Le belle armature del nostro Quattrocento

Le belle armature del nostro Quattrocento OPERE D'ARTE E OGGETTI «FUÌVZJ01VAIJ» Le belle armature del nostro Quattrocento «Non po' essere bellcza e utilità, come si vede nelle forare e negli huomini»: così Leonardo, cogliendo con fulgida intuizione il difetto dell'aggregata formula vitruviana, e ponendo per primo il problema, ancora tutt'altro che chiarito, del rapporto tra forma e funzione, che pesa soprattutto per l'architettura. Sia l'estetismo che il funzionalismo, separando i termini e attribuendo valore determinante all'uno od all'altro, impediscono una soluzione che può trovarsi solo nella distinzione e dialettica delle componenti entro al processo produttivo. Ma la separazione conduce anche — con l'adozione di classificazioni come arte applicata, minore, industriale, decorativa e simili — a stabilire nelle produzioni in termini formali delle gerarchie o delle esclusioni, dalle quali derivano divieti alla comprensione, fraintendimenti ed equivoci, ed anche vere e proprie deformazioni storiche, come avviene per tutta l'arte astratta prodotta nell'antichità e nel medioevo, e inosservata perché si tratta di litostrati, musaici, stoffe, vetri, fregi, « decorazioni ». Perciò è da salutare con fervore ogni indagine e lavoro che sia rivolto alle cosiddette arti applicate. Piace segnalare il monumentale volume, ricchissimo di nuova e rivelatrice documentazione archiviale e fotografica, di L. G. Boccia ed E. T. Coelho (L'arte dell'armatura in Italia, Milano, Bramante Ed., 1967), due specialisti di sicura competenza. La problematica storico-funzionale dell'armatura è peculiare, così la terminologia tecnica che però alla lettura aumenta o ravviva la nostra capacità linguistica: ginocchiello, stincaletto, bacinetto, baviera, barbotto, fibbiaglio, paaziera, e centinaia d'altri termini. Questa assorbita, la nomenclatura fa posto a un'esperienza d'eccezione, specialmente per il periodo tra la fine del '300 e il '400 in cui domina la nuda armatura bianca d'acciaio. E' singolare che la costruzione ed articolazione funzionale dell'oggetto si mantiene sino al suo tramonto, con una continuità analoga a quella di edifici d'utilità. Ciò che invece varia, sopra la specializzazione, è il fattore formale, per cui giustamente gli autori parlano di « fantastica opera di scultura ». Le preferenze per le armature in Piero della Francesca, in Paolo Uccello, in Laurana sono state talora indicate, e qualcuno ne ha anche avvertito le ragioni, da cercare nelle forme o volumi « puri », coerenti alle altre riduzioni « cristalline » della visione. Ora la cronologia accertata delle armature autorizza a ritenere che esse costituiscono dei precedenti, cioè sono da porre tra le esperienze determinanti di alcuni artisti del '400, i quali (e non sarà la prima, né l'ultima volta) identificarono bene i risultati di scultura architettonica che « artigiani »: gli armaioli, avevano elaborato originalmente, e innovando rispetto a gusti e forme del loro tempo. Per portare uno strumento bellico a non obbedire all'anatomia per essere un automa meccanico corazzato mosso dal corpo umano, occorreva sot toporlo a una disciplina unita ria e totale di carattere piasti co, che avesse la compattezza continua e impenetrabile e la nitida sintesi di un edificio. Perciò dal secolo XVI pochi veri capolavori, come la corazza a punte di diamante di Francesco Maria I di Urbino od alcune a tessuto. Salvo eccezioni, le armature ornate, da parata o spettacolo, all'antica, che giungono al '700, se aumentano talora flessibilità e duttilità, malgrado l'opera profusa degl'incisori e sbalzatori il lusso ostentato, non hanno il significato e il valore dell'armatura bianca. Un recupero di artisti grande: dai maestri con iniziali del '3-400 alla dinastia dei Missaglia milanesi, ai Corio, ad Antonio della Croce, a Pier Innocenzo da Faerno, Francesco da Merate, Nicolò Silva, e una schiera d'altri. Forme d'arte ignote e di straordinaria fantasia e rigore, che è necessario inserire, per arricchirla, nella storia delle arti « maggiori ». Anche per mettere al loro posto la pleiade di mezze figure, professionisti o mestieranti, che occupano con esclusività la « storia dell'arte » per troppo amorosi, sproporzionati, immeritati e spesso non disinteressati studi. Carlo L. Ragghianti

Persone citate: Bramante, Carlo L. Ragghianti, Faerno, Laurana, Nicolò Silva, Paolo Uccello, Pier Innocenzo, Piero Della Francesca, T. Coelho

Luoghi citati: Italia, Merate, Milano