Nixon eletto al primo scrutinio Gravi tumulti negri mentre si vota di Nicola Caracciolo

Nixon eletto al primo scrutinio Gravi tumulti negri mentre si vota Contenderà ai democratici la Casa Bianca Nixon eletto al primo scrutinio Gravi tumulti negri mentre si vota La Convenzione repubblicana ha dato 692 voti a Nixon (25 in più della maggioranza di 667 necessaria per la designazione), 277 a Rockefeller e 182 a Reagan - Lotta incerta fino all'ultimo momento Mentre in aula si vota, i negri della città (irritati perché i delegati erano tutti bianchi) si abbandonano a violenze e saccheggi: duro intervento della polizia, sparatorie con due morti e otto feriti ! sissima manifestazione. Era (Dal nostro inviato speciale) Miami Beach, 8 agosto. La Convenzione di Miami ha scelto Richard Nixon al primo scrutinio candidato per il partito repubblicano alla presidenza. Nixon ha vinto con 692 voti su 1333, 25 in più della maggioranza di 667. Fino a poche ore prima dell'inizio degli scrutini la battaglia era sembrata indecisa. Nixon in mattinata aveva soltanto 611 voti certi. Troppo poco. Uno dei suoi rivali, il governatore della California, Ronald Reagan, fino all'ultimo minuto ha girato per l'aula della Convenzione avvicinando delegati e prendendo parte a riunioni. L'altro avversario di Nixon, Nelson Rockefeller, pur senza lasciare il suo albergo è rimasto anche lui sino alla fine al telefono nel tentativo di spostare quei pochi voti che avrebbero impedito la vittoria di Nixon e mantenuta aperta la Convenzione. La decisione si è avuta nel pomeriggio dì ieri quando, dopo una serie infinita di discussioni, promèsse e contropromesse; la delegazione della Florida ha deciso di mantenere i suoi voti su Nixon rifiutando off] darli à Reagan e quella del New. Jersey, che per amicizia a Rockefeller avrebbe . dovuto ^kantenersi rmAr^le^èy^ìAs/a, dando J& voti a Nixon. Atta fine-Nixon ha ottenuto come s'è detto 692 voti; Reagan, leader dell'estrema destra del partito 182, e Rockefeller 277. Comunque, sebbene .Nixon e i suoi collaboratori si dicessero sicuri dell'esito, tanto è vero che il candidato prima ancora che si cominciasse a votare aveva convocato una serie di riunioni per discutere sulla scelta del vicepresidente (resa pubblica questa mattina: è il governatore del Maryland Spiro Agriew), la sicurezza matematica che non ci sarebbero stati cambiamenti all'ultimo minuto nessuno poteva averla. Prima ancora che l'appello, delegazione per delegazione, fosse terminato, i seguaci di Nixon mentre veniva annunciato il voto della delegazione del Wisconsin ruppero in lunghissimo applauso e in una festo oramai certo che avevano vìnto. Tutto l'apparato folkloristico delle Convenzioni venne risfoderato: due bande si misero a passeggiare su e giù tra le file dei delegati. Una era formata da soli negri e suonava vecchio jazz tipo Dixieland, l'altra era' un'orchestrina da fiera paesana. E' stato un momento di genuina emozione. I delegati in piedi, molti con cappellini di carta, agitavano cartelli e fotografie di Nixon di tutti i formati e suonavano trombette di carta. Il G.O.P. <Grand Old Party, il grande vecchio partito) non ha scelto Nixon per convenienza, ma per genuino affetto. I dubbi che l'ex vice-presidente possa non essere in grado di vincere rimangono. Le due sconfitte del 1960 contro Kennedy per la presidenza e del 1962 per la carica di go- vernatore della California sono nella memoria di tutti. Ciò non toglie che per i delegati Nixon è il vero leader del partito, l'uomo le cui idee politiche sono condivise dal maggior numero di militanti, che è sempre stato pronto a lavorare per l'organizzazione repubblicana. Non ignorano che il loro entusiasmo non è condiviso dalla grande massa degli elettori americani. Il che ha dato alla scelta il carattere di un atto di fedeltà quasi eroico. Delegati in lacrime, delegati che si abbracciavano nel frastuono della musica. Il compito di Nixon è di riuscire nei prossimi mesi a trovare con il pubblico la stessa capacità di comunicativa che ha con l'apparato del partito. Non è certo un compito facile: ma non è detto che sia impossibile. Atmosfera di tipo del tutto diverso nelle delegazioni di Reagan e di Rockefeller. Reagan subito dopo il voto ha preso la parola per promettere il suo appoggio a Nixon, e Rockefeller probabilmente nella notte di oggi farà la stessa cosa. Reagan pur avendo pochissime speranze di vincere si aspettava un numero di voti maggiore. Il dramma di Rockefeller è più complesso. Dal 1960 il governatore di New York punta alla presidenza. Ogni volta i sondaggi d'opinione dimostrano che è l'uomo politico più popolare del partito. Il suo successo come governatore di New York è-indiscutibile. Ciò non toglie che per qualche ragione è sempre stato incapace di tradurre le sue capacità e gli appoggi dì cui dispone nel paese in forza politica organizzata all'interno del partito. Ora ha 59 anni. Da dieci anni — da quando è stato eletto governatore di New York — si parla in America della possibilità che Rockefeller riesca a diventare presidente. La sconfitta di ieri ha tutta l'aria di chiudere definitivamente il discorso. Restano da segnalare, sul piano della cronaca, i gravi tumulti negri scoppiati a Miami mentre alla Convenzione repubblicana erano in corso le operazioni di voto. Bilancio dei disordini: un uomo ferito con un colpo d'arma da fuoco, altri cento feriti o contusi, 150 arresti, 25 negozi saccheggiati. La polizia ha faticato tre ore per riportare la calma, malgrado gli appelli del reverendo Abernathy (il successore di Luther King) ai dimostranti. Nel tardo pomeriggio di oggi i tumulti sono ripresi. Un negozio di liquori è stato saccheggiato; bombe incendiarie, bottiglie e pietre sono state lanciate in un quartiere, una tintorìa è stata data alle fiamme. Si è accesa una violenta sparatoria. Due persone sono rimaste uccise, 8 ferite. Un portavoce della polizia, ha detto: «Abbiamo chiesto munizioni e rinforzi — ha aggiunto. — La Guardia Nazionale sta per intervenire. Vi sono saccheggi ed incendi ». Causa dei disordini, pare, è l'assenza di negri fra i delegati alla Convenzione repubblicana. Nicola Caracciolo Richard Nixon durante la conferenza stampa dopo il successo alla Convenzione repubblicana (Telef. A. P.)