L'ISOLA DEI DAIACCHI E DEGLI URAN6HI

L'ISOLA DEI DAIACCHI E DEGLI URAN6HI BORWEO; ULTIMA TERRft MISTERIOSA L'ISOLA DEI DAIACCHI E DEGLI URAN6HI In marcia versò il cuore della foresta dove dominano le spaventose tribù degli "uomini senza coda,, ultimo anello della catena che Darwin sognò per collegare le grandi scimmie antropomorfe all'uomo (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) BANGERMASSIN, aprile. Un giorno, Alain Gerbault, il navigatore solitario, mi disse: — In questo ritorno al nomadismo, che sembra essere l'ideale supremo della nostra civiltà, il numero dei paesi sconosciuti diminuisce ogni giorno. Fino ad una trentina d'anni addietro, il Sahara era il rifugio dei fantasmi e dei misteri cacciati dal resto del mondo. Adesso, le automobili lp percorrono in tutti i sensi ed esiste persino un regolare servizio settimanale fra Colomb-Beduud e Tombuctù. Tra il fango e le alghe E' vero! Anche il Matto Grosso ha perduto, in'gran parte, il suo fascino. Dopo la scomparsa di Fawcett, gruppi di esploratori hanno scandagliato lai sua Jófestà ritenuta impenetrabile e'avarie missioni cinematografiche si sono succedute nel giro di pochi anni per rilevarne gli oscuri segreti. E che dire delle isole del Padfico? Le Galapagos non hanno, forse, ospitato scandali d'amore co,me una qualsiasi città balneare d'Europa o d'America f Resta Borneo. Borneo, invece, conserva ancora il suo fascino misterioso. Sul conto di quest'isola, difatti, i libri e le enciclopedie danno notizie vaghe ed imprecise: popolazioni selvagge, foreste. vergini, montagne inesplorate, rapide pericolose. I resoconti dei viaggiatori sono rari e le inchieste dei giornalisti più rare ancora. A parte le coste, l'isola è pochissimo conosciuta. Per questo, appunto, io sono venuto a Borneo. E l'isola mi accoglie con volto ostile, come volesse accumulare ostacoli per proteggersi e difendersi. Il primo ostacolo f Le coste. Veramente, Borneo non ha coste, non essendovi transizione fra mare e terra. Il cargo petrolifero, sul quale navigo da Soer.abaia nell'isola di Giava, fa, nell'ultimo tratto, si e no, tre miglia, l'ora. Esso avanza nel fango, fra prati d'alghe, isolotti, banchi di sabbia, che saltan fuori ad ogni pie sospinto. E la terra, la terra ferma, non si vede mai. La vedrò, soltanto, verso sera, al termine d'una giornata di calura così brumosa, spessa e fitta da sembrare' quéìsi una'tela'gri-\già, tesa all'intorno onde impedi-\re all'aria di circolare. La terni ferma me l'anniinzieranno i/li al-\beri che escono fuori dall'acqua,\alcune grida di scimmie lontane,',il sospiro d'un buffalo addormen-'tato nel fango, un albero in mezzo all'acqua pieno di pellicani. Bangcrmassin, la principale città dell'isola, apparirà più tardi con uno sbandierìo di vele bianche, qualche capannone triste come un lazzaretto, una larga via deserta, al termine della quale alcune ville dall'aspetto lindo e dalle finestre fiorite mi ricordano, se mai me lo fossi dimenticato. che 514 Kmq. di Borneo sul metri 735.500 appartengono all'Olanda. E gli altri f All'Inghilterra, perdinci. Non si trova, forse, il petrolio a Borneo? Così, verso la fine del secolo scorso, con le buone e con le brusche, l'Inghilterra ha preteso la sua fetta di torta, la migliore e, più esattamente, la parte di Borneo sfruttabile, più settentrionale, che guarda verso la Cina. Che, nella parte sud e sud-est, predominano le forme r bassopi'.ino sovente insalubri, sempre paludose, con un clima prettamente equatoriale e poco favorevoli all'europeo. La temperatura varia fra i 30 e i 45 gradi. I venti sono rari e l'umidità elevata dell'aria rende il caldo ancor più sgradevole. La malaria è frequente, cosicché un europeo può vivervi soltanto due o tre anni senza contraivi qualche malattia tropicale. La « febbre di Batavia » Tali condizioni igieniche non debbono allarmare, gli olandesi. più ricca, più Isalubre, quella fino ad oggi, non avendo compiuto in Borneo alcuna opera di risa- «amento. Lavori di dragaggio edi canalizzazione nienfaffatto co- lossah Potrebbero vincere in dieci anwi la nidlaria. Batavia non erfl,un tempo, talmente malfamatadul Punto di visttt igienico che la febbre malarica veniva pure chiamata la febbre di Bataviaf Ai¬ cimi canali e severe misure sanitarie, in poco meno di trent'anni, hanno fatto della capitale delle Indie Olandesi una delle più salubri città tropicali. Così stando le cose, perché gli olandesi non compiono simili lavori f Gli è che l'Olanda, dopo aver fatto di Giava un modello di colonia, non soltanto non possiede più una mano d'opera me- i , o e I r ò tropolìtana sufficiente per opere di colonizzazione, ma non dispone — neppure di uomini per costituire i quadri amministrativi coloniali. Deve ricorrere a meticci. E Sumatra resta dissolcata solo per due decimi, Celebes appena per uno, mentre Borneo, eccezion fatta di alcuni punti della costa do I ve il petrolio pullula come le fon tane da noi, viene lasciata nel più completo abbandono. Nella Borneo olandese, cittadine di poche migliaia d'abitanti non se ne contano più di quattro: Pontaniak, Batik Papati, Bungermassin, Samarinda. I villaggi dell'interno con qualche europeo si riducono a una dozzina, il massimo, incluse le minuscole capitali di alcuni sultani, pacifici vassalli dell'Olanda. Simili località non sono unite fra di loro da ferrovie o da strade camionabili. Le uniche vie di comunicazione restano il mare, i fiumi e qualche difficile sentiero tracciato nella foresta. Che. appena fuori delle quattro cittadine costiere e, per leghe e leghe, la foresta impone il suo do o 1 minio, la foresta ostile e sorniona, - vi0ienta ed esasperata. A Borneo, e'.eSsa resta l'unica padrona del sno- ;0 cile tortura, dell'orizzonte che i KOTif((, dell'atmosfera che prof li,!?na 0(j impesta con i suoi fiori moa\strmsi e i detriti delle sue foglie, ¬ , e i o o - I nativi dell'isola — due milioni, circa — occupano punti ristretti dell'immenso territorio. Vengono chiamati dajak o daiacchi, questi nativi, e si dividono in varie tribù — t Kenias, i Kajan, P Balm, ecc. — tribù a loro volta suddivise in infiniti clan, che una muraglia di superstizioni separa dalla civiltà ancor più della foresta, dello spazio e del tempo. Le loro origini f Sembra che siano venuti dall'India Orientale e che costituiscano, esattamente, un rumo del popolo Moi, abitatore del Laos nell'Indocina Francese. I dajak, però, asseriscono, con convinzione, c/ie i loro avi, a seconda della tribù, erano cervi, scimmie 0 tiorci. Le due razze Poche generazioni li separerebbero da avi... tanto illustri. «Il dato od avo — dicono era il padre del padre di nostro padre ».' Non sanno altro, che la scrittura 1 no» esiste presso di loro e le tradizioni di padre in figlio si spen- 1 gono alla terza o alla quarta yenerazione. Per i dajalt, il periodo anteriore non esiste. Nei vecchi, sul nebuloso degli anni giovanili, si stuccano soltanto ricordi di carestie e massacri, massacri soprattutto, fra clan e clan, la più chiara e nota delle loro occupazioni essendo quella di infaticabili tagliatori di teste. A parte tale deplorevole abitudine, i daiacchi, dal punto di vista antropologico, sono nomini come noi. Quest'ultima asserzione non giudicatela inutile e messa lì a vanvera tanto per dire qualchecosa. A Borneo, oltre t dajak, eststerebbero, difatti, altri selvaggi costituenti — a suprema consofazione di Darwin — il vero tratto p d'unione fra le grandi scimmie an- t tropomorfe e l'uomo, un tratto —\s come direi — molto più lineare\cdell'ipotetico pitecantropo. ,sSara verof La Leggenda lo as-\iserisce e numerosi malesi e cine-'.gsi, che, commerciando con i daiac-\schi, si sono spinti fino alle monta- ngne, che separano il bacino del Ka-\ tpoas da quello del Borito e deistKotei, affermano di averli veduti,, ta debita distanza, si capisce. Tut-\pti costoro sono d'accordo iiell'as-\ oserire che questi selvaggi hannoì la tinta dell'epidermide quasi'gbianca, il dorso un po' curvo, il {sistema peloso straordinariamen-\ste abbondante e vellutato: hanno,'ain breve, forme e sembianze lima- tne, ina, al fondo della schiena, esi-iri biscono un'appendice carnosa che, come presso certi macachi, prolunga la colonna vertebrale di parecchi centimetri. Assolutamente nudi, il loro modo di vivere è sconosciuto, perchè evitano ogni contatto con quanto può sembrare un'umanità superiore alla loro. Tabacco, alcool, perline... osnI csSempre secondo coloro, che pre-ictendono di averli sorpresi nelle avarie mani/estanont della loro vi- dta semi-umana e semi-bestiale, i^selvaggi in parola si nutriscono di!?jsfrutta e di erbe vivono suoli (/Z-!rberie tiLZtaLTramoin ra-\toen e si spostano ai ramo in in- qino con un agilità da quadrumani.'d Sono ferocissimi. Non posseggono armi, ria guai a cadere nelle loro mani, soprattutto dopo averli provocati! Le loro vittime, essi le strangolano e poi le mangiano. Nessuno, tuttavia, ha potuto finora dimostrare con dati di fatto simile asserzione ed, in proposito, i pareri sono discordi. La cosa, però, non ha importanza. Che questi abitatori di Borneo mangino i viaggiatori imprudenti, oppure, dopo averli strangolati, li gettino in pasto alle belve od agli insetti della foresta, è particolare, in fondo, trascurabile. L'essenziale è di evitare l'esperimento. Ed è, appunto, per evitare un esperimento del genere nell'eventualità di dovere incontrare questi uomini dalla coda, ch'io, partendo, porto c'j:i me armi a tiro rapido e un rispettabile numero di cartucce. Non ho, però, dimenticato una cassa di doni — tabacco, sigari, alcool, specchi, perline, cocci di vetro e scampoli di seta — ben sapendo, per esperienza, che con gli uomini primitivi un pizzico di tabacco e un bicchierino di alcool rendono molto spesso la dirada più sicura di una pistola mitraglia - trice. E la mia strada verso il pae—\se dei tagliatori di teste e alla rie\cerca deijli uomini dalla coda non ,sarà né breve, né facile. Risalendo -\ii fiume Barite, io voglio raggiun-'.gere precisamente il centro me-\splorato di Borneo, fino alla cate- na dei monti Murang. Di lì, se tut-\ to va bene, discenderò nella vallaeista del Kapoas per prendere a Sini,, tang il battello a ruota, che mi -\porterà a Pontaniak sulla costa -\ occidentale. oì A detta degli olandesi di Bansi'gennassin, io sono il quarto itail {{ano che ha toccato l'iiola in que-\sti ultimi vent'anm. Forse, sono o,'anche l'unico che tenta di adden- trarsi nell'interno per attraversai-ire l'isola da sud-est verso nord- e, oovest. Paolo Zappa MAtJÉ^D^mAVA^. PORTO a e n a i ino con un agilità da quadrumani.di affidargli in Etiopia. qttlnCGdstplGnnrrnaldusbQppddScAhtqotvnnrpbn TRAMONTO SULLE COSTE DI BORNEO

Persone citate: Alain Gerbault, Batavia, Colomb, Fawcett, Paolo Zappa, Soer, Tabacco