L' economia ha bisogno di chiarezza politica di Ferdinando Di Fenizio

L' economia ha bisogno di chiarezza politica L' economia ha bisogno di chiarezza politica Ormai lo si sa. Gli studiosi di congiuntura non trattano mai di « recessione » oppure di «depressione» quando questo periodo si va svolgendo. Si rifugiano in perifrasi. Nel '66 si è parlato, così, di « pausa ad alto livello ». Più recentemente (l'espressione si ritrova nel discorso dell'on. Colombo, concludendo la Fiera del Levante) si tratta di «impallidimento congiunturale ». Sta a significare che si è temuto (e forse ancora si teme) che il nostro sistema economico non raggiunga nel '68 i tassi di sviluppo normali. Il governo, come sappiamo, ha già adottato provvedimenti di rilancio della domanda, da tempo allo studio. Ha abbattuto talune entrate della Pubblica Amministrazione: promettendo un minor onere dell'imposizione sul reddito, per le imprese che incrementino gli investimenti; promettendo poi di rinunciare a certe imposte sulle società, in occasione di fusioni, ecc. Ha alleggerito (per le sole imprese meridionali) certi oneri sociali. Infine, ha rinunciato agli incrementi nel tributo sull'energia elettrica, gravanti sulle famiglie. Soprattutto però è giunto ad espandere la spesa pubblica: affidandola (e questo fu molto saggio) a centri di decisione più pronti di quelli dell'Amministrazione centrale dello Stato. Nuove sorgenti di credito agevolato per rami di attività che stanno particolarmente a cuore: energia (energia atomica!); trasporti (ferrovie, metropolitane); industria delle costruzioni (pubblica e residenziale); infine, l'industria tessile. Gli effetti psicologici jri qualche caso si vedono, in altri si sperano. L'industria delle costruzioni, ad esempio, nei primi quattro mesi del '68 ha accresciuto il volume delle opere progettate, per quanto riguarda i fabbricati residenziali, del 27 per cento; quello delle opere già iniziate (sempre di carattere residenziale) del 25 per cento. Il rilancio riguarda anche fabbricati non residenziali ed opere pubbliche. Cosicché, se saranno varate le nuove provvidenze governative, si avrà pericolo di un vero e proprio «boom» edilizio. Quanto alla produzione industriale (principalmente manifatturiera) il suo andamento — nei primi sette mesi dell'anno — ha mostrato uh aumento del 5 per cento rispetto all'analogo periodo nel '67. Non molto meno del solito. Se ci si convincesse che le più lievi importazioni possono spiegarsi con ragioni attinenti al disordine monetario internazionale — oppure al gioco delle scorte (ciò che è sicuro solo in parte) — si giungerebbe a concludere che il « pallore congiunturale» è lieve. Che i provvedimenti statali necessari sono già stati adottati; di pendono ormai dal Parlamento. Il quale non avrà certo minor cura del governo, per quanto concerne la occupazione operaia. * * La diagnosi, tuttavia, merita qualche approfondimento, anche utilizzando il discorso dell'on. Colombo a Bari. Il recente rapporto dell'Iseo al Cnel attribuisce, com'è noto, la minor doman da globale interna: per quanto riguarda i beni di consumo, al vigore della richiesta per fabbricati residenziali, «diretto canale d'investimento» delle Famiglie. Per quanto riguarda la domanda di beni d'investimento, per l'appunto all'incertezza monetaria del presente; poi ai dubbi circa le scelte elettorali del maggio scorso. Condividiamo queste opinioni, se ci permettono di aggiungere che le perplessità fra gli imprenditori durano ancora: pur essendo lontani dal maggio '68. Sono connasse, ad esempio, alla non ancora avvenuta costituzione di un « governo di centro-sinistra più incisivo»; ed alla mancata precisazione di questo attributo. Ma non si tratta solo di ciò. Se si abbandona per un momento i flussi reali e si rivolge l'attenzione ai flussi finanziari, sorgono altre ragioni di perplessità: già, del resto, segnalate dal Governatore Carli, nell'ultima sua relazione. Il risparmio si accumula quasi esclusivamente presso le famiglie. Refluisce al sistema bancario: accrescendone i depositi. Evita impieghi diretti, in capitali di rischio. Quanto a dire in azioni, titoli che sono ormai considerati scarsamente remunerativi. Il che è innegabile. Le banche poi investono risparmio e liquidità in obbligazioni, prevalentemente pubbliche. E ih tal modo i capitali giungono alle imprese, anche private. Perché avviene ciò? In altre parole, per qual motivo il funzionamento in Italia del mercato finanziario segue un processo lontano da quello abituale nei sistemi economici occidentali, per avvicinarsi invece al modello di talune economie socialiste? Si potrebbe rispondere: perché i profitti realizzati (e fors'anche sperati) dalle Imprese, grandi, medie o piccole, sono troppo bassi. Sostanzialmente insufficienti a compensare i rischi dei nuovi investimenti. Sono dubbi già segnalati- e che meritano approfondimenti adeguati. Dopo tutto, i rapporti fra Tesoro e Banca d'Italia sono oggi più stretti che mai: E il nostro istituto di emissione, attraverso la rete di calcolatori che ha organizzato in tutta Italia, possiede oggi strumenti ben superiori a quelli di un tempo: quando — per rispondere a cerati interrogativi — si doveva attendere alla raccolta annuale di bilanci aziendali. Gassificandoli pazientemente e quindi analizzandoli. Ferdinando di Fenizio

Persone citate: Carli

Luoghi citati: Bari, Italia