A giudizio l'agente che uccise il contrabbandiere suo complice

A giudizio l'agente che uccise il contrabbandiere suo complice Il fosco delitto della brughiera A giudizio l'agente che uccise il contrabbandiere suo complice La vittima (biellese, 32 anni) si era rifiutata di spartire con il poliziotto il ricavato delia vendita di alcuni pacchi di sigarette pieni di segatura - Il delitto fu compiuto il 30 marzo dello scorso anno a Brianco (Dal nostro corrispondente) Biella, 17 ottobre. L'istruttoria sul fosco « delitto del Brianco » si è conclusa col rinvìo a giudizio in Assise a Novara dell'agente di p.s. Santino Pronesti — che ha ammesso di aver ucciso l'autista biellese Claudio Pizzorno — e del suo complice Saverio Lucchesi. I due sono in carcere dal 30 marzo 1967: furono arrestati quattro giorni dopo il delitto. Il giudice istruttore, dott. Peruzzini, accogliendo la richiesta del p. m. dott. Tacconi, li ha rinviati a giudizio per omicidio volontario pluriaggravato. Il Pizzorno, che aveva 32 anni ed era di Crevacuore, venne ucciso con cinque rivoltellate nella schiena per che si era trattenuto 170 mila lire che invece avrebbe dovuto spartire col Lucchesi e it Pronesti, suoi « soci » in alcune truffe col sistema dei pacchetti di sigarette pieni di segatura. Il Pronesti — quarantacinquenne, originario delta provincia di Cosenza — all'epoca del delitto prestava servizio alla questura di Vercelli. Abitava in questa città anche il Lucchesi, suo coetaneo, nativo di Anoia (Reggio Calabria). Avevano conosciuto il Pizzorno in un locale notturno di Cavaglià. In principio i tre sì erano dedicati al commercio delle sigarette di contrabbando: la merce veniva fornita da Pronesti e Lucchesi e venduta dal Pizzorno. Successivamente, per aumentare il guadagno, il terzetto decise di riempire di segatura un notevole quantitativo di pacchi acquistati in Svizzera. L'autista biellese' in pochi giorni riuscì a fare truffe per 570 mila lire. Spartì con i soci una parte della somma e si trattenne il resto, malgrado le loro minacce. La sera del 26 marzo 1967, Pronesti e Lucchesi si recarono in auto a Gaglianico —dove il biellese conviveva con una donna — e lo invitarono a una spiegazione. Il drammatico colloquio avvenne nella brughiera di Brianco, in territorio di Salussola, ad una ventina di chilometri da Biella. La ricostruzione del delitto è impressionante. Il Pizzorno e i due soci sono appena scesi dall'auto; il Pronesti impone al biellese di consegnare immediatamente il denaro. « Non ini seccare più o ti denuncio ai tuoi superiori », dice il Pizzorno. La minaccia esaspera l'agente che, impugnando la pistola d'ordinanza (l'aveva portata con sé pur essendo in borghese), urla: « Ti ammazzo come un cane! ». «Non mi fai paura», ribatte l'altro con tono sprezzante. Un colpo di rivoltella sparato a vuoto dal Pronesti per intimidirlo, induce l'autista a tentare la fuga. L'agente mira alla schiena e fa partire un secondo colpo che raggiunge il bersaglio. Il Pizzorno si arresta un atti mo, riprende la corsa, ma viene abbattuto da altri quattro colpi. La morte è quasi istantanea. Le indagini svolte da po¬ lizia e carabinieri, portarono al fermo dei due, che finirono per confessare. Il Pronesti si giustifica sostenendo che il Pizzorno, dopo averlo colpito con un pugno duran- te la discussione, aveva fatto ■ iiiimiiiimujii4iimiimiif>iìiiimmi]miiiimimmm un gesto con la mano destra, come per estrarre la rivoltella. Sottoposto recentemente a perizia psichiatrica, il Prone- sti è stato giudicato semin fermo di mente. p. m. ;!iimili;m>ì!]iiicmiiimiiii!m iiiiM!Miiii)i';