Intervista col "prete ribelle,, peruviano che ispirò i guerriglieri del Sud America di Francesco Rosso

Intervista col "prete ribelle,, peruviano che ispirò i guerriglieri del Sud America UN CONI IN ENI E CATTOLICO SCONVOLTO BALL'INGIUSTIZIA SOCIALE Intervista col "prete ribelle,, peruviano che ispirò i guerriglieri del Sud America Salomon Bolo Hidalgo vive a Lima, in un quartiere di lusso • Sospeso « a divinis » cinque anni fa, continua ad indossare la tonaca, accanto a sé tiene una foto con dedica di Pio XII e un'altra di Mao - E' in contrasto con i comunisti « ufficiali » del suo Paese, ma afferma che crede nel marxismo - Ora molti amici lo hanno abbandonato - Un parroco dice di lui: «Vuol essere prete, politicante e guerrigliero nello stesso tempo» - Ma il malessere è realmente molto diffuso - Mi esortano: «Vada nella nostra Sierra, veda come vivono i contadini sfruttati come schiavi e abbrutiti dalla coca» (Dal nostro Inviato speciale) Lima, 13 settembre. Il prete ribelle del Sud America, Salomon Bolo Hidalgo, abita in un Quartiere residenziale dì Lima. Mi riceve cordialmente, come ci conoscessimo da anni. Come devo chiamarlo, don Bolo o semplicemente signor Bolo? E' stato sospeso a divinis da oltre cinque anni per la sua attività marxista e per i contatti coi guerriglieri peruviani, ma continua a indossare la tonaca. « Sono stato ordinato prete, dice, e prete rimango ». Fra un ritratto con dedica di Pio XII e un Sacro Cuore, tiene appese alle pareti del salottino le sue fotografie in abito talare accanto a Mao Tse-tung, Fidel Castro, Che Guevara, gerarchi russi, polacchi, ungheresi. Don Bolo Hidalgo ha visitato quasi tutti i Paesi comunisti con la missione, dice, di armonizzare marxismo e cristianesimo. Pur con molta confusione, è stato il precursore dei movimenti clericali ribelli dell'America Latina, anticipando le posizioni estremiste assunte poi da Camilo Torres in Colombia. Non partecipò direttamente alla guerriglia peruviana, ma fu strettamente legato al capo guerrigliero Hugo Bianco finché costui non fu arrestato, eppoi con gli altri comandanti che lo sostituirono fino alla sconfitta definitiva della guerriglia. ■ Gli domando quali sono, a parer suo, le cause della disfatta dei guerriglieri peruviani. « Hanno commesso due gravi errori, risponde, il primo, fu di non aver cercato l'appoggio delle popolazioni, non averle informate sulla causa per la quale combattevano. Il secondo errore, per me il più grave, fu di proclamarsi comunisti in un Paese come il Perù, cattolico fino alla superstizione. In Perù, i comunisti non hanno prestigio, sono considerati sleali, traditori dei movimenti rivoluzionari ». Il suo anticomunismo è recente, ma solo nei confronti del pc peruviano: l'internazionale marxista gode ancora le sue simpatie.-Fondatore del Fin, dirige un periodico che ha la stessa testata, col quale si scaglia contro il governo, l'imperialismo americano, l'alta gerarchia ecclesiastica ed i comunisti locali, dai quali sì è staccato. Oggi, in Perù ci sono due Fin, quello di Bolo Hidalgo e quello di Jorge Prado, che rappresenta il comunismo ufficiale. Bolo Hidalgo afferma che la sua frazione è la più forte. « Se ci presenteremo alle elezioni, dice, potremo contare su centomila voti ». Mentre conversiamo, entra nel salotto un'esplosiva ragazza mulatta: don Bolo Hidalgo, con malcelato imbarazzo, me la presenta come sua sorella. Più traffichina di lui, la bruna « sorella » mi rifila per cinquanta soles un libro che ne vale quindici. « E' esaurito », dice. Saluto don Bolo Hidalgo e vado a trovare i suoi avversari. Genaro Garnero Checa mi riceve a casa sua: ha sulle spalle non so quante condanne ed anni di galera, fu stretto amico del prete ribelle col quale viaggiò in Cina, Russia e Cuba. Ora si detestano. « Bolo Hidalgo è un prodotto tipico del sottosviluppo, mi dice. E' stato travolto dall'ambizione: prima gridava comunisti miei fratelli, ora ci chiama traditori. E' il franco tiratore dei capitalisti che lo sfruttano a loro vantaggio ». Le polemiche fra ex amici non mi convincono, e vado a cercare fonti più imparziali. Padre Julidn Salvador, parroco a Nostra Signora della Vittoria, mi sembra l'uomo più adatto. E' stato ideatore e coordinatore del movimento sacerdotale considerato di ribellione alla gerarchia ecclesiastica, e della « dichiarazione di CineguiIla », dal luogo in cui fu redatta, firmata da 35 sacerdoti peruviani e sostenuta da 150 preti di Ungila inglese, che è diventata il manifesto del clero estremista sudamericano. Il documento di Cineguilla non è soltanto una denuncia dell'inazione governativa, dei latifondisti senza scrupoli, ma un'accusa esplicita all'alta gerarchia ecclesiastica che rimane passiva dinanzi a quanto accade in Sud America. Milleventisei latifondisti, afferma il documento, posseggono oltre undici milioni e mezzo di ettari di fertili terre peruviane, ciascuno di loro ha un latifondo che supera i dieci mila ettari, mentre settecentomila piccoli proprietari dispongono di un ettaro e mezzo ciascuno. « Non si può continuare in simili condizioni, la miseria grida da tutte le parti, e la Chiesa non può rimanere sorda, — mi dice. — Col documento di Cineguilla, noi affermiamo che la Chiesa ha l'obbligo morale di contribuire allo sviluppo sociale del Perù. Umili preti ed alte gerarchie ecclesiastiche devono vedere in questa impresa l'essenza del loro ministero cristiano, ma non solo predicando la giustizia sociale. Esiste una teoria della violenza contro le ingiustizie, che è un diritto naturale degli uomini, ed è anche la dottrina tradizionale della Chiesa. Una evoluzione lenta non è più pensabile, in America Latina ci sono elementi di pressione tali che non si può attendere più a lungo ». Ma. secondo lei. la violenza è lecita o illecita? «Teoricamente, penso che una certa forma di violenza debba essere accettata ». Non c'è pericolo che una ribellione violenta provocata dai cattolici sia poi strumentalizzata dai comunisti? « Il pericolo esiste, i comunisti sono poco numerosi, ma bene organizzati e con aiuti finanziari stranieri cospicui: però la Chiesa può opporre il suo prestigio spirituale, la sua forza storica per vincere. Anzi, il pericolo che i comunisti si inseriscano nel movimento di redenzione cristiana, diminuirà sempre più se la Chiesa si occuperà davvero dei poveri. Ed una via di violenza con possibilità di impiantare un ordine sociale più giusto, penso che avrebbe l'appoggio di vasti circoli della Chiesa ». Parliamo del clero sudamericano, soprattutto dei parroci di campagna. « E' una triste piaga, dice. Ci sono preti con mogli e figli, preti che si ubriacano, che del loro ministero fanno una professione lucrativa: ma la colpa non deve ricadere soltanto su di loro, sono responsabili la società, che li vuole così, e la Chiesa, che non li ha preparati convenientemente. Il falso orientamento che la Chiesa sudamericana dà al clero è alla base di tanta decadenza morale: il basso clero, quindi, è una vittima delle attuali strutture ecclesiastiche ». Salomon Bolo Hidalgo entra fatalmente nella conversazione: pur con tutte le sue eccentricità, sregolatezze, op¬ portunismi, egli è stato il primo sacerdote del Sud America a ribellarsi all'alta gerarchia ecclesiastica. « Secondo me, dice padre Salvador, l'errore commesso da Bolo Hidalgo è stato di voler essere prete, politicante e guerrigliero allo stesso tempo. Camilo Torres chiese al suo vescovo la dispensa dalla missione sacerdotale per dedicarsi alla politica e si dimostrò coerente con se stesso. Non si può impugnare contemporaneamente mitra e crocifisso ». Che pensa di Camilo Torres? « Lo comprendo ed approvo fino al momento in cui smise l'abito talare per incitare gli oppressi alla ribellione: non più quando si fece guerrigliero ». Gli riferisco la frase dettami dal comunista Garnero Checa. « Che Guevara è ecumenico, l'esaltatore della guerriglia come condizione di vita. Camilo Torres è il personaggio che può incendiare l'America Latina. Ca¬ milo è bontà e sacrificio. Che Guevara il guerrigliero in servizio permanente. In questo continente cattolico, è più facile accostarsi a Camilo che all'epopea romantica del Che ». Padre Salvador medita un istante e dice: « In quella frase c'è del vero. Se vuole avere un'idea di cosa sia il Perù, e di quanto possa essere esplosiva la situazione, vada nella Sierra, dove l'età media non raggiunge i vent'anni. Veda come vivono i contadini sfruttati come schiavi, abbrutiti dalla coca, dalla chicha, dall'alcool di canna, alimenti che li distruggono, ma gli tolgono la tortura della fame. Parli coi gesuiti di Cuzco, col vescovo di Puno: le racconteranno qual è l'esistenza di quella gento che sa già chi sia Camilo Torres ed attende dai suoi parroci, dai suoi vescovi, un gesto che gli indichi la via per un'esistenza meno disumana ». Francesco Rosso