L'opera «Ulisse» di Dallapiccola alla vigilia della prima mondiale di Massimo Mila

L'opera «Ulisse» di Dallapiccola alla vigilia della prima mondiale Sara eseguita domenica sera alla Deutsche Oper di Berlino L'opera «Ulisse» di Dallapiccola alla vigilia della prima mondiale La complessa genesi del libretto che si ispira ad Omero, Dante e Joyce - Ma l'eroe greco, al termine del suo ultimo viaggio, troverà la rivelazione divina - Lo spettacolo sarà trasmesso in ripresa diretta dalla Radio italiana (Dal nostro inviato speciale) Berlino, 26 settembre. In una conferenza inglese, che ora si può leggere in Italiano nel n. 4 della Nuova Rivista Musicale Italiana, Luigi Dallapiccola ha illustrato, con la consueta lucidità d'introspezione, le origini, dei libretto di questo Ulisse, che avrà la sua creazione mondiale domenica sera alla Deutsche Oper (l'esecuzione sarà trasmessa dalla Bai). Dallapiccola non è compositore che vada cercando all' esterno soggetti d'opera. Essi gli maturano dentro e crescono con lui. Questo Ulisse l'ha accompagnato per tutta la vita, forse da quel giorno della sua Infanzia quando ad Ala di Trento il padre, professore di lettere non sospetto di simpatie per la decima musa, sbalordì tutta la famiglia annunciando che bisognava cenar presto por andare' ài cinematografo! Al cinematografo si rappresentava //Odissea di Omero, pellicola di Giuseppe de Liguoro per la Milano Film, 1911. Dallapiccola si diverte a radunare altri segni del destino: nel 1938 una proposta di Massine, rimasta senza seguito, di un balletto sull'Odissea; nel 1941 l'incarico del Maggio B'usicale Fiorentino di preparare una realizzazione moderna del Ritorno d'Ulisse in patria, di Monteverdi. Ma Dallapiccola è un ulisside. I più vecchi fra i suoi amici ricordano la camera in cui viveva nei primi anni della sua dimora fiorentina: interamente tappezzata con una incredibile collezione di manifesti di pubblicità ferroviaria d'ogni paese e, bene in vista sul tavolo, il talismano indispensabile del Passaporto, a garanzia di sempre possibile evasione. L'Ulisse di Dallapiccola è quello di Omero, e filtrato attraverso V interpretazione dantesca »: la mediazione dei poeti della memoria, Joyce e Proust, finisce di « trasformare l'eroe della mitologia in un uomo del nostro tempo ». Secondo un'idea mutuata dal poeta greco Constantln Cavafls, le sue sventure, i suoi affanni, gli ostacoli che si frappongono sulla difficile via del ritorno, esistono perché Ulisse se li porta dentro, nell'anima. Sarà Circe a rivelarglielo. La vera maledizione di Posidone non sono le procelle, ma la pena segreta che Ulisse si porta dentro: il dubbio 'di sé. « In fondo... egli non sa più con certezza chi egli sia. Il suo capolavoro dì astuzia si ritorce contro di luì». Da quando ha fregato 10 stupido Ciclope dicendogli che si chiamava Nessuno, questa parola lo perseguita durante i suoi erramenti, sospinto dall'inestinguibile brama di « guardare, meravigliarsi, e tornar a guardare ». Come una maledizione la parola « nessuno » è ripercossa dal coro nella reggia di Alcinoo, quando il poeta Demodoco, cantando 1 ritorni degli eroi greci da Troia, celebra Ulisse scomparso nei mari, e lui è lì, presente, un naufrago sconosciuto raccattato da Nausicaa sulla spiaggia, e fitte lacrime gli rigano 11 volto, a sentir parlare di sé come d'un morto. Oppure a Itaca, quando il più sfacciato dei Proci, Antinoo, tranquillizza sprezzantemente la sgualdrinella Melanto, inquieta per la presenza del vecchio misterioso: «Quello lì? Non è nessuno». ■ • Il libretto, in un Prologo e due Atti, opera nell'Odissea uno spaccato che permette di ricavarne una compatta architettura teatrale, tenuta insieme da una rete interna di parallelismi e di corrispondenze. Il Prologo si apre con la parafrasi d'un verso di Machado, già musicato da Dallapiccola nelle Quattro liriche di questo poeta. « Son soli un'altra volta, il tuo cuore e il mare », sospira la ninfa Calipso, guardando 11 mare su cui Ulisse ha preso il largo, dopo sette anni di amoroso soggiorno nell'isola Ogigia. Segue un intermezzo orchestrale, la furia di Posi done, e poi l'incontro con Nausicaa e le sue ancelle, sulla spiaggia dell'isola dei Feaci. Qui finisce il Prologo, e da questo punto i due Atti riducono a libretto quanto si leg ge nei libri VII-XII della Odissea, cioè il racconto che Ulisse fa alla corte di Alcinoo delle sue favolose avventure Il primo Atto comporta cinque scene, come le dita d'ima mano. La prima si svolge alla reggia di Alcinoo, con la canzone epica di Demodoco e la rivelazione dell'identità di Ulisse. Invitato a narrare le sue avventure, egli esordisce con una compiaciuta reminiscenza di melodramma: «M'ascoltate». Ma girata la pagina dello spartito non si trovano le quattro battute di accompagnamento a vuoto che preparano la cavatina del baritono, bensì il primo di una serie di tre- flash-backs dove « il passato diventa presente » e sfilano davanti a noi l'episodio dei Lotofagi (ornato della citazione di due versi di Holderlin che risuonano nel Schicksalslied di Brahms), la scena di Circe e quella del regno dei Cimmeri, dove Ulisse rivede la madre Anticlea. Sonò come 11 mattino, il meriggio e la sera d'una giornata, e permettono, con accorti incastri, di rievocare almeno fuggevolmente gli altri episodi del poema che non hanno potuto trovar posto nel racconto teatrale. I compagni d'Ulisse in rivolta, resi vacillanti dalla tentazione psichedelica del fior di loto, gli ricordano le sconfitte subite dai Cleoni, dai Lestrigoni e dal Ciclope. Circe fa un accenno alle Sirene, e più tardi, nella scena quinta, dove ritorna la reggia di Alcinoo, coi personaggi nella stessa posizione della prima scena, quando era cori.:r 'ato il racconto di Ulisse, si allude a Scilla e Cariddi. A partire dalla scena del regno dei Cimmeri, che è culminante e si rispecchia musicalmente in se stessa, tutto un sistema speculare di corrispondenze si stabilisce tra le scene. La quinta del primo Atto, col congedo di Ulisse e la separazione da Nausicaa, fa riscontro alla terza, con la separazione da Circe. La prim del secondo Atto, con la serenità del paesaggio di Itaca e il presentimento di tragedia del buon pastore Eumeo, fa riscontro alla scena dei Lotofagi, dove la loro serenità si accompagna alla rivolta dei compagni di Ulisse. La seconda scena, dove Antinoo liquida con parola sprezzante il vecchio incognito Ulisse, corrisponde a quella nella reggia di Alcinoo dove Ulisse si era chiesto: «C/l'io sia forse... Nessuno?». Il banchetto dei Proci, dove si scatena la vendetta di Ulisse, vede l'atroce simmetria della giovane Melanto con la vergine Nausicaa: questa aveva danzato la danza del gioco della palla, quella eseguirà una danza della morte, prima di finire strozzata dalla corda dell'arco che Ulisse ha saputo tendere. (Praticamente la materia del second'Atto è quella dell'opera di Monteverdi, ma Dallapiccola si è anche servito di elementi tratti da L'arco di Ulisse, di Gerhard Hauptmann). La penultima scena, Ulisse e Penelope, è un intermezzo sinfonico, simmetrico a quello della furia di Posidone nel primo Atto, e l'ultima scena ci mostra Ulisse solo sul mare, come Calypso era sola in riva al mare, all'inizio del Prologo: l'indomito vecchio ha preso il largo ancora una volta, per l'ultimo, folle volo, quello immaginato da Dante. Ma invece, o prima, della catastrofe, Dallapiccola, con audace contaminazione storica, gli fa incontrare la rivelazio ne. In calce all'ultima pagina della partitura si leggono, come un poscritto, queste parole di Sant'Agostino che Dallapiccola scoprì un giorno, a libretto terminato, in una iscrizione della stazione ferroviaria di Westport, Connecticut: « Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum. donec requiescat in te ». (Dallapiccola è come il suo Ulisse, e viaggiando trova quel che si porta dentro: non c'è che lui che possa andare in America per riportarne una citazione agostiniana). Altre sottili simmetrie e derivazioni letterarie sarebbero ancora da ricordare: il « Sempre-Mai!» che echeggia doloroso nella culminante scena al regno dei Cimmeri, viene dalla pagina del Dedalus di Joyce, dove queste parole sembrano scandite dal ticchettio del pendolo. Le parole della Madre, nella medesima scena, hanno origine da un passo di Thomas Mann («Relazione intorno al semplice morire dì Mont-Kav ») nella tetralogia di Giuseppe e i suoi fratelli. I personaggi femminili dell'opera rappre¬ sentano, secondo Dallapiccola, i tipi fondamentali di donna: Calypso, l'ispiratrice; Nausicaa, la vergine; Anticlea, la madre; Circe e Penelope non abbisognano di spiegazioni: tanto nomini... « Non credo esista un sesto tipo », afferma Dallapiccola. E Melanto, la puttanella dei Proci? Forse non è che la misera controfigura terrestre di Circe. Questione di classe, e differenza soltanto gerarchica. Dei valori musicali e scenici dell'opera si riferirà dopo la creazione, che quest'anno costituisce il clou delle tradizionali « Festwochen », inaugurate domenica scorsa in questa inquieta Berlino con la visita della New York Philharmonic Orchestra, diretta da Léonard Bernstein. Massimo Mila

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