L'agonia di Salazar paralizza il Portogallo di Sandro Viola

L'agonia di Salazar paralizza il Portogallo L'agonia di Salazar paralizza il Portogallo Un famoso neurologo americano a Lisbona per un con« sulto - Il dittatore è incosciente - Silenzio e incertezza nella capitale mentre si profila la lotta per la successione (Dal nostro Inviato speciale) Lisbona, 18 settembre. Saiazar si dibatte tra la vita e la morte. Il bollettino emesso dai medici ieri notte parlava d'un miglioramento delle' condizioni cardio-vascolari, e stamane alle 10 è giunto alla Clinica de la Cruz Vermelha, direttamente dall'aeroporto, il neurologo americano Houston Merritt: questi sono segni di vita. Ma le voci che filtrano dal sesto piano (paralisi del lato destro, stato d'incoscienza), e i. visi gravi, scuri, dei personaggi del regime che si avvicendano nell'atrio della clinica, sono segni di morte. Lisbona è intanto priva di reazioni, immersa in un'apatia che somiglia al letargo. Nessuno parla del «dopo Saiazar». Non si parla neppure nei caffè del Chado e del Rossio, i luoghi di ritrovo della borghesia liberale, dove Saiazar aveva sempre tollerato (limitandosi a infittire le reti dei confidenti della polizia, i «bufos») che si raccontassero le storielle contro il regime e si facesse qualche critica. Dopo aver detto per anni che il futuro del Portogallo, un futuro migliore del presente, era legato all'evento biologico della morte di Saiazar, gli « avocados > e gli intellettuali sembrano spaventati che l'evento sia ormai, così vicino. Lo stesso sta avvenendo all'apice del regime. Dalla riunione di ieri del Consiglio di Stato non è scaturita, il che potrebbe essere ancora comprensibile, la designazione di un successore. Ma a quel che risulta non sono emerse neppure delle indicazioni, non si è minimamente profilata una scelta, anzi la discussione non è mai uscita dal generico. E' come se questi uomini anziani, vestiti di scuro, dall'aspetto solenne, avessero paura di fare un gesto, muovere un passo o dire qualcosa che un Salazar miracolosamente guarito potrebbe loro, più tardi, rimproverare. Come avevamo scritto ieri, nel Consiglio di Stato siedono almeno tre dei successori più probabili: Marcelo Caetano, Antunes Varela, Santos Costa. Caetano, Varela e Costa sono stati ieri, nelle due ore di consiglio, i più silenziosi e schivi. Il fatto è che ciò cui s'assiste oggi in Portogallo non si presta tanto all'analisi politica quanto a quella psico-sociologica. Cosa può accadere ad un Paese la cui vita politica si ferma per quarant'anni? Come riprendere il filo di certi discorsi, ritrovare un certo linguaggio, pensare di nuovo possibili certe azioni che per tanto tempo sono state tabù? Come guardare alla realtà dopo che la realtà è stata vista e definita per quattro decenni da un solo sguardo, quello del capo del governo? «/ Paesi felici*, aveva detto un giorno Antonio Oliveira de Saiazar, « non hanno storia ». Saiazar si riferiva al Portogallo, e certo esagerava perché è difficile, molto difficile, poter definire il Portogallo un Paese felice. Il trentacinque per cento della popolazione è analfabeta, il reddito annuale prò capite è di centoquarantacinquemila lire, forse il più basso d'Europa. Ma li dove aveva ragione era quelraffermare che il Portogallo non ha avuto in questi decenni, e non ha ora, « storia ». La sua storia è ferma a quel giorno del 1929 in cui i militari al potere, incapaci di venire a capo della crisi economica che minacciava il Paese, richiamarono a Lisbona il giovane professore dell'Università di Coimbra Oliveira Saiazar. Saiazar era già stato al go¬ verno, per qualche mese, due anni prima; ma i militari avevano cercato di limitarne l'operato, e lui s'era dimesso tornando alla sua cattedra. Nel maggio del '29 giunse un'altra volta a Lisbona. Portava le stesse due valigie con cui due anni prima era passato dal seminario dei gesuiti a una camera d'affitto nei pressi dell'Università di Coimbra. Qualche vestito scuro, e i suoi libri. De Maistre, La Tour du Pin, Maurras: la grande tradizione della « destra » francese. « Noi non chiediamo molto », scrisse pochi anni dopo gettando le basi àcW'estado novo: < Nazione e senso iella patria; famiglia; virtù; autorità e gerarchia ». Si comincia cosi, poi, più vecchi, quando le idee si fanno più incerte, le energie diminuiscono, si finisce col governare coinè aveva governato in questi ultimi anni Saiazar. Pochissimi Consigli dei ministri, rarissimi incontri con i responsabili dei dicasteri, solo, ogni mattina, un incontro a quattro: lui, il ministro degli Interni, il direttore della polizia politica -Silva Pais e il capo dei Serviqos de censura Gomes Mata. Autorità, gerarchia. « Nulla ci obbliga a credere », scrisse un'altra volta, « che l'origine del potere sia nelle masse, che i governi debbano essere opera della moltitudine e non d'una élite ». Questo senso aristocratico e illiberale del potere è stato la guida dello statista Saiazar. Ma per capire meglio come è stato retto il Portogallo in questi quarant'anni, bisogna tener presente qualche altro elemento della sua personalità. Gli anni della formazione (il seminario dei Gesuiti, dove prende gli ordini minori), le abitudini di vita (niente fumo, niente alcool, i pasti a base di uova), la misoginia. Erano questi gli elementi che influivano sulla sua visione del mondo, una visione apocalittica, paurosa, in cui tutto gli sembrava andare verso l'abisso, mentre nessuno,, o quasi nessuno, credeva più alle cose in cui credeva lui: la missione civilizzatrice dell'Occidente in un universo barbaro, il Portogallo ultima diga contro l'ateismo e il comunismo, le élites, l'autorità. Una visione non molto condivisa dai suoi compatrioti, tanto è vero che in quarant'anni la polizia arresta sessantamila persone per reati d'opinione. Il corpo del Portogallo (istituzioni, uomini, vita associata) appare oggi come atrofizzato. Solo il bollettino medico certificante la morte del vecchio statista, dicono gli osservatori, potrà avviare un discorso concreto sul « dopo Saiazar». Quel che si può fare, intanto, è l'elenco delle forze che cercheranno di influenzare, magari di determinare, la successione. Un elenco e non una topografia, perché quarant'anni di paralisi politica rendono assai difficile intravedere lo schieramento dei gruppi, le convergenze, le rivalità. C'è la Chiesa, che qui è assai potente, il cui candidato è, a quanto si dice, l'ex ministro della Giustizia, Antunes Varela. C'è il grande capitale (le banche e la Cuf, il maggiore monopolio portoghese), che parrebbe disposto ad appoggiare sia l'attuale ministro degli Esteri, Franco Nogueira, sia il rettore di Coimbra, Marcelo Caetano. Il non largo ma influente gruppo dei tecnici e dei dirigenti d'industria avrebbe un suo candidato in Adriano Moreira. La polizia e il settore più a destra dell'esercito sostengono il nerale Santos Costa, che ncl 1940 creò la Pide, la polizia politica. Una soluzione di compro messo di cui si parla parecchio è una specie di triumvirato Varela-Moreira-Nogucira. Una cosa certa è che qualsiasi decisione dovrà essere presa con l'accordo dei due uomini più attenti, energici ed ambiziosi dell'esercito, il capo di stato maggiore delle tre armi, generale Vicente Deslandes, e il generale Kaulza De Arriaga. L'opposizione, invece, non farà sentire la sua voce. I suoi capi sono o in prigione o al domicilio coatto nelle isole di fronte all'Africa. Sandro Viola