Il bimbo è morto lentamente nel pozzo rinchiuso dall'amico che l'aveva visto cadere

Il bimbo è morto lentamente nel pozzo rinchiuso dall'amico che l'aveva visto cadere L'agghiacciante verità della tragedia di Asti Il bimbo è morto lentamente nel pozzo rinchiuso dall'amico che l'aveva visto cadere Straziante racconto del ragazzo torinese (9 anni) figlio delia proprietaria di una parte della cascina - Stava giocando con la vittima di tre anni Apre il pozzo rimuovendo le pietre che lo ricoprono - Poco dòpo il piccolo precipita; rimane illeso nell'acqua che gli arriva al petto, invoca aiuto cercando un appiglio nella parete liscia per risalire - Il compagno di giochi è terrorizzato, teme un rimprovero - Richiude la cisterna, torna sull'aia e non di&s niente - La lunga agonia del bambino - Il disperato pianto del padre scarcerato - Denunciata per omicidio colposo la madre del ragazzino (Dal nostro inviato speciale) Asti, 4 settembre. Ora si sa come e perché è morto Antonio Dicredico, il bimbo di tre anni che era scomparso domenica sera e che lunedì mattina è stato trovato annegato in un pozzo dietro casa sua, in frazione Valterza. Non c'è più mistero. Il padre, Vittorio Dicredico, 34 anni, che era stato fermato e incarcerato per forti sospetti, è innocente ed è stato rimesso in libertà. La. verità che è emersa è agghiacciante: un ragazzo di nove anni aveva aperto il pozzo rimuovendo le pietre che coprivano l'imboccatura. Lo stesso ragazzo poco dopo ha visto il bambino cadere, ha cercato inutilmente di afferrarlo poi, quando l'ha scorto annaspare nella poca acqua, con la testa fuori e le mani che cercavano di aggrapparsi alla parete del tubo di cemento, si è lasciato prendere dalla paura e ha rinchiuso l'apertura senza dir nulla a nessuno. Questo ragazzo è Giampiero Gaudenti, figlio della proprietaria di una parte della cascina e del pozzo, Delfina Quasso di 43 anni, moglie di Rino Gaudenti, operaio della Fiat. Giampiero ha compiuto i nove anni a luglio, è alto e robusto per la sua età; a Torino ha frequentato la terza elementare in una scuola di via Guido Reni. I coniugi Gaudenti hanno anche un altro figlio, Angelo, di dodici anni. La famiglia, quando la stagione lo consente, va a trascorrere la domenica nella vecchia casa, sul podere in cui i genitori di Delfina Quasso lavorarono per quarantanni. Nell'altra ala dell'edificio da qualche tempo si sono stabiliti i Dicredico che sono immigrati da Campobasso sette anni fa e sono ancora alla ricerca di una sistemazione che li liberi dalla minaccia della fame per le tante bocche dei figli. I bambini di Vittorio e Maria Dicredico sono sempre sparsi per l'aia dove razzolano come galline o vanno per la vigna a cercare un po' d'uva o un frutto. Prima della morte di Antonio erano sette; il più grandicello è ricoverato all'Istituto Michelerio, il più piccolo è nato martedì della scorsa settimana. Ecco la tragedia, come si può ricostruire sulla base del racconto fatto ai carabinieri, stamattina poco prima di mezzogiorno, da Giampiero Gaudenti. Nel pomeriggio di domenica i bambini giocano intorno alla casa a «nascondino ». Non è ben chiaro quanti siano, fra gli altri comunque ci sono anche Giampiero Gaudenti e Teresa Dicredico, sorella di Antonio. Teresa ha otto anni, attualmente è la maggiore dei figli e come tale aiuta anche la madre; in questi giorni l'abbiamo vista più volte portare in giro per l'aia, in braccio, il fratellino neonato. Dunque, domenica pomeriggio i bambini giocano. Ad un certo punto Giampiero e Teresa decidono di guardare dentro quel pozzo e si mettono a smuovere le pietre che coprono il foro. Queste pietre sono costituite da due pezzi di lastre di granito, forse un tempo usate come gradini, e da un pezzo di conglomerato di calcestruzzo sovrapposto ad esse. Quest'ultimo blocco è stato di recente spezzato in due, per cui ogni pezzo può avere all'incirca il peso di una dozzina di chili. I bambini aprono il foro e guardano dentro. Il pozzo è stato scavato circa un anno fa ed ha la funzione di disperdere lo scolaticcio che viene dal lavandino della famiglia Gaudenti. E' profondo circa quattro metri e contiene dai trenta ai quaranta centimetri d'acqua. I due bambini, dopo aver guardato dentro al buco, lo richiudono. Teresa se ne va, sua madre l'ha chiamata perché vada a comperare del vino per la cena. Resta Giampiero da solo. Decide di riaprire il pozzo. Quando ha finito di togliere l'ultimo pezzo di copertura, sente dal cortile che la, madre lo chiama. Va a farsi vedere, resta là qualche minuto, poi torna dietro la casa. A questo punto vede che vicino al pozzo c'è il piccolo Antonio. Gli dice: « Stai attento, perché puoi caderci dentro ». Il bambino ha tre anni, è pieno di curiosità, si avvicina al foro che è a filo di terra, si inginocchia, appoggia le manine sul bordo di mattoni e si china con la testa per guardare cosa c'è in quel buio. Il peso della testa sbilancia il corpo che si rovescia in avanti. Dice Giampiero Gaudenti: « Come l'ho visto cadere, mi sono gettato verso di lui per trattenerlo, stavo quasi per afferrare i piedini ». Il bimbo precipita a capofitto, ma riesce a raddrizzarsi. Giampiero si china a guardare nel pozzo, lo vede in piedi, con l'acqua al petto, le manine tese in alto che cercano di aggrapparsi a un appiglio che nella liscia parete non c'è. Un tragico momento e una tragica decisione. Se il ragazzo a questo punto si mettesse a urlare arriverebbero dal cortile suo padre o i contadini che abitano in una cascina attigua. Ma lo coglie la paura. Pensa che suo padre lo sgriderà per avere aperto il pozzo e causato la caduta di Antonio. Vede la faccia del bambino che guarda in sù verso la luce, verso di lui, verso la salvezza. Rimane ancora qualche attimo immobile, sente il bambino agitarsi e gridare. Poi decide di richiudere l'imboccatura, rimette le pietre al loro posto, torna sull'aia, non dice niente. Più tardi si scopre che Antonio manca, s'iniziano le ricerche, anche Giampiero vi partecipa con il padre e con tutti gli altri. Alle 21 i Gaudenti decidono di tornare a Torino perché il padre il mattino dopo deve andare al lavoro. Durante il viaggio parlano della scomparsa di Antonio, ma Giampiero è indifferente. Solo ad un certo punto dice: « Io l'ho visto una volta aggirarsi vicino al pozzo». Suo padre risponde: « Ma il pozzo è chiuso, è sempre stato chiuso, vero?». «Sì, sì», risponde lui. I giorni che seguono sono tutti uguali. In casa i genitori leggono i giornali, commentano i sospetti che gravano sul padre di Antonio e l'ipotesi che si fa sulla probabile apertura del pozzo da parte d'uno sconosciuto. Ma il ragazzo non parla, rimane indifferente, tutt'al più dice qualcosa che fa pensare che egli non sappia proprio nulla. Sì arriva a stamattina. La famiglia Gaudenti è convocata in casèrma come altre persone. Giunge anche il turno di Giampiero. Lo interroga il tenente Volpe alla presenza di suo padre. Il ragazzo incomincia a dire che non sa niente, poi racconta che giocavano a « nascondino » con Teresa, accenna vagamente alle pietre. Le domande incalzano sempre più precise e a poco a poco la verità viene fuori, senza una lacrima. E' il papà di Giampiero che scoppia in pianto. Anche la madre, che è fuori in una saletta d'attesa, quando sa la verità si mette a piangere; piangerà poi per tutto il giorno. Nel pomeriggio Giampiero Gaudenti è stato portato dai carabinieri alla cascina, gli si è fatta fare la ricostruzione di tutti i suoi movimenti di quel tragico momento: ha rimosso le pietre con una certa facilità, poi le ha rimesse a posto con cura e precisione, così come erano prima. Il procuratore della Repubblica dott. Paviglianiti, alle 18, non appena ha avuto dai carabinieri la comunicazione delle ultime risultanze delle indagini, si è recato personalmente in carcere a comunicare la notizia a Vittorio Dicredico e ad annunciargli che veniva rimesso in libertà. Il papà di Antonio è uscito dal carcere alle 18,40. Lo abbiamo riportato a casa noi, con l'auto. Piangeva, diceva: «Il figlio morto e anche l'accusa infamante di averlo ucciso. Che sventura, che sventura». Aveva la camicia stracciata in più punti: «Mi sono dibattuto tante volte — ha detto — perché loro continuavano a dire che ero stato io ad ucciderlo, e invece io mi sentivo sprofon-. dare di fronte a un'accusa simile, mentre il mio cuore era così pieno di dolore per il mio bambino». *jj Gli abbiamo chièsto come mai, quando aveva sentito dire « L'abbiamo trovato » era fuggito, suscitando con quel suo comportamento il sospetto che avesse una re sponsabilità. « Non sapevo neanch'io dove andavo, ero sconvolto, avevo passato tutta la notte a cercare invano mio figlio. Forse andavo verso un altro pozzo, dalla parte del bosco, dove pensavo che potessero averlo trova¬ to. Non avevo visto che i carabinieri stavano cercando dietro casa ». All'arrivo, sull'aia, i bambini gli si sonn fatti incontro, gli sono saltati addosso e lui ha incominciato a stringerseli, due per volta, piangendo. Anche l'abbraccio con la moglie è avvenuto tra i pianti. « Non me lo hanno neanche fatto vedere, il povero Tonio mio ». diceva la donna tra i singhiozzi. Domani forse si faranno i funerali. L'autopsia eseguita stamattina aveva messo in evidenza che il bambino era .morto per annegamento e che presentava soltanto un graffio all'esterno d'una gamba, causato evidentemente dalla caduta. Contro Giampiero Gaudenti non viene mossa plcuna accusa, trattandosi d'un minore. Sua madre, proprietaria del pozzo, sarà denunciata per omicidio colposo per non avere adottato in quel punto adeguate misure di sicurezza. Remo Lugli Vittorio Dicredico, lo sventurato padre, è tornato a casa. Piange, abbracciando, disperatamente la figlia maggiore Teresa. E tra le lacrime cóhtlpua a ripetere: j « Il figlio morto e l'accusa d'averlo ucciso. Mi sentivo sprofondare » (Moisio] La verità emerge agghiacciante nella ricostruzione del gazzo di 9 anni, ripete sull'orlo del tragico pozzo tutti fatti, presenti i carabinieri: Giampiero Gaudenti, un raI movimenti che Imprigionarono senza scampo II bimbo

Luoghi citati: Asti, Campobasso, Torino