Il capitano in Tribunale nega d'avere fatto legare il soldato al palo di Guido Guidi

Il capitano in Tribunale nega d'avere fatto legare il soldato al palo Lo sconcertante episodio della caserma di Roma Il capitano in Tribunale nega d'avere fatto legare il soldato al palo «Ho soltanto detto — ha affermato — di portarlo in un luogo qualsiasi del cortile» - Il caporal maggiore che eseguì la punizione dichiara: «Ho ricevuto l'ordine di legarlo» Accusa il suo superiore di non avergli lasciato dire subito la verità - Stasera la sentenza (Nostro servizio particolare) Roma, 23 settembre. Il Tribunale militare ha cominciato oggi "e completato questa sera l'indagine per accertare se realmente l'artigliere Luciano Capasso, del reggimento « Voloire » di Milano, venne legato, per punizione, ad un albero, nel cortile di una caserma romana, in seguito a un ordine impartito dal capit°-.o Antonio Grondona. Domani si avrà la sentenza. Il capitano Antonio Grondona — ufficiale in servizio permanente effettivo che comandava la batteria — ha categoricamente negato davanti ai giudici di avere impartito un ordine contrario ai regolamenti militari: ma la maggior parte dei testimoni lo ha smentito. Fra gli altri, anche lo stesso graduato di truppa, il caporal maggiore Giuseppe Mancini, finito sul banco degli imputati accanto al suo superiore: il Mancini, dopo averlo sempre negato in istruttoria, ha ammesso oggi di avere obbedito all'ordine e di avere legato ad un albero nel cortile della Cecchignola il soldato punito. Non solo: ma ha anche aggiunto che il capitano, sino a quando non venne arrestato, lo avrebbe indotto a sostenere la versione che soltanto ora ha modificato. L'episodio che ha dato origine al processo avvenne il 3 giugno scorso mentre il reggimento d'artiglieria a cavallo « Voloire » stava per rientrare a Milano dopo aver partecipato, a Roma, alla rivista per la festa della Repubblica. L'artigliere Capasso fu punito per una mancanza disciplinare: non aveva consegnato entro il tempo prestabilito la divisa da parata che aveva indossato per la sfilata del 2 giugno. La punizione fu resa di pubblica ragione alla fine dello stesso mese di giugno da un quotidiano romano del pomeriggio che pubblicò la foto del Capasso legato ad un albero. Venne disposta una inchiesta conclusasi a luglio con l'arresto del capitano Grondona (e con l'incriminazione del graduato Giuseppe Mancini) per avere usato violenza contro un inferiore, un reato punito dal codice penale militare con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. E' stato dal Mancini che il Tribunale militare, presieduto dal gen. Falconi, ha cominciato oggi la sua indagine. Il graduato sinora aveva sempre respinto ogni addebito. « Debbo rettificare guanto ho detto in precedenza — ha spiegato ai giudici —: il cap. Grondona, la mattina del 3 giugno scorso, mi ordinò di legare ad un albero l'artigliere Luigi Capasso. Urlava come un ossesso: "Toglietemelo dai piedi, altrimenti lo ammazzo". Io pensando che l'ordine fosse legittimo obbedii: mi è stato insegnato che un soldato deve prima obbedire e poi discutere. Presi una fune per imballare il foraggio e accompagnai Capasso ad un albero in cortile. Ma non lo legai. Fu Capasso stesso che si legò dicendo: "Quando torno al reggimento gliela faccio vedere io al capitano " ». Presidente — Ma in istruttoria ha sempre negato. Perché? Imputato — Quando scoppiò lo scandalo, il capitano mi suggerì di dire che l'ordine era stato eseguito dal caporale di giornata Fettenella e di negare che ero stato io ad eseguirlo. E sino a Quando non venne arrestato, verso la metà di luglio, il cap. Grondona insistette perché io non modificassi questa versione. Subito dopo è stato interrogato il capitano, che durante l'interrogatorio del graduato, era stato fatto allontanare dall'aula. « Io non ho mai ordinato di legare l'artigliere ad un albero — ha insistito l'ufficiale —; ho soltanto disposto che fosse sistemato in un luogo qualsiasi del cortile lontano dal reparto che stava preparandosi a partire. E sono convinto di avere dato comunque questo ordine al caporale di giornata Pettenella ». Presidente — Perché lei punì l'artigliere? Capitano — Luciano Capasso non aveva restituito la divisa da parata e per vari precedenti lo consideravo un elemento poco raccomanda¬ bile. Durante la rivista aveva assunto un atteggiamento sconveniente in prossimità della bandiera e lo avevo punito. L'ultima infrazione mi aveva esasperato. E fu per questo che ordinai di sistemarlo vicino ad un albero e avvertii il caporale di stare attento che non si allontanasse. Ma escludo di avere detto che doveva essere legato. Luciano Capasso, invece, ha insistito nella sua versione: il capitano lo punì e ordinò al caporal maggiore Mancini di legarlo ad un albero: « Giunse l'ora del rancio — ha spiegato l'artigliere che sta completando il servizio di leva — e il capitano stabilì che potessi andare a mangiare, ma dispose anche che tornassi ad essere legato. Ed in questa posizione ri¬ masi sino alle 4 del pomeriggio, dopo che due soldati della Compagnia Atleti mi avevano scattato delle foto ». I testimoni che sono stati successivamente interrogati dal Tribunale sino a tarda sera hanno confermato sostanzialmente questa versione. Uno solo dei testi, il sergente maggiore Paolo De Marziali, che durante la per¬ manenza a Roma della batteria aveva l'incarico di magazziniere, non ha escluso che il 3 giugno il compito di caporale di giornata fosse svolto da Pettenella anziché dal Mancini. « Anche se — ha precisato — sull'ordine di servizio figurava il nome di Giuseppe Mancini ». Domani la discussione e in serata la sentenza. Guido Guidi

Luoghi citati: Milano, Roma