Mosca ammette: a Praga si spara ci sono morti anche tra i russi di Ennio Caretto

Mosca ammette: a Praga si spara ci sono morti anche tra i russi Atmosfera pesante nella capitale dell'Urss Mosca ammette: a Praga si spara ci sono morti anche tra i russi La « Tass » ripete che le truppe sovietiche sono intervenute per « difendere il socialismo » - Ma aggiunge : «Elementi ostili aggravano la situazione. Nel centro di Praga hanno incendiato quattro autoblindo ed alcune case. Dispongono di radio e tipografie clandestine » - Incertezza al Cremlino : corre voce che Kossighin, Suslov e Scclepin fossero contrari all'intervento, e che il Primo ministro avesse minacciato le dimissioni (Dal nostro corrispondente) Mosca, 22 agosto. Dopo una notte di calma . apparente, questa sera a Mosca la tensione è di nuovo in aumento. D'improvviso, il peso dell'invasione della Cecoslovacchia incomincia a farsi sentire. Le comunicazioni telefoniche con l'Occidente sono difficili e spesso vengono interrotte, i servizi aerei sembrano disordinati o frammentari. Per -strada, la. gente rivela ora sorpresa ora allarme. ■ • La Pravda e le Izvestia, portavoce del partito e del governo, escono in ritardo, con quattro e cinque pagine sulla sola crisi. L'agenzia Tass e la radiotelevisione proclamano senza sosta che le truppe sovietiche sono accorse a Praga per « difendere il socialismo », ma ammettono che si combatte per le strade della città. Soprattutto, prospettando indirettamente il carcere e peggio, ripetono accuse di « tradimento e perfidia i> contro Dubcek e i suoi principali collaboratori: il vice-premier Sik, il responsabile ideologico del pc cecoslovacco Cisar, il membro del Politburo Spacek, il ministro degli Esteri Hajek, l'ex commissario politico delle forze armate Prichlik, nominandoli tutti ad uno ad uno per la prima volta. Sono arrivato in aereo a Mosca nel cuore della notte, con sette ore di ritardo, e vi ho trovato una calma inattesa. Ma gradatamente mi sono reso conto che essa era programmata, artificiosa. L'aereo aveva evitato i cieli dell'Europa Orientale, nel timore forse di scontri armati tra sovietici e cecoslovacchi, passando a sud. A bordo non ci avevano dato nessun giornale, ignorando le nostre domande sulla situazione in Russia. Scesi a terra, abbiamo appreso che le trasmissioni delle emittenti straniere venivano disturbate. Abbiamo incontrato poche persone, e quasi tutte pensavano che l'invio dei cafri armati a Praga fosse poco più di una misura preventiva, e comunque presa in spirito d'amicizia. Soltanto da qualche ora, la realtà della tragedia cecoslovacca pare emergere a Mosca. E la presa di coscienza popolare mi dà la sensazione che in questi giorni si stia compiendo anche la tragedia dell'Unione Sovietica. Ancora una volta, come nell'indimenticabile 1956 dell'Ungheria, questo immenso Paese si chiude in se stesso. Esso reagisce alla spinta liberalizzatrice di Praga con il terrore del contagio interno e della reazione a catena esterna. Per difendere il suo impero, ritorna da moderatore a gendarme del mondo comunista. Sul terreno politico, pagherà probabilmente un prezzo assai alto: l'annullamento della conferenza internazionale dei pc in programma a novembre e per la quale si era battuto per anni. Nonostante tutte le precedenti assicurazioni in contrario, la Tass e le Izvestia ammettono adesso che si combatte ancora nelle strade di Praga. Anche le truppe sovietiche lamentano perdite, sia pure leggere. Ha scritto la Tass: « Elementi ostili tentano in tutti i modi di aggravare la situazione. Essi commettono gravi reati. Hanno arrestato il direttore del quotidiano Rude Pravo Svetska (un novotnianoj, poi liberato dai nostri soldati... nel centro hanno appiccato il fuoco a quattro automezzi corazzati e a alcune case vicine. Questi sabotatori stanno anche cercando di mettere fuori uso altri mezzi di comunicazione e di trasporto e di interferire nei rifornimenti per la città... i controrivoluzionari adoperano radio e stamperie clandestine preparate in an ticipo ». Il tono della Pravda stamane era ben diverso. Dopo aver accennato di sfuggita a « qualche testa calda », la IPravda diceva: «La popolazione ha accolto ì liberatori sovietici coi doni tradizionali dell'ospitalità, come pane e sale ». La futura linea sovietica in Cecoslovacchia si sta delineando con estrema chiarezza: normalizzata la situazione, ci sarà un processo spietato al deviazionismo dubeekiano, e il varo di un regime di « centro » collaborazionista, distinto dalla dittatura di Novotny. Ha scritto oggi la Pravda: « Nell'incontro di Cierna sono emerse divergenze in seno al pc cecoslovacco, e una minoranza con a capo Dubcek ha assunto posizioni apertamente di destra e opportuniste. La maggioranza s'è schierata su una piattaforma coerente, a favore di una lotta energica contro le forze antisocialiste e contro la connivenza con la reazione. Ma gli elementi revisionisti hanno frustrato l'attuazione dell'accordo raggiunto a Cierna, e suggellato poi a Bratislava, per la difesa del comunismo... in seguito al loro tradimento s'è delineata una vera minaccia per le conqui¬ ste del socialismo. In tali condizioni era necessario agire con tempestività e decisione ». Sono parole dure, che fanno temere seriamente della sorte dell'uomo che ha ridato per alcuni mesi la speranza della libertà per la Cecoslovacchia. Ho parlato a diplomatici e osservatori politici occidentali. Essi ritengono che il Cremlino miri a sostituire a Dubcek e ai suoi collaboratori uomini come Biliak, Indra e Kolder, i « falchi » del Praesidium cecoslovacco: e che voglia chiedere a tale scopo l'aiuto del presi- dente Svoboda. Ma aggiungono che la manovra incontra resistenza superiore al previsto. Non è solo l'ammirevole comportamento di Praga. E' anche il fatto che il Cremlino non desidera altro spargimento di sangue. Non glielo permette la sua stessa propaganda inaugurata dalla Pravda. Secondo essa, le truppe sovietiche sono in Cecoslovacchia su invito di alti esponenti del partito e se ne andranno « quando ogni pericolo per la sicurezza dei paesi socialisti sarà scomparso ». Ha affermato il quotidiano: «I borghesi si sforzano di falsare il significato e la natura del nostro intervento. Esso serve il nobile scopo della pace, è stato suggerito dalla preoccupazione di rafforzare la pace, non dalla volontà di violare l'interesse nazionale di un altro popolo ». Ma forse, il motivo ultimo dell'incertezza è da ricercare nella frattura creatasi in seno al Politburo. Nessuno sa con esattezza che cosa è successo a Mosca la sera di martedì al momento della fatale decisione di mandare carri armati in Cecoslovacchia. Corre voce che almeno tre dei leaders sovietici abbiano votato contro la mozione: Kossighin, il quale avrebbe addirittura minacciato le dimissioni, poi rientrate; l'ideologo Suslov, fautore della conferenza internazionale comunista del prossimo novembre; e Scelepin già considerato il delfino di Kruscev. Proprio la divisione del Politburo in « falchi » e « colombe » induce anzi a pensare che una soluzione pacifica della crisi cecoslovacca non sia ancora da escludere completamente. L'Unione Sovietica sta facendo il suo danno e vi sono uomini che non se lo nascondono. E' stata giudicata, sotto questa luce, un segno positivo l'accettazione questa sera da parte del ministero degli Esteri sovietico di una nota di protesta cecoslovacca. Ennio Caretto Giovani dimostranti protestano presso il monumento eretto a Karlovy Vary a ricordo della lotta combattuta da russi e cecoslovacchi contro I tedeschi (Tel. A.P.)

Persone citate: Dubcek, Hajek, Kossighin, Kruscev, Novotny, Spacek, Svoboda