Il movimento anarchico è fallito l'idea riprende una nuova vitalità

Il movimento anarchico è fallito l'idea riprende una nuova vitalità Dai grandi attentati dell9800 alle bandiere nere sulla Sorbona Il movimento anarchico è fallito l'idea riprende una nuova vitalità I miti, le illusioni, gli errori dei vecchi anarchici sembrano ritornare, appena aggiornati, nella rivolta studentesca Per tre giorni, da sabato a lunedi, gli anarchici di almeno venti paesi si riuniranno in congresso mondiale a Carrara, una città dove la bandiera nera è di casa. Per la prima volta nel dopoguerra, le riunioni saranno qualcosa di più che l'adunanza fra patetica e folcloristica di uomini puri fedeli ad un vecchio mito, estranei alia lotta politica, ormai osservati senza sgomento anche dai più pavidi fra i « bur- ghesi ». Questa volta ci saranno con loro dei giovani, reduci dalle barricate della Sorbona e di altre Università, che rappresenteranno gruppi pugnaci ed attivi, ma soprattutto dimostreranno che l'ideologia libertaria ha acquistato una nuova vitalità. Tra i giovani contestatari, studenti ed in piccola misura, operai, non sono anarchici soltanto quelli che si dichiarano tali. Cosi diversi dai loro nonni, più agguerriti nel dibattito e meno sentimentali, questi giovani nutriti di marxismo, di maoismo, di castrismo sono certo più simili ai vecchi anarchici di fine Ottocento che ai comunisti degli anni cinquanta. Lo sappiano o no, fanno proprio il motto di Kropotkin: « la rivolta è la legge dell'uomo ». Rifiutano la società moderna ed ì suoi imperativi, dalla produttività alla struttura gerarchica; respingono il principio e gli strumenti dell'autorità, statale come universitaria e familiare; diffidano del partiti, non <■---'•—■> nel Parla¬ mento e nemmeno nella dittatura burocratica del proletariato; programmano una società tutta articolata sull'autogoverno. Preferiscono la protesta alla costruzione. Sono più ribelli che rivoluzionari. Coltivano, con una carica di rancore e C violenza, un£ specie di nichilismo millenaristico. A qualunque spcv^ —duca questa r-'" essa dà una nuova attualità alle dottrine ed alla storia dell'anarchia: storia che non si esaurisce, naturalmente, nella breve fiammata di terrorismo esplosa all'incirca fra il 1890 ed il 1905, il cui ricordo lasciò tenaci pregiudizi nell'opinione pubblica (determinando ancora nel 1927 l'esecuzione di Sacco e Vanzetti). Furono quelli gli anni in cui caddero uccisi re Umberto, l'imperatrice ■c'-ov.-^q, ii presidente francese Sadi Carnot, quello americano McKinley, e si ripeterono attentati, scioperi sanguinosi: la spietata repressione del primi moti socialisti spiega l'esasperata protesta di pochi violenti. Ma l'anarchia, come si dice nell'« Addio a Lugano bella » è « solo idea d'amor ». Lo dimostra con persuasiva chiarezza il più recente « manuale » apparso in Italia: L'anarchia dello storico americano George Woodcock, uno specialista di movimenti libertari. Spunti di anarchismo filosofico o religioso possono essere ritrovati nel pensiero greco, in Chiese dissidenti della Riforma, tra gli illuministi. Ma il vero movimento anarchico, o libertario, ha i suoi pionieri nel francese Proudhon, con la teoria della proprietà come furto, e nel tedesco Max Stirner, pensatore di estremistico individualismo; ha i teorici e fondatori in due russi, Bakunin ed il principe Kropotkin; e le prime, durissime lotte del proletariato miserabile portarono all'anarchia i primi fedeli. Solo nel 1882 la bandiera nera divenne, un po' a caso, l'emblema degli anarchici: l'innalzò Tnm>o Michel in un corteo a Parigi, perché simboleggiasse la disperazione dei disoccupati ed il lutto per lè vittime della Comune, e la costruì con una vecchia gonna nera. Per un trentennio anarchici, socialisti e comunisti collaborarono e litigarono nella Prima Internazionale. Con gli anni ottanta i movimenti anarchici presero una via di gelosa indipendenza, acquistando peso in Francia, in Belgio, nel Giura svizzero, Vi Russia, e soprattutto in Italia ed in Spagna: cioè nelle regioni più povere ed arretrate, abbondanti di sottoproletariato agricolo e di artigiani inquieti, con una lunga tradizione di ribellismo (il Mezzogiorno del brigantaggio, la Romagna, l'Andalusia). « Anarchia » vuol dire negazione dell'autorità; e gli anarchici rifiutavano infatti lo Stato, la gerarchia, la legge. Convinti che l'uomo è buono e la società ingiusta, essi vedevano in qualsiasi apparato statale solo la difesa di privilegi iniqui; ottenute la libertà e l'eguaglianza attraverso la rivoluzione, violenta o pacifica e religiosa (Tolstoi, Gandhi), gli uomini si sarebbero autogovernati in volontaria armonia, nell'interesse di ognuno e di tutti, senza leggi né carabinieri. Erano socialisti, pur rifiutando il collettivismo pianificato; rivoluzionari, ma contrari anche alla dittatura del proletariato; democratici, però senza partiti né parlamenti. Alla prova della storia, fallirono. Più che un programma concreto, coltivavano un mito millenaristico; sognavano il Regno di Dio, non una società adatta al secolo della rivoluzione industriale; e rifiutavano gli strumenti indispensabili al successo. Durante la guerra civile spagnola, franchisti e comunisti distrussero nel sangue il più forte ed efficace movimento anarco - sindacalista mai apparso: l'anarchia finì come forza politica. Ma — conclude giustamente il Woodcock — l'idea libertaria rappresenta ancora unaesigenza vitale: la difesa dell'uomo contro il gigantismo, il livellamento, il conformismo degli Stati moderni e la necessità di un'organizzazione alla misura dell'individuo. Aldous Huxley ne fece il tema dei suoi ultimi libri; i giovani «del dissenso » la riprendono con dura volontà ribellistica. Carlo Casalegno GEORGE WOODCOCK - L'anarchia - Ed. Feltrinelli - 441 pagine - 900 lire.