I «Ventisette racconti» di Arpino

I «Ventisette racconti» di Arpino RISPECCHIANO FELICEMENTE IL CAMMINO ARTISTICO DEL NARRATORE I «Ventisette racconti» di Arpino Dal realismo pavesiano delle « Storie di provincia » ai temi più attuali ed impegnati delle ultime novelle Scritti nel giro di quindici anni, parallelamente ai suoi romanzi più noti, questi 27 racconti di Giovanni Arpino rispecchiano felicemente il cammino della sua narrativa. Più, anche, delle « storie» raccolte l'altr'anno nella Babbuina, che ne riflettono specialmente la fase ultima, con quel tendere all'emblematico, quasi al magico; mentre con questi dall'oggi si risale al 1953, cioè verso le origini, che furono all'insegna di un realismo, o neorealismo, vagamente pavesiano. (Arpino, piemontese non di nascita, ma per parte di madre, nonché per lunga dimora, ha in comune con Pavese l'attaccamento a quella terra, e soprattutto l'esperienza della dura realtà che è al fondo della sua antica saggezza). « Storie di provincia » sono infatti quelle di data meno recente: una provincia colta in aspetti, vicende e fi¬ gure della vita di tutti i giorni, di ambienti piccoli e medio-borghesi o contadini; e resa con una attenzione, una precisione, che possono sembrare crudeli e sono invece infuse di un senso,di corriprensione, pronte a rimbalzare dai particolari all'insieme, dalle singole situazioni psicologiche alla temperie mo>-ale o sociale, e dal paesaggio umano a quello naturale. Maestria del dialogo Il realismo di Arpino, insomma, anche in questi primi racconti, che pur cedono qua e là ad un certo naturalismo, si mantiene lontano da intenti documentari, come dalla tipizzazione del bozzetto regionalistico. I' suo narrare procede non per analisi, ma per scorci e allusioni, rapido, incalzante, affidando il senso ultimo della vicenda a quel ritmo del¬ le cose che sa farsi atmosfera; o, più spesso, a un dialogato vivo, duttile, essenziale, condotto a livello dei personaggi, ma senza compiacimenti dialettali o gergali. . i • - - Si veda, come esempio della prima soluzione, il racconto Cavaliere, la cui figura di vecchio vitaiolo di provincia risulta dal contesto di una panoramica di vita cittadina, tratteggiata con alacre sensibilità (sebbene sulla scia ancora di Pavese). E, come esempio dell'altra, i dialoghi, così ricchi, nella loro asciuttezza, <ti risonanze interiori, fra la anziana coppia di Una proposta di matrimonio o fra i due vecchi Amici di notte, deambulanti e ciarlanti quasi ad eludere il pensiero di ben altra notte. Cronologicamente posteriori sono le « Altre storie »: la cui differenza non sta tanto nell'allargar si del- l'orizzonte oltre la provincia (comincia ad apparire Milano), che anche qui l'interesse si concentra su ambienti e personaggi della vita più comune, quasi anonima nella sua accentuata collettività (strade, botteghe, uffici, treni, osterie...); ma consiste in una certa inquietudine, in una certa ansia che — naturale sviluppo di quelle risonanze cui sopra si è accennato — ora percorre quell'epopea del quotidiano, quel « vuoto dell'animo », fino a certi interrogativi sospesi sul mistero. Storie che culminano nel dialogo Tra madre e figlia. che si svolge nel buio di una camera, alle soglie del sonno, e fra le battute indagatrici dell'una e quelle stancamente remissive dell'altra, rivelano, e forse più con il taciuto che con il detto, tutta la desolazione di una vita senza speranza. E più. nel racconto Gli amici del martedì grasso, dove, attraverso la quasi goliardica -2Uforia di un settimanale simposio, si fa strada, in un misto di amarezza e d'ira, quel rifiuto della vita quotidiana, quell'anelito a èva dere non solo da essa, ma dal tutto e da sé, che è ormai, e sempre più sarà, il motivo dominante di Arpino: riflesso di un fondamentale dissìdio fra ragione e irrazionalità. Bei racconti, nei quali la sua arte narrativa si mostra affinata e ulteriormente sveltita, raggiungendo nel dialogo una autentica maestria. Quasi fantascienza Ed eccoci alle tre « Ultime storie» (del 1966-67): che, accentuando l'ambientazione cittadina, e prospettando quell'inquietudine nelle site forme più attuali, modulano, rispettivamente, i temi dell'alienazione della vita aziendale (Il dito puntato) delle sperimentazioni scientifiche al limite dell'allucinazione e del surreale (Bobby Sapiens), e della crisi, sia pure ancora in nuce, dei rapporti fra generaz.jni (Passeggiata di Natale). Ora. i primi due non rnancono di una certa artificiosità, come spesso accade ul l'Arpino più recente nel dilatare in senso quasi fantascientifico quel suo motivo. Ma il terzo racconto, che è un dialogo soffuso di humour seppure drammatico di fondo, fra un padre scettico ed il proprio ragazzo fresco di catechismo, intorno ai supremi perché, è certo una delle sue prove più piene, più alte. Nella figuri infantile si esplica tutto il dono di Arpino, quale ritrattista di nature semplici, di creature candide; mentre nel paesaggio invernale, fe¬ stivo e ostile ad un tempo, che la inquadra, le sue qualità di paesaggista confermano la propria essenza lirica. Arnaldo Boccili GIOVANNI ARPINO: 2T Racconti - Mondadori editore, pagine 324 - 2500 lire. ♦

Persone citate: Arnaldo Boccili, Bobby Sapiens, Giovanni Arpino, Pavese

Luoghi citati: Arpino, Milano