Una novità di Malipiero chiude il Festival veneziano

Una novità di Malipiero chiude il Festival veneziano Una novità di Malipiero chiude il Festival veneziano E' un poetico e commosso omaggio a Venezia - Musiche di Sylvano Bussotti su testi del professor Braibanti condannato per «plagio» a (Nostro servizio particolare) Venezia, 14 settembre. (g. pi.) Nove prime esecuzioni assolute, più la ripresa di un lavoro segnalato al premio Marzotto, figurano nel consuntivo dell'ultima, densa giornata del Festival f> musicale veneziano. S'è incominciato nel pomeriggio, alla Sala Apollinea, ove il maestro Giampiero Taverna, alla testa di un animoso gruppetto di strumentisti dell'orchestra d'ella Fenice, insieme con alauni cosmopoliti cantanti e don la cembalista De Robertts, ha presentato d'infilata tne lavori, facilmente acconaunabili sotto il denominatolre di un astrattismo alquanto! di maniera; il Berlin 31 dq\ padovano Francesco Carraio, il Fossile del siciliano Francesco Permisi, l'Improvvisazione III del romano Fausto .Razzi. Una polemica eco di recenti vicende giudiziarie risuonava quindi, a chiusura del pomeriggio, in due pagine pplifoniche dell'irrequieto SyIvano Bussotti: non solo per , l'utilizzazione di testi letterari del professor Aldo Bralbjinti, condannato per reato di « plagio » ai danni di due allievi, ma ancora per le esplicite, pesanti accuse mosse dal Bussotti, nelle sue note di presentazione stampate sul programma, all'operato della magistratura. I due lavori, dal rispettivo titolo de La curva dell'amore e di Rar'ancora, si affiancano a quel madrigale Ancora odono i colli che suscitò l'anno scorso, nella medesima sede veneziana, sorpresa e ammirata attenzione. Ad onta della dichiarazione, avanzata dallo stesso autore, di essersi spinto «oltre l'illecito» i nuovi « madrigali » — che ai testi del Braibanti altri ne uniscono, in pittoresca commistione, di D'Annunzio, di Baudelaire, di Jacopone — se ripetono gli spericolati cimenti dei CoZZi, insieme se ne distaccano per un più vissuto, cosciente e rarefatto lirismo. Magnifica l'esecuzione del sestetto italiano « Luca Marenzio ». Spente appena le luci della Sala Apollinea, si accendevano quelle del Teatro La Fenice, per ospitare il concerto di chiusura, affidato all'orche¬ stra della Fenice, sotto la guida del suo direttore stabile Ettore Gracis. E l'attenzione convergeva sull'ultimo, nuovissimo lavoro di G. Francesco Malipiero, ottantaseienne ed unico superstite dell'operosa « generazione degli ottanta »; un'antica poesia popolaresca veneziana, dedicata all'« Aredodese » — cioè alla fiabesca figura della befana — ha suggerito a Malipiero una commossa rapso dia in lode di Venezia, con il simultaneo concorso dell'orchestra, di un piccolo coro, di una voce recitante. Ma l'esecuzione di stasera, forse trop po frettolosamente allestita sfiorava appena il mondo se greto della poesia di Mali Piero e ne mortificava i contrasti. I lineamenti della ricerca caratterizzavano le pagine di tre compositori milanesi accolti nel concerto di chiusura: Armando Gentilucci Niccolò Castiglioni e Giorgio Gasimi. Infine, il lavoro del germanico Rolf Riehm che, segnalato ed eseguito a Val dagno, costituisce una scena dall'opera Leonce und lene su testo di Buchner.

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