica spazio-line."., della pittura psichedelica, e via dicendo. Va tenuto conto che molte di queste opere, compreso il divertente teatrino che riproduce la scenografia eseguita nel 1917 per il balletto di Diaghilev, Feux d'artifice, con la musica di Strawinsky (1908), rappresentato al Costanzi di Roma, sono realizzazioni o ricostruzioni non autografe, di disegni e di cartoni del Balla. Infatti nel menzionato catalogo del 1963 si legge alla data 1914: « Inizia il piccolo gruppo di sculture in fil di ferro »; ma a proposito della scultura astratto-futuristica Linee forze del pugno di Boccioni, esposta in quella mostra, bronzo, proprietà Balla, Roma, per cui l'artista fece vari studi a matita, tempera, acquarello, si legge anche: « Ricostruzione non autografa, fatta eseguire nel 1958, da un disegno esecutivo di Balla, realizzato nel 1915.' Della stessa scultura esiste un originale in cartone, appunto del 1915, e attualmente conservato nella collezione Winston di Birmingham (Usa) ». Sempre a proposito di quest'opera il secondo volume degli Archivi del Futurismo nota: « Una copia in ferro si trova presso la famiglia dell'artista a Roma ». La replica presentata dalla « Bussola » — ci dicono — fu eseguita dal tecnico Marchegiani della « Lancia », ed ha infatti, cosi sfavillante di vernice rossa a fuoco, la perfetta rifinitura d'una carrozzeria d'auto di lussò. Meditiamo un istante su quanto ha scritto il Crispolti: «Rispetto alle origini del Futurismo italiano, Balla non conta soltanto come maestro, a suo tempo, di Boccioni e di Severini, e come promotore di alcuni temi essenziali del mitografismo futurista del mondo moderno, bensì anche come iniziatore sul concreto terreno della fenomenologia artistica di una nuova dimensione problematica in rottura decisa con il reper- torio formale prefuturista». Balla, dunque, questo pittore che fino al 1900 circa dipinse su una linea naturalistica con tutte le ricette d'impasto e chiaroscuro accademiche, poi si volse a un Divisionismo tra Morbelli e Pellizza da Volpedo, simpatizzando anche con la tematica sociale di quest'ultimo, quindi divenne il marinettiano « FuturBalla », andrebbe più in là dell'estetica futuristica stessa, e sarebbe l'antesignano di molte ricerche attuali. E' un punto su cui non concordiamo, e perciò abbiamo detto che le sue « anticipazioni » sono illusorie. Egli non ha « anticipato » per la semplice ragione che tre quarti di quanto l'arte cosi detta « avanzata » produce oggi non è una conseguenza, ma un ri¬ torno, un ripiegamento involutivo su quelle posizioni di mezzo secolo fa. Ripetiamo che nella mostra della « Bussola » si vede persino, con Balla, la pittura psichedelica per la quale adesso si scrivono libri che la presentano come' una straordinaria novità. E del resto di questo fenomeno egli stesso si rese conto: tanto che già prima del 1930 tornava stancamente ai suoi soggetti naturalistici e a un gusto decorativo assai penoso. Fu allora che gli astrattisti italiani lo « scopersero »? Se mai ripeterono ciò che lui aveva detto. E ciò implica la sua grossa responsabilità nella rivoluzione che travolse l'arte figurativa. Rivoluzione non soltanto artistica. In questi giorni che anche alla tv imparzialmente si vagliano le conseguenze della prima guerra mondiale, non si può non dar ragione a quanto ha scritto un giornalista autorevole, deputato al Parlamento: « I futuristi... definivano se stessi svecchiatori, novatori, velocizzatori... erano antimuseo, anticultura, antiaccademia, antilogica, antigrazioso... Furono interventisti scatenati nel 1914. Più tardi furono i primi fascisti. Dice l'Enciclopedia: Il 15 aprile 1919 i futuristi Marinetti e Ferruccio Vecchi comandano la battaglia di Piazza Mercanti... Non vi è dubbio che i futuristi furono, se non altro, gli inventori di gran parte dello stile fascista ». Cose di cui i giovani non furono testimoni, ma che noi non sappiamo dimenticare. Marziano Bernardi