Tra i curdi ribelli a Bagdad di Sandro Viola

Tra i curdi ribelli a Bagdad PACE PROVVISORIA DOPO UNA GUERRA SANGUINOSA Tra i curdi ribelli a Bagdad Alle sorgenti del Tigri, nella zona montuosa tra Irak, Iran e Turchia, abita la fiera popolazione curda - Lassù, al termine di una lunga lotta, il «mullah» Barzani ha costituito una specie di repubblica autonoma: un milione di abitanti seminomadi, leggi proprie, un piccolo esercito agguerrito - Il governo dell'Irak, dopo avere tentato per sei anni di schiacciare la rivolta dei curdi, ha riconosciuto la loro semi-indipendenza - Ma le truppe delle due parti stanno di fronte come eserciti nemici, separati da un armistizio che non impedisce gli incidenti; passare il fronte è un'avventura (Dal nostro inviato speciale) Hagii Omcran, agosto. All'ultimo posto di blocco governativo, appena fuori Rawanduz. la scorta ci lascia. I quattro soldati e il sergente scendono dalla « Land Rover » senza abbandonare le armi, salutano, ripartono. Subito ci rimettiamo in moto anche noi, e avanziamo piano nella No Man's Land.-Tre chilometri, cinque o sei minuti, ed ecco la prima pattuglia curda. Sono in sette, di traverso per la strada, con le armi spianate: l'uniforme kaki ricalcata sul costume razionale curdo, il turbante, la fusciacca bellissima ai fianchi, le cartucciere incrociate sul petto La «repubblica» curda del mullah Mustafa Barzani comincia qui, alle pendici delle grandi montagne tra Irak e Iran, in questa zona chiamata Balek. Ci si giunge in dieci ore di macchina da Baghdad, superando una ventina di posti di blocco dove le automobili vengono rovistate da cima a fondo, ì passeggeri identificati, timbrati i lasciapassare, e tutto sotto un sole bianco e terribile che fa segnare al termometro 47, 48, anche 50 gradi. Abbiamo un lasciapassare speciale procuratoci dal giovane ministro degli Esteri irakeno, Abdul Sattar Al Sheikly, così superiamo i blocchi tra grandi saluti e sbattere di tacchi. Ma nelle città, a Kirkuk, ad Irbil, a Salali El Din, quel lasciapassare di lusso finisce col rallentare notevolmente la marcia. I poliziotti credono bene di condurci dal musraf, il capo della polizia locale, e lì sono mezz'ore intere che vanno via, un caffè, una sigaretta, subito dopo il tè, poi un'altra sigaretta, qualche faticosa frase in inglese. Non resta che godersi l'atmosfera di questi vecchi locali, un tempo sede dei musraf ottomani, poi della polizia inglese, i grandi samovar d'ottone nell'anticamera dei dirigenti, la poltrona di vimini col suo cuscinetto colorato, una mappa «Geographical Magazine » alle pareti, un incredibile vecchio calendario d'una Casa di distribuzione cinematografica (la Korda?) con le foto di Merle Oberon, Robert Donai, Olivier giovane, A Irbil, quattrocento chilometri dopo Baghdad, ci danno la scorta. La «Land Rover » va avanti una trentina di metri; il sergente sta alla mitragliatrice avvitata sul tetto, i soldati tengono il moschetto diritto tra le gambe e guardano due su un lato, due sull'altro della strada. Presto la zona acquista l'aspetto d'un fronte. Grandi campì militari, villaggi praticamente « occupati » (le pattuglie agli angoli delle strade, ogni tanto un'autoblinda), i posti di vedetta sulle colline, a Shaklawa uno squadrone di carri armati. Siamo già in pieno paese curdo, ma qui il governo di Baghdad riesce ancora a esercitare il suo controllo. Poi si arriva a Rawanduz. Il musraf sta dormendo, così compare in canottiera tenendosi i calzoni con le mani. Caffè, tè, sigarette. Gli chiediamo dove, tra quanti chilometri, incontreremo le truppe del mullah Barzani. Il capo della polizia è imbarazzato, si raschia la gola, poi dice in fretta: « All'uscita del paese ». . E infatti all'uscita del paese, subito dopo i pochi chilometri di terra di nessuno, ecco la pattuglia del capo curdo. Ora non bisogna più mostrare i lasciapassare del governo centrale, ma le lettere di presentazione di Salah Al-Yusifl, direttore del quotidiano curdo di Baghdad. L'accoglienza è buona ma non calorosa. Il fatto è che ogni tanto, come ci racconteranno dopo, arriva da Baghdad un agente del governo incaricato di fomentare una ribellione contro il mullah, così bisogna smascherarlo, processarlo, fucilarlo. L'esercito del mullah (15 mila uomini divisi in 12 brigate) controlla un territorio molto vasto con un milione d'abitanti. E' il nord dell'Irak, ai confini con Turchia, Siria e Iran, e qui Mustafa Barzani ha instaurato la sua « repubblica », coi suoi tribunali, la sua polizia, gli esattori d'imposte, le scuole, la coscrizione militare. Uno Stato nello Stato, ormai. Questa situazione è la conseguenza della guerra che dal 1961 al 1966 lo Stato irakeno ha fatto alla sua provincia del nord. Il problema curdo è diverso da quello delle altre minoranze, perché i curdi rappresentano più d'un quarto della popolazione irakena: essi sono cioè una minoranza per modo di dire. La dimensione e la gravità del problema non erano sfuggite neppure nella confusione delle conferenze e dei trattati succedutisi dopo Versailles, tanto è vero che a Sèvres era stato raccomandato al nuovo Stato irakeno di concedere alla popolazione curda una qualche forma di autonomia. Raccomandazione regolarmente trascurata dai monarchi hascemiti, e poi dai regimi militari avvicendatisi a Baghdad dal '58 in poi, sinché non si giunge alle prime sommosse curde e alla guerra guerreggiata del '61-'62. Fu anzi l'avvento dei regimi militari a condurre la situazione al suo punto di rottura. Cominciò Kassem a illudersi di poter risolvere tutto con la forza, dopo di lui si illusero i due Aref, e il risultato furono i massacri del '62, del '64 e del '66. 30.000 morti tra i curdi (di cui solo 5000 combattenti), 15.000 nell'esercito del governo centrale. E quella bat taglia di Rawanduz, nel maggio '66, che è una delle più grosse operazioni militari verificatesi in Medio Oriente da molte decine d'anni a questa parte. Alla battaglia di Rawanduz successe un armistizio, e da allora c'è lo schieramento che abbiamo descritto più sopra: Barzani e la sua armata in un territorio che è circa la metà dell'intera provincia curda, e di fronte l'esercito irakeno al completo tranne le unità che si trovano in Giordania. Ogni tanto, di notte, i fatti che si verificano sempre sui confini caldi: sparatorie, sconfinamenti, qualche sentinella sgozzata. Il comandante della brigata ci accoglie alla sua mensa, poi montiamo su una jeep e ricominciamo a salire. Il comandante guida, due soldati stanno dietro con i fucili mitragliatori. Dall'ombra emergono ogni tanto richiami di sentinelle, i soldati rispondono dalla jeep, si va avanti ancora un'ora in direzione del confine con l'Iran. Sinché non s'intravvedono poche luci, delle capanne di frasche, la tenda bianca di un ospedale: il quartier generale del mullah. Siamo molto in alto, forse sui duemila metri, e dal fragore dello scroscio si direbbe che le sorgenti del Tigri sono molto vicine. Sandro Viola U. R. S. S. Segnate In grigio le zone dove vivono i Curdi