Commovente slancio di militari e studenti tra il fango e le rovine di Valle Strona di Giuliano Marchesini

Commovente slancio di militari e studenti tra il fango e le rovine di Valle Strona Lia gente li guarda con ammirazione e simpatia Commovente slancio di militari e studenti tra il fango e le rovine di Valle Strona Lavorano senza misurare la fatica a liberare strade, case e fabbriche - Hanno le mani screpolate, mangiano come possono, dormono su pagliericci intrisi di pioggia - Gli studenti sono venuti da tutto il Piemonte e anche da altre regioni (Dal nostro inviato speciale) Biella, 8 novembre. Sopra un cumulo di rovine fangose a Valle Mosso c'è un gruppo di studenti che lavora. Piove di nuovo sulla vallata, quest'acqua accanita, martellante. I-giovani affondano i badili nella melma, strappano travi attanagliate dalle macerie, spingono carriole ricolme di detriti. E ogni tanto si asciugano il sudore che si mescola con la pioggia sui loro volti. Ce ne sono a centinaia nella zona più colpita, da Cossato a Strona, a Mosso Santa Maria. Sono venuti da tutto il Piemonte e anche da altre regioni. Giovanni Buscaglia ha sedici anni, è di Novara e frequenta il liceo scientifico: partito con alcuni compagni, è arrivato quassù tre giorni fa. « Abbiamo noleggiato noi un pullman — dice — per venire. Dormiamo nei sacchi a pelo, in una soffitta. Abbiamo fatto di tutto, dove era necessario e ci chiamavano. Ieri stavamo cercando ima bambina di tre anni morta sotto una casa crollata. Poi sono venuti dei soldati e ci hanno detto di an- dare da un'altra' parte, perché avrebbero proseguito loro: sarebbe stato troppo impressionante per noi ». Pier Paolo Trapani è torinese, dell'Istituto industriale. E' a Campare, con una squadra della Croce Rossa giovanile che ha allestito qui un piccolo ospedale da campo. « Sono già stato in Valsugana, nel Trentino, dopo l'alluvione di due anni fa. E nel gennaio scorso eravamo in Sicilia per il terremoto ». Un ragazzo di 22 anni, Giovanni Pezzi, terzo anno di ingegneria chimica, è giunto da Milano questa notte: ieri ha sostenuto un esame e in serata è partito con la sua auto. Adesso è impegnato a cavar fango da uno stabilimento poco dopo Pettinengo. Tra Valle Mosso e Campore un gruppo di studenti ci chiede un passaggio. Sulla nostra auto c'è posto per uno soltanto. Viene un ragazzino di quattordici anni: si chiama Alberto Bianchi, fa la quarta ginnasio al «Carducci » di Milano. E' tutto inzuppato e sulle spalle ha un sacco pesantissimo. « Devo portare anche 1 viveri per 1 miei compagni ». Stamane ha spalato melma in una fabbrica, a mezzogiorno ha mangiato un po' di carne in scatola e una pagnotta, a Adesso vado a dormire — sospira — giù nella scuola di Cossato. Peccato che il mio pagliericcio sia un po' bagnato». Ne incontriamo dovunque, di giovani. Un gruppo di allievi delle magistrali proviene da Parma, altri sono venuti dal¬ la Toscana, alcuni persino da Zurigo. Ci sono anche molte ragazze. Gli stivali di gomma incrostati, i pantaloni cosparsi di spruzzi, i visi infiammati dalla fatica, impugnano come possono i badili e si chinano senza posa sui mucchi di rovine. Hanno le mani screpolate, incallite. Queste mani solite a sfogliare libri. « E' molto dura, ma ce la farò — assicura una — stia tranquillo». Daniela Zaniroli, di Vercelli, ha compiuto oggi quindici anni spingendo via tango dalle strade di Valle Mosso. Una diciottenne di Cossato, Armanda Minerò, ha accompagnato con l'autolettiga all'ospedale un bambino ferito. « Ho dovuto fare un grosso sforzo per non mettermi a piangere ». La gente di qui guarda stupita questi giovani, e negli sguardi di tutti c'è una riconoscenza infinita. Insieme con carabinieri, agenti di P.S., vigili del fuoco, si sono prodigati senza tregua anche i militari. La divisione « Centauro » ha mandato nella Valle Mosso circa 600 uomini, al comando del tenente colonnello Viviani. Sono arrivati verso le 14 del 3 novembre, poche ore dopo il disastro. Anche loro sono ragazzi, come gli studenti. Vengono da quasi tutte le città d'Italia. La sera di domenica, avanzando con i mezzi cingolati, erano a Strona. Hanno proseguito a piedi, perché non si poteva più andare avanti con i carri: una marcia affannosa e massacrante, infine è stata raggiunta Campare. Qui è rimasto un plotone, gli altri hanno continuato per Falcerò e Valle Mosso. E per tutti è cominciata una lotta febbrile, senza respiro. Questi uomini hanno preso, in braccio decine di feriti, se li sono portati via di corsa, mezzo alle frane ed. agli. ìyamsnUi verso aUeÙpotr, ize:- si sono. Ita' cHèsiàvd pòY^s-, sere travolta dalle acque. E quando quest'opera convulsa è finita, si sono messi a distribuire viveri e medicine, coperte e" brande. Poi ci sono state le strade da sgomberare, i paesi isolati da raggiungere, le macerie da rimuovere. « Ieri ho portato giù quattro cadaveri — dice Giuseppe Rizzelli, da Matera — erano tutti sotto tuia casa distrutta ». « Uno spettacolo così — commenta un altro — lo avevo visto soltanto alla televisione: quando c'è stato il Vajont. E' spaventoso ». Per tutta la giornata, lungo le strade devastate della Valle Mosso, è un interminabile andirivieni di militari, a piedi e con i mezzi cingolati, anche quando viene buio e cominciano ad accendersi le fotoelettriche. Giuliano Marchesini La commovente opera di solidarietà nelle zone alluvionate. A Valle Mosso giovanissimi studenti, operai e soldati lavorano nel fango accomunati nello sforzo per liberare il paese dalla massa di terra e detriti (Moisio)

Persone citate: Alberto Bianchi, Carducci, Daniela Zaniroli, Giovanni Buscaglia, Giovanni Pezzi, Giuseppe Rizzelli, Moisio, Pier Paolo Trapani, Viviani