Ho assistito a Belgrado ad un «Consiglio operaio» di Sandro Viola

Ho assistito a Belgrado ad un «Consiglio operaio» L'AUTOGESTIONE, PILASTRO DEL REGIME COMUNISTA DI TITO Ho assistito a Belgrado ad un «Consiglio operaio» Operai e tecnici discutono di tutti i problemi dell'azienda - Anche una richiesta ministeriale (sul fondo pensioni) o del sindacato (su una vacanza-premio) può essere respinta - Ma permane un contrasto di fondo: i dipendenti anziani chiedono sempre che gli utili servano ad aumentare il salario mentre i giovani vorrebbero investirli in nuovi macchinari - Il sistema non è riuscito ad impedire il formarsi delle gerarchie autoritarie (Dal nostro inviato speciale) Belgrado, 8 novembre. La sala è grande, rettangolare, pavimentata di mattonelle bianche e nere. Tre tavoli a ferro di cavallo (uno breve, due lunghissimi), il solito ritratto di Tito alla parete. Sono le 3 del pomeriggio, fuori piove: il Consiglio operalo ha inizio. NelTTiappercincr concitato e mutevole della vita politica jugoslava, questo è il «momento » centrale e insieme il solo fatto certo, fermo. L'autogestione: gli operai gestiscono la fabbrica, partecipano a ogni sua vicenda, dividono responsabilità, profitti e perdite. E' il pilastro del «modello jugoslavo». Nella progressiva disideologizzazione, nell'insorgere sempre più irruento delle spinte individualistiche e dei meccanismi di mercato, il Consiglio operaio sta a ricordare che qui la proprietà dei mezzi di prò duzione è collettiva, che pur nella girandola delle eresie, nella continua e convulsa riorganizzazione delle sue strutture, la Jugoslavia è un Paese socialista. Seguiamone una fase in questa fabbrica di motori, la «21 Maggio», alla periferia di Belgrado. Ma prima ecco qualche dato. I membri del Consiglio sono 55 (41 operai e 14 tecnici) eletti dai 2500 operai della fabbrica. Il presidente è un operaio specializzato di 28 anni. Lui e altri 40 mèmbri (31 operai e 9 tecnici) sono iscritti alla Lega dei comunisti jugoslavi. Una metà del Consiglio viene rinnovata ogni anno; il presidente può durare due anni, ma anche essere dimesso dopo il primo. Il Consiglio operaio nomina un comitato di gestione, cui tocca il compito di attuare le decisioni prese dal Consigliò. Il diret tore della fabbrica viene eletto. Invece, da una commissione formata per metà da membri del Consìglio opera.., per l'altra da membri designati dal «Comune» (l'ente amministrativo che in Jugoslavia funziona da comune e da provincia). I membri del Consiglio sono giunti nella sala alla spicciolata, prendendo posto ai tavoli lunghi; il presidente, con a fianco il direttore e i due vice direttori, s'insedia al tavolo più corto. Davanti, ognuno ha l'ordine del giorno. II punto primo è una richiesta del sindacato metallurgico. Il sindacato, spiega il presidente, è venuto a sapere che nella fabbrica «21 Maggio » il Consiglio operaio assegna quattro giorni di vacanza in più a quegli operai che durante l'anno si sono distinti per un particolare attaccamento al lavoro. Poiché la produttività della « 21 Mag. gio » è molto alta, il sindacato ritiene che tale risultato vada attribuito all'intero collettivo, non all'efficienza dèi singoli, e chiede pertanto che i quattro giorni in più (cioè 19 giorni all'anno) siano assegnati a tutti gli Operai della fabbrica. No, dice il primo operaio: i quattro giorni in più devono essere un riconoscimento a chi ha lavorato meglio e uno stimolo per gli altri. Sì, dice il secondo (un anziano), perché nella fabbrica non dovrebbero esserci differenze; « ce ne sono già troppe », soggiunge, alludendo probabilmente al «ventaglio dei salari». Il terzo operalo dice no, no il quarto. D presidente decide la votazione, e si vota per alzata di mano: 17 sì, 38 no. La richiesta del sindacato è respinta. Rapidissima è la decisione sul punto secondo, un Investi mento di 30 milioni per il rin novo di certi macchinari d'un reparto. Un ingegnere fa una breve relazione, poi si vota: 55 sì. Il punto terzo è una richiesta della Commissione parlamentare per l'Industria, organo federale che coordina l'attività dei « segretariati » economici (veri e propri ministeri) delle sei repubbliche La Cornmlssione vuole elevare il prelievo per 1 fondi di previdenza, portandolo — se le nostre note, raccolte in fretta, sono esatte — dal due e mezzo al quattro per cento. Discussione animatisslma un po' caotica, durante la quale il presidente scampa nella più volte per riportare l'ordine. La più agitata è un'operaia con i capelli bianchi, che sembra avercela (l'interprete fa fatica a seguirla) con le banche, e infatti ripete va rie volte che le banche pagano per il fondo di previdenza meno della «21 Maggio». Votazione: la richiesta della Camera parlamentare per l'Industria è respinta all'unanimità. Sono trascorsi quasi diciott'annl dall'adozione della legge sui « consigli operai », che fu l'origine dell'autogestione in Jugoslavia, e ormai si pub tentare un bilancio. I fattori positivi stanno nella descrizione stessa di questa seduta alla «21 Maggio» di Belgrado, Essa rappresenta un esempio di democrazia diretta (prima della seduta ogni membro del Consiglio ha discusso l'ordine del giorno con gli operai del reparto da cui è stato eletto), una forma molto larga di « partecipazione ». L'autogestione presenta tuttavia parecchi inconvenienti, qualcuno anche grave. Innanzitutto l'atomizzazione della volontà esecutiva, vale a dire la difficoltà dì formare rapidamente (nell'Intrigo delle consultazioni e dei diritti di partecipazione) questa volontà. Poi il problema della concentrazione del capitale, per la tendenza degli operai a trasformare tutto l'utile in salari, e comunque a discutere, sino all'estenuazione, su come dividere l'utile netto della fabbrica. Poi le resistenze degli operai anziani a sentirsi responsabilizzati, ad accettare nei momenti difficili una decurtazione della bustapaga, che hanno prodotto In molti casi una preoccupante spaccatura con gli operai più giovani. Poi.ancora il conflitto latente tra operai e tecnici. L'opposizione che si è spesso palesata nelle fabbriche contro l'assunzione di personale altamente qualificato (specie giovani usciti dalle università), è uno dei maggiori problemi dell'industria Jugoslava. Gli operai ritengono che i tecnici siano troppo esigenti, che i loro compensi pesino in modo eccessivo sul bilancio e tendono a mantenerne sfoltiti i quadri. Un riflesso di questa tendenza si manifesta nei diagrammi della disoccupazione: 50 mila dei 300 mila disoccupati jugoslavi hanno una formazione tecnica, secondarla o superiore. Si sono dovute bloccare le iscrizioni alle facoltà scientifiche, e questo mentre le previsioni sull'industria automatizzata degù anni Settanta fissano ad almeno il 50 per cento 11 personale che dovrà avere una formazione tecnica secondaria o universitaria. Si aggiunga lo scontro delle mentalità, l'attrito tra 1 due linguaggi, ed ecco il dissidio da latente farsi scoperto, le parti ricorrere sempre più spesso a degli arbitrati, mentre soluzioni, magari urgenti devono essere rinviate per mesi. Ma la grossa sorpresa, l'elemento che fa più riflettere, è eh" nell'autogestione ricompaiono due fenomeni caratteristici degli altri sistemi di produzione: il fenomeno dell'» autorità » e quello dell'« alienazione ». Un gruppo di sociologi di Zagabria con alla testa Rudi Supek, condirettore di Praxis (la celebre rivista che svolge da quattro anni un ruolo decisivo nel processo revisionistico), ha condotto una serie di inchieste stabilendo che nella fabbrica jugoslava esiste una « scala autoritaria » come nelle fabbriche di altri Paesi. Al primo posto il direttore, al secondo il comitato di gestione, al terzo il capo-reparto, al quarto il Consiglio operalo, al quinto il partito. Lo stesso è per l'alienazio ne. I sociologi dì Zagabria hanno stabilito che i modi di democrazia diretta coi quali la fabbrica viene gestita non annullano il fenomeno della alienazione alla macchina. Esso si manifesta lo stesso, e in modo che per ora non è meno appariscente che in altre situazioni di lavoro industriale. Sandro Viola

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia, Tito, Zagabria