"Qui nel Biafra la gente muore come le foglie cadono dagli alberi"

"Qui nel Biafra la gente muore come le foglie cadono dagli alberi" Il nostro inviato nella terra più disperata e tragica del mondo "Qui nel Biafra la gente muore come le foglie cadono dagli alberi" Se una donna cammina con passo stanco e lento lungo un sentiero, e sul capo ha un cesto di vimini, ho già capito: porta il figlio morto ■ Quante sono le vittime, ogni giorno? - Un conto è impossibile, non c'è statistica, non c'è anagrafe, non c'è cimitero - C'è soltanto la sofferenza, la fame, la rassegnazione - Come sono arrivato, in volo, dall'Italia: volevo controllare la consegna degli aiuti inviati dai lettori de « La Stampa » - Un ponte aereo assicura, al di sopra delle foreste invalicabili, un minimo di viveri e medicine - Ma ogni volo è un'avventura - Le artiglierie nigeriane non danno tregua - Una pista nella giungla sotto la calda pioggia dei tropici - Villaggi spenti e silenziosi nella notte, qua e là s'ode il passo delle sentinelle - Quando viene il giorno, dalla porta delle capanne si intravedono i cadaveri che aspettano d'essere portati via Le offerte del lettori per 11 Biafra sono state consegnate a Roma alla « Caritas Internatlonalls », che acquista viveri e medicinali e 11. trasporta nella sventurata regione con aerei propri o presi a nolo. Un nostro redattore, Luciano Curino, è salito su uno di questi apparecchi ed è giunto nel Biafra con un volo avventuroso. Pubbli, chiamo da oggi la sua testimonianza sull'opera di soccorso e sugli orrori del popolo Ibo, che viene lèntamente distrutto dalla guerra e dalla fame. (Dal nostro inviato speciale) Owèrri (Biafra), settembre. Sono nel Biafra da poche ore ed ecco le prime cose che ho imparato. Se al margine di un sentiero nella foresta vedo larghe foglie di banano disposte con un certo ordine, so che coprono un cadavere, quasi sempre di un bimbo morto di fame. Se vedo una donna andare con aspetto tragico e tenendo in bilico sul capo un cesto di vimini o una vecchia latta, so che nel cesto o nella latta c'è il cadavere del figlio, morto di fame. Mi dicono che seimila bambini muoiono ogni giorno di fame nel Biafra. E' una cifra che non posso controllare. Qui non c'è anagrafe, non c'è ufficio di statistica, non c'è niente. La gente muore come le foglie cadono dagli alberi. Un altro dato che non si può accertare è questo: quanti sono gli ibo — i biafranì — salvati dalla solidarietà internazionale. Ma parecchie migliaia, certamente, sono vivi per il cibo e per i medicinali portati qui da un « ponte aereo», che è una delle avventure più belle ed audaci del secolo. I lettori de « La Stampa » hanno partecipato a questa impresa con oltre 67 milioni. Il nostro giornale ha sempre fatto giungere direttamente gli aiuti delle sottoscrizioni. In questo caso non era possibile, poiché il Biafra è circondato dal nemico. Abbiamo consegnato il denaro alla « Caritas Internationalis », che ha organizzato una rete clandestina di soccorsi. Monsignor Carlo Bayer, segretario generale della « Caritas », ci ha detto: « '"'enite a vedere come usiamo il denaro delle offerte ». Con i primi 60 milioni della nostra sottoscrizione la «Caritas» ha noleggiato un «Boeing 707» carico di 34 tonnellate di viveri e di farmaci. Su questo aereo sono partito venerdì da Fiumicino. Avevano tolto le poltroncine per fare posto al carico. Mi ha detto monsignor Bayer: «Andiamo a Sao Tome, isola portoghese a seicento chilometri dal Biafra. Là è la nostra base, là parte il ponte aereo. Generalmente mandiamo a Sao Tome i soccorsi via mare, perché costa di meno. Ma occorre una settimana e anche più. Questa volta andiamo con il " Boeing " perché portiamo cose di cui c'è estrema urgenza ». Era- vamo seduti su scatoloni di « omogeneizzati ». Altri pacchi e scatole contenevano prodotti superproteinici e polivitaminici, fiale e pillole. Al lato della pista dell'aeroporto dì Sao Tome c'erano 10 aerei: erano quadrimotori «DC 7» e «DC 5». Mi ha detto mons. Bayer: « Due li ha acquistati la " Caritas " per questo lavoro. Altri li noleggia. Altri ancora sono affittati dalla Chiesa protestante. Lavoriamo assieme, protestanti e cattolici. Gli aiuti che arrivano da tutta Europa finiscono nello stesso magazzino, partono per il Biafra con lo stesso aereo ». Gli aerei decollano al crepuscolo per sorvolare il territorio occupato dai nigeriani di notte, e avere più probabilità di sfuggire al tiri dell'antiaerea e ai caccia « Mig » pilotati da egiziani. Qualche aereo ritorna sforacchiato da schegge o pallottole, uno della Croce Rossa è stato abbattuto. « Di tanto in tanto cambiamo rotta e per qualche notte voliamo tranquilli, ma poi ci scoprono e sparano » mi ha detto il capitano von Rosen, pilota svedese. Egli è venuto a Sao Tome con un volo «charter» la primavera scorsa. Allora c'era soltanto mister Warton, avventuriero americano, che assicurava voli clandestini sul Biafra con il suo «Superconstellatlon» chiamato «Grey ghost», fantasma grigio, e con altri due vecchi aerei. Trasportava quello che capitava: viveri o armi. Soltanto lui sa quello che ha guadagnato. Mi ha detto von Rosen: «Quando sono arrivato, gli equipaggi di Warton erano giù di morale. Non volevano partire. "Là ci sparano — dicevano. — Quelli hanno il radar". Ho fatto due voli nel Biafra, uno di giorno e uno di notte, e ho creduto di poter continuare». Ha continuato, ha fatto venire altri equipaggi scandinavi, che si sono messi a disposizione della « Caritas ». E' nato così questo ponte aereo, che fino a ieri ha compiuto 170 voli, trasportando 1800 tonnellate di viveri e medicinali. , «Monsignor Bayer, quanto costa un volo da Sao Tome al Biafra?». «Quasi tre milioni di lire. La cifra comprende benzina, noleggio dell'aereo, uso del campo, la paga dell'equipaggio ». L'equipaggio è composto da tre persone: il comandante riceve 130 mila lire per volo, il secondo pilota sulle centomila e la stessa cifra l'ufficiale di rotta. Certamente, sono molti soldi. Ma ogni notte questi uomini rischiano la vita. «La paga è buona — mi ha detto monsignor Bayer —. Eppure ci mancano almeno due equipaggi, non riusciamo a trovarli ». Mi diceva queste cose monsignor Bayer ieri, all'aeroporto di Sao Tome, mentre imbruniva e sì stavano caricando gli aerei. Dieci, dodici tonnellate su ogni apparecchio. Era cibo ed erano medicine. Sono salito su un «DC7» colmo di pesce secco, «omogeneizzati», sacchi di sale, scatoloni di industrie farmaceutiche. Pilota era il capitano Axel Dutch, danese, alto e biondo. « Voleremo a luci spente — mi ha detto — Meglio non fumare, non accendere fiammiferi». Pioveva con raffiche rabbiose — è la stagione delle piogge — l'aereo sussultava. Le sole luci erano quelle rosse e verdi del quadro dì bordo, che illuminavano vagamente le facce dei piloti. Erano facce tese, gli occhi scrutavano la notte, nessuno parlava, come se tutti temessero che anche un bisbiglio potesse tradirli e scatenare l'antiaerea appostata sotto di loro. Ma l'aereo faceva un rumore d'inferno. Certo che ci sentivano, là sotto. E hanno sparato. Qualche globo arancione di « shrapnels » è avvampato, ma distante e basso. Pensavo: « Il capitano Dutch stanotte guadagna duecento dollari, ma non ci sono dollari al mondo che valgono queste due ore. Ami. quattro ore, perché bisogna contare anche il tempo del ritorno ». Siamo atterrati a UH. E' niente più che una strada asfaltata che attraversa la foresta. L'hanno allargata un poco per rendere possibile l'atterraggio ai quadrimotori. E' segnata ai lati da due file di luci gialle, che vengono accese soltanto quando il rumore dell'aereo è fortissimo. Già, ma come si fa a sapere se il rombo è quello di un «DC 7» della «Caritas» oppure quello di un « Ilyushin » nigeriano che viene per bombardare? Non sì può sapere, comunque bisogna rischiare. Già tre volte il nemico è venuto a bombardare questa pista, l'ha sempre sbagliata. Se riesce a colpirla, non arriva più niente in Biafra. Gli ibo difendono questo «aeroporto ». come la loro cosa più preziosa, di giorno lo coprono con i rami della foresta per nasconderlo alla ricerca aerea nigeriana. Ogni atterraggio a UH è un prodigio. Tra le ruote del quadrimotore e il bordo della strada-pista c'è poco più di un metro. Le ali sembrano sfiorare gli alberi. L'aereo frena pazzamente e si ferma al margine di una palude. Subito, venti ragazzi ibo accorrono per svuotarlo. Lavorano « a catena », trasbordano la merce su camion che hanno le luci spente o su delle macchine, che però sono senza benzina, e allora la benzina si fa scolare dal serbatoi dell'aereo. Bisogna fare presto a svuotare il « DC » per sgomberare la pista e lasciare il posto ad un altro apparecchio che già si sente arrivare. Non dimenticherò mai questa scena. I ragazzi ibo, al buio e flagellati dalla pioggia, che scaricavano freneticamente e con avidità. Mi chiedevo quante vite ognuno di quegli scatoloni, di quelle casse e di quei sacchi avrebbe salvato. E pensavo anche: questo avviene perché migliaia di persone hanno dato — forse nemmeno sapendo dove è il Biafra e perché combatte — sapendo soltanto che questo è un popolo che muore di fame. Era buio e nessuno parlava. Si sentiva soltanto il rumore della foresta: milioni di grilli, cavallette e rane. Sono arrivate, a fari spenti, delle auto e ho sentito dei gemiti. Erano macchine cariche di bambini: di pochi mesi o di pochissimi anni. Un groviglio di bimbi nudi. Distinguevo soltanto il bianco degli occhi: occhi sbarrati e colmi di sofferenza. Una suora è venuta con una torcia elettrica e per pochi istanti ha fatto luce. Lo spettacolo è stato atroce. I bimbi erano ischeletriti, braccia e gambe erano ossicini coperti di pelle aggrinzila, piagata. La suora li ha avvolti in una coperta e li ha portati all'aereo. Il capitano Dutch e i suoi due piloti sono venuti ad aiutarla. Ricordo Axel Dutch che correva con una bimba tra le braccia, curvo su di lei per ripararla dalla pioggia, e con infinita delicatezza l'ha posata sul pavimento del suo aereo e la bimba — cinque o sei mesi — gli aveva afferrato la mano, se l'era portata alla bocca, la mordeva e la succhiava. (Il giorno dopo ho visto altri bimbi mordere e succhiare quasi con rabbia il seno vuoto delle madri. Ne ho visto uno sotto un ibisco dai bei fiori: la madre era stesa sull'erba, lui cercava con furia una mammella, poi l'altra e si arrabbiava, piangeva, con dita scheletrite stringeva il seno, vi conficcava le unghie, ma la donna non reagiva. Era morta). Sull'aereo di Dutch hanno caricato venti bambini. L'aereo li ha portati a Sao Tome, in un centro di assistenza istituito ieri, finanziato per un mese dal governatore dell'isolai Mi aveva detto monsignor Bayer: « Il progetto è quello di portare a Sao Tome un centinaio di bambini. Per un mese provvederà il governatore. Poi toccherà alla "Caritas". La spesa per ogni bambino, tenendo conto del costo dei servizi, sarà di tre dollari al giorno. Chissà se in Europa vorranno aiutarci in quest'opera? ». Il «DC7» di Dutch è partito a luci spente. Un missionario irlandese, padre Devine, mi ha invitato ad andare con lui. C'era una trentina di chilometri per raggiungere la missione cattolica di Owerri. Cinque volte la nostra auto è stata fermata da posti di blocco e soldati ibo puntavano le armi. «Caritas» rispondeva padre Devine e i soldati gli sorridevano: «Passi, padre». Mi ha detto padre Devine: « Siamo a soli tredici miglia dal confine. C'è molto controllo, si temono le infiltrazioni dei nigeriani ». Continuava a piovere, non c'era una luce. Passavamo accanto a capanne e attraversavamo villaggi spenti e silenziosi. Sembrava che là tutti dormissero in pace. E' stato l'indomani, quando è venuto giorno, che ho visto la gente morta in quelle ca¬ panne e in quel villaggi. E donne che andavano tràgiche con una cesta di vimini o una vecchia latta in bilico sul capo. Luciano Curino I bimbi ischeletriti, le braccia e le gambe ridotte ad ossicini coperti da pelle aggrlnzlta e piagata. Questo è II terribile spettacolo che ha accolto II nostro inviato tra le misere baracche di Owerri, nel Biafra (Tel.) La linea indica la rotta degli aerei della < Caritas • che da Roma vanno In Biafra

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