Uno studio sull'infanzia abbandonata ha inaugurato la rassegna dei film

Uno studio sull'infanzia abbandonata ha inaugurato la rassegna dei film «17 enfance nue», opera priftia del francese Maurice Piaiat Uno studio sull'infanzia abbandonata ha inaugurato la rassegna dei film Un ragazzo, figlio di padre ignoto, scopre quanto sia spietata la società degli adulti (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 27 agosto. Dopo la falsa partenza di domenica mattina e l'estenuante « surplace » che ne è seguito, rieccoci alle mosse di questa « contestatissima » XXIX Mostra del Lido. Lasciando al collega Ghirotti la parte sua (quest'anno prevalente), soltanto chi è qui al Lido può rendersi conto, della confusione che ha caratterizzato questa lunga vigilia, della sproporzione, diciamo pure, tra l'impeto delle passioni e il lusso dialettico da una parte (con l'ardente ma conciliativo Pasolini in primo piano), e l'oggetto dall'altra, il cine¬ matografo, assurto a tema dominante, per non dire esclusivo, della « contesta* zione » nazionale. Intanto ai giornalisti accreditati è stato mostrato in mattinata il primo, in ordine di programma, dei film scelti dal direttore Luigi Chiarini e dai suoi collaboratori (Bianchi Cavallaro Kezich Savio); ma la cosa non è andata cosi liscia come andò domenica col film cecoslovacco. Per quel che si è potuto raccapezzare fra i «disturbi » contestativi e un inopinato imbroglio di bobine, l'opera prima del noto documentarista francese Maurice Piaiat, « L'enfance nue » («L'infanzia nuda») è un delicato studio d'infanzia triste, sostenuto da una florida tradizione che in letteratura va da Malot a Renard e in cinema da Vigo a Truffaut (quest'ultimo, il regista di « Quattrocento colpi », è il comproduttore del film). Nuda vuol dire inerme ma non imbelle: posta a specchio di un'aspra realtà, l'infanzia di Francois, un figlio di padre ignoto che l'assistenza pubblica di Arras alloga a prezzo e a tempo presso modeste famiglie, si inasprisce, mette fuori* le unghie del discolo. Non v'aspettate che questo ragaz- zetto di dieci anni, che ha subito capito di essere trattato come un oggetto (sia pure coi riguardi dovuti agli oggetti fragili), sia mai manieroso o simpatico; il regista lo ha spogliato d'ogni sentimentalismo, lo ha chiuso m un rigoroso sebbene un po' invecchiato realismo di marca quotidiana. Alla fine l'ente di Arras si ripiglia questo ragazzo difficile e ormai pericoloso, fatalmente destinato ad appesantire la società nel chiuso di un istituto di correzione. Le due esperienze fatte in case private non sono servite a migliorarlo; servono invece, specialmente la seconda, a rinfrescare il film, facendoci sentire o meglio indovinare il tesoro di sensibilità che l'avara vita rapisce al disgraziato fanciullo. Nella prima famiglia, due coniugi ancora giovani, con una bambina, Frangois avverte le discriminazioni che quelli fanno tra lui e la figlia legittima; inoltre, appunto perché giovani, i Joigny non hanno la mano per snodare psicologie infantili: accertato che il ragazzo è restio, se ne liberano volentieri. Ma presso i più poveri Minguet, una famigliona frastagliata che già ospita un ragazzo dell'assistenza, Francois trova, fra nuovi motivi d'irri tazione (il rivale, soprattutto), un velato ristoro nella presenza d'una vecchina, la decrepita madre della già anziana signora Minguet, la quale pur avendo un piede nella fossa, o forse proprio per questo, è quanto mai arzilla e serena. Lei Sola, all'estremo della vita,JiJn do di giudicare la vita che comincia, senza i pregiudizi moralistici • dei suoi pur buoni congiunti; per lei Francois è un caso sempli¬ gra- ce, e il ragazzo se ne accorge e solo con lei si distendo un poco e sorride. Il regista non insiste troppo su questa che non si può chiamare amicizia ma semplice, accordo naturale; anzi dopo poche battute lo dissolve facendo morire precipitosamente la vecchia. Ma quelle battute non si dimenticano, e come danno ragione del successivo peggioramento niella condotta del ragazzo fifino alle soglie della delinquenza), cosi illuminano tutto il film della patetica luce dell'occasione perduta. In sostanza Piaiat ci ha voluto dire che infanzia e vecchiaia, come i più prossimi all'infinito, comunicano tra loro; laddove la vita meridiana, incallita di egoismo vitale, è discretamente spietata sia con l'una sia con l'altra. Il quadro familiare e sociale entro cui muove il ragazzo è attentamente studiato; la recitazione di Michel Tarrazon, Linda Gutemberg, Raoul Billerey e tutti gli altri fin troppo spontanea e vera (nel senso che la tradizione naturalistica francese la somministra da sé). Manca a « L'infanzia nuda », levandone forse qualche spunto della vecchina, quel pizzico di follia che serve alla rivelazione e non soltanto alla registrazione del vero. Ma non succede spesso che si debba rimproverare a un regista d'oggi una posizione troppo frontale e discreta rispetto all'argomento trattato, al punto ch'esso non sembra acuirsi a «problema». Il film è j-a-«eJo**Ì,~i .vtìldi_ eppur tristi colori della vècchia provincia francese, riscoperta dall'operatore Claude Beausoleil. - Leo Pestèlli La giovane attrice Lorenza Guerrieri, arrivata Ieri a Venezia (Telefoto Moislo)

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