Johnson attende che Hanoi risponda al suo piano di pace di Nicola Caracciolo

Johnson attende che Hanoi risponda al suo piano di pace La guerra del Vietnam a una svelta decisiva Johnson attende che Hanoi risponda al suo piano di pace L'America pronta a sospendere i bombardamenti • Ma il Nord Vietnam deve: 1) ritirare le truppe dalla zona smilitarizzata; 2) rinunciare ad attaccare le grandi città; 3) accettare rappresentanti di Saigon ai negoziati (Dal nostro corrispondente) Washington, 17 ottobre. Il presidente Johnson resta in attesa di una risposta di Hanoi alle proposte americane per un'interruzione dei bombardamenti contro il Nord Vietnam. Altre difficoltà potrebbero venire — si dice — anche da parte del Sud Vietnam: oggi l'ambasciatore americano a Saigon Ellsworth Bunker si è di nuovo incontrato con il presidente Thieu che aveva già visto tre volte ieri. A Parigi il ricana ai negoziati con il Nord Vietnam, Averell Harriman, si è incontrato con il rappresentante dtl governo di Saigon Pham Dang Lam che al termine del colloquio ha rifiutato di fare ai giornalisti qualsiasi dichiarazione. Alla Casa Bianca, intanto, continua l'atteggiamento di assoluto riserbo. Il portavoce George Christian non dice assolutamente nulla. Corre voce che le notizie sulle proposte americane siano state diffuse contro la volontà di Johnson. I responsabili dell'indiscrezione sarebbero i sud vietnamiti da una parte e il primo ministro australiano Gorton dall'altra. A questo punto è possibile andare avanti per sole congetture; fino al 31 marzo scorso il Nord Vietnam aveva posto come condizione per trattare la fine dei bombardamenti e degli « altri atti di guerra » da parte americana. Johnson dal canto suo chiedeva delle contropartite precise di carattere militare. Il primo e finora — almeno da quanto se ne sa — unico passo avanti è stato fatto in seguito al discorso di Johnson del 31 marzo. Gli americani hanno interrotto i bombardamenti in tutta la zona a nord del ventesimo parallelo ( successivamente il limite è stato portato al diciannovesimo parallelo). In cambio il Nord Vietnam ha acconsentito a che una sua delegazione si incontrasse a Parigi — città scelta dopo un'interminabile schermaglia — per discutere con gli americani su un unico punto: quello dell'interruzione totale dei bombardamenti. Il Nord Vietnam ha successivamente detto con chiarezza che una volta finiti i bombardamenti sarebbe sta¬ to disposto ad iniziare vere e proprie trattative di pace. Le due parti si sono quindi ritrovate di fronte scam biandosì per oltre cinque mesi, un paio di volte alla settimana, i medesimi argomenti di prima: « Dovete interrompere i bombardamenti se volete discutere di pace con noi » — dicevano i nordvietnamiti —. « Va bene, rispondevano gli americani, ma dovete garantirci che non approfitterete della tregua aerea per intensificare gli attacchi contro di noi ii. La situazione si è sbloccata negli ultimi giorni? La cosa è possibile ma non necessariamente vera. C'è il fatto che guerriglieri e truppe nordvietnamite si tengono sulla difensiva, i rinforzi inviati a Sud dal Nord sono diminuiti, una nuova offensiva dei guerriglieri contro le grandi città del Sud, prevista qualche settimana fa, non si è realizzata. Potevano essere — secondo Washington — indizi favorevoli. A questo punto Johnson ha deciso di tentare nuovamente di sbloccare la situazione. Il piano che ha proposto al Nord Vietnam comprende tre passi che il Nord Vietnam deve impegnarsi a compiere in cambio della tregua aerea: 1) ritirare le truppe dalla zona smilitarizzata; 2) rinunciare ad atti di forza contro le grandi città del Sud; 3) accettare la presenza di rappresentanti del governo di Saigon ai negoziati. A questo punto tocca ad Hanoi rispondere. Pare che le difficoltà maggiori nascano dal fatto che il Nord Vietnam non vuole vedere i rappresentanti di Saigon al tavolo dei negoziati: forse, si dice, ha chiesto che il Fronte di Libe¬ razione nazionale (l'organizzazione politica dei guerriglieri) partecipi anch'essa alle trattative. Da parte del Nord Vietnam, mentre scriviamo, non c'è stata ancora nessuna reazione, nemmeno indiretta: è quindi impossibile prevedere l'esito del piano di Johnson. Così come è impossibile sapere se il governo del Sud Vietnam desidera e se è in grado di ostacolare una conclusione. Dalla risposta di Hanoi — questo spiega il clima di tensione che si è creato a Washington nelle ultime 24 ore — dipendono molte cose: forse l'esito della campagna elettorale, forse addirittura l'assetto stesso della società americana nei prossimi anni. A torto o a ragione, comunque, Johnson ha deciso che questo è il massimo di concessioni che può fare. Nei prossimi giorni o nelle prossime ore si vedrà se questo massimo è sufficiente per i nord vietnamiti. Nicola Caracciolo ♦