Gelide accoglienze di popolo a Ulbricht in Cecoslovacchia di Igor Man

Gelide accoglienze di popolo a Ulbricht in Cecoslovacchia Il viaggio del capo comunista -tedesco Gelide accoglienze di popolo a Ulbricht in Cecoslovacchia Cinquecento persone all'aeroporto di Karlovi Vary ignorano l'ospite della Germania comunista ed acclamano i dirigenti cèchi - Fredda stretta di mano tra Dubcek e Ulbricht - Grande riserbo dei colloqui, che si sono conclusi ieri sera (forse oggi il comunicato) -1 capi cecoslovacchi affermano: « Non abbiamo nulla da aggiungere a quanto abbiamo detto a Bratislava » (Dal nostro inviato speciale) Karlovi Vary, 12 agosto. « Viva la delegazione cèca Viva Dubcek»: questi due cartelli e cinquecento persone hanno accolto stamani Ulbricht all'aeroporto di Karlovi Vary. La piccola folla ha assistito in silenzio alle fredde strette di mano che Dubcek e Ulbricht si sono scambiate: l'incontro fra le due delegazioni è stato tutt'altro che cordiale. Ulbricht non si poteva attendere fiori, dopo i fischi di Bratislava, ma nemmeno che i cecoslovacchi lo ignorassero con tanta ostentazione. Tutti gli applausi sono andati a Dubcek e a Smrkovsky. Ulbricht si è guardato intorno sconcertato, poi, scuro in viso, ha subito preso posto a bordo della chaika presidenziale, rannicchiandosi in un angolo mentre gli altri membri delle due delegazioni continuavano lo scambio dei convenevoli di rito. Un breve cortèo di nere automobili ha quindi percorso lentamente il suggestivo itinerario dall'aeroporto a « Villa Javorina », la casa di cura che già ospitò Kossighin tre mesi fa. Dal cielo grigio cadeva a tratti una pioggerella vischiosa infradiciando le ampie radure aperte con rigore neoclassico fra gli assorti boschi dell'antica Karlsbad. « Villa Javorina », un palazzotto ocra in stile floreale, sorge su di urta\Mtura. nella via Sodava, dirimpetto lo chalet « Chopin », a ridosso delle torrette asburgiche dell'albergo « Bristol » dove alloggia la delegazione cèca. In quest'angolo di mondo tardo - romantico avvolto in un'atmosfera crepuscolare, assurdamente lontano dal nervoso fervore di Praga, attendevano un migliaio di persone. Non pochi gli stranieri armati del caratteristico bicchiere col manico a forma dì beccuccio che consente di sorseggiare l'acqua terapeutica senza perderne una goccia, come aspirando da una pipa. L'arrivo del corteo ha dato il via a nuovi «Evviva Dubcek». E' anche volato qualche fischio, ovviamente non indirizzato a lui. Due sole bandiere — tedesca, cèco —, sul frontone della villa presidiata da guardie del corpo germaniche che hanno provveduto a sbarrarne i pesanti cancelli in ferro battuto. I colloqui sono cominciati a mezzogiorno. Lì ha aperti Dubcek parlando per più di un'ora. Sospensione alle 14: le due delegazioni hanno preferito consumare il pasto separatamente' (come già avvenne a Cierna): i tedeschi nel chiuso della Casa di cura, i cèchi al «Bristol». Alle 15,45, allorché i cecoslovacchi sono riapparsi in via Sadova tornandovi come ne erano partiti, a piedi e senza scorta, ad attenderli era una folla fattasi nel frattempo numerosa ed eccitata. Dubcek e Smrkovsky sono stati letteralmente sommersi da una festosa richiesta di autografi. Ho visto ragazze protendere gli avambracci scoperti perché il primo segretario del pc ed il presidente dell'assemblea li firmassero con la penna biro e c'era chi porgeva cartoline e persino banconote. Ho chiesto a Smrkovsky che si è servito più volte del mio taccuino per poggiarvi i fogli da firmare, come andassero i colloqui e con quali prospettive. « Bene — ha risposto — non foss'altro perché da parte nostra non abbiamo nulla da aggiungere a quanto abbiamo sempre detto ed infine riconfermato a Bratislava ». Successivamente, il portavoce del Comitato Centrale cecoslovacco che, essendo apparso un po' di sole, aveva improvvisato un «ufficio stampa volante» sul marciapiede di « Villa Javorina », ha completato il discorso di Smrkovsky dicendomi in sostanza come i cèchi considerassero «normale» l'incontro coi tedeschi collocandolo nel quadro delle conversazioni bilaterali da loro sempre prospettate. Insomma, sia pure con molto garbo, i cèchi non si sono preoccupati di nascondere l'irritazione suscitata in loro da un incontro che giudicano se non altro « superfluo » a così breve distanza da quello di Bratislava. Ho domandato al portavoce se ritenesse possibile un prolungamento del soggiorno di Ulbricht a Karlovi Vary. Secco: « Non credo affatto », ha replicato. (Infatti i colloqui si sono conclusi stasera alle 20, domani i tedeschi dovrebbero ripartire). Ulbricht non è un ospite gradito, ma l'incontro lo ha voluto lui e non certo per sentirsi illustrare argomenti che ben conosce, quali il programma d'azione postulato da Dubcek. Non è venuto per minacciare e neanche per tenere fervorini ideologici: a Bratislava la sua pretesa d'inserire nel comunicato finale una frase che denunciasse il pericolo controrivoluzionario in Cecoslovacchia, è stata respinta dai magiari e dagli stessi sovietici. Ventimila persone gli hanno gridato « Via, via ». Il suo viaggio risponde all'intento preciso di bloccare ogni apertura di Praga verso Bonn. Venerdì scorso Ulbricht ha proposto clamorosamente di aprire il dialogo con la Germania Federale, sulla base di una « comune rinuncia a ogni ricorso alla violenza », attraverso l'istitu¬ zione reciproca d'uno speciale dicastero incaricato di affrontare i problemi in sospeso fra le due Germanie. Con questa sortita più che raggiungere un effettivo accordo con Bonn, Ulbricht si è proposto appunto di scongiurare la paventata « apertura » di Praga verso la Germania dell'Ovest. Nella capitale cèca si raccolgono firme sotto una petizione popolare che chiede, in uno con lo scioglimento della « milizia operaia », il ripristino di rapporti con la Germania Ovest. Igor Man