Barricate a Venezia
Barricate a Venezia Barricate a Venezia I nostri intellettuali hanno scelto per «contestare» la Mostra il momento sbagliato La tragedia di Praga ha impedito alla maggioranza degli italiani di seguire con attenzione, e di prendere sul serio, la lotta attorno alla Mostra di Venezia, ora conclusa dopo giornate di aspri scontri. A giudicare dal comunicati delle due parti, è stata una battaglia grossa, un'epica difesa della libertà della cultura, quasi una rivoluzione. Per distruggere le <t bardature burocratiche ed autoritarie » della rassegna, per imporre un nuovo corso alla scelta dei film ed al meccanismo dei premi, il flore degli scrittori e dei registi «impegnati» ha deciso la resistenza attiva, trascinato partiti, mobilitato la piazza. Le idee e le parole dei manifesti programmatici non erano limpide; ma il frastuono altissimo. Quando il direttore ha minacciato di sospendere la Mostra, sono insorti contro lo scandalo della serrata. Quando il questore ha fatto presidiare il Lido (anche per proteggere i dirigenti della rivolta dal malumore dei veneziani), hanno protestato contro l'occupazione e intimato il ritiro dei poliziotti occupanti. Alla fine, mentre si doveva temere l'urto frontale, trattative diplomatiche e l'abbraccio fra i capi nemici hanno condotto ad un precario compromesso. Pareva di assistere ad una goffa parodia del dramma cecoslovacco; e l'interpretavano intellettuali di gran nome, che militano nell'estrema sinistra per passione di giustizia. Avessero torto o ragione in partenza, in questi giorni la decenza impone i dì sospendere la «pro: testa » e di non adoperare, per una piccola battaglia di conventìcole tra culturali ed industriali, le grandi parole che risuonavano a Praga. c. e.
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