Parigi ha salvato il franco ora deve risanare l'economia di Ferdinando Di Fenizio

Parigi ha salvato il franco ora deve risanare l'economia I conti e le conseguenze della crisi di maggio Parigi ha salvato il franco ora deve risanare l'economia Con i prestiti internazionali e le riserve nazionali, l'equilibrio monetario sembra ristabilito - Lo sbilancio nei conti con l'estero dovrebbe attenuarsi in qualche mese -1 problemi da risolvere sono: bilancio dello Stato (previsto un disavanzo di 10 miliardi di franchi) e squilibrio interno tra domanda e offerta (la produzione industriale ha perso per gli scioperi 15 miliardi di franchi; i salari sono aumentati del 12 per cento) Chiusi provvisoriamente i principali conti economici, accolti in contabilità nazionale (ma non si è ancora pervenuti — ha detto Couve de Murville — a rivedere il piano per gli anni '69 e '70); messe a punto le principali misure governative, per evitare sia l'inflazione che la deflazione (e pertanto le grandi « riforme di struttura» sono rimandate ad un secondo tempo); giunti gli assensi, anche a malincuore, di grandi organi internazionali, e segnatamente del Mec e del Gatt — è possibile oggi, ad un mese e mezzo di distanza dal concludersi della crisi rivoluzionaria del maggio - giugno, descrivere con quale serie di provvedimenti la Francia cercherà di risanare la sua situazione, senza sconvolgimenti per il mondo. Innanzi tutto, i guasti furono più profondi del previsto. Settecentotrenta milioni di ore di lavoro perdute, calcola 11.N.S.E.E. Il prodotto nazionale lordo interno diminuisce, nell'arco annuale, di un 3Va. La produzione industriale, sempre nello stesso quadro, di un 4-5 "/o. Volume globale del minor prodotto nazionale lordo interno: 15 miliardi di franchi. Contemporaneamente, il volume della massa salariale aumentava del 12 0-'o, in periodo annuo: il tasso d'incremento, realizzato in due scarsi mesi, avrebbe dovuto distribuirsi su ventiquattro! In queste condizioni, inflazione da squilibrio fra domanda ed offerta globale all'interno; disavanzo nei conti dello Stato e del settore pubblico; disavanzo nei conti con l'estero, erano purtroppo prevedibili. Il governo di Couve de Murville si è impegnato nell'affrontare ciascuno di questi grandi problemi, con idonee misure. Il come è, fra l'altro, esposto nella dotta relazione del Primo' Ministro, al Parlamento. Di fronte alle drastiche perdite di oro e divise, subite dalla Francia, quella banca .centrale ha ottenuto, al solito, da un esiguo gruppo di altre banche d'emissione, un credito a breve termine per un miliardo e 300 milioni di dollari. Quasi la metà di questa somma è stata offerta dal Sistema della riserva federale. Trecento milioni di dollari sono ceduti dalla Deutsche Bundesbank; 200 milioni dall'Italia. Il resto dal Belgio e dall'Olanda. (La Gran Bretagna, ancora sofferente, non ha partecipato all'operazione). Con questi crediti, l'equilibrio monetario — che tanti dubbi generava per il futuro del franco — è riconquistato. Con le riserve che possiede, a- breve termine la Francia non ha più nulla da temere per la sua moneta. Le voci circa l'avvenire del franco si placano. Il prezzo dell'oro, sui mercati mondiali, cede. Il governo può volgere la sua attenzione altrove. Per esempio, riconquistare l'equilibrio nei conti dello Stato. Questi conti si chiudevano, nelle previsioni iniziali '68, con un disavanzo di 1,9 miliardi di franchi, che tuttavia aumenta fino a 5,3 miliardi di franchi nel marzo, quando si decideva di iniziare una politica di rilancio dell'economia. Si eleva a 7,4 miliardi, inserite spese supplementari, poco dopo. Ma si accresce sino a 12,8 miliardi (circa 1600 miliardi di lire), dopo la crisi del maggio - giugno ed i conseguenti aumenti salariali agli impiegati pubblici, eccetera. Un livello giudicato insopportabile: avrebbe avuto immediate ripercussioni di carattere monetario. Il governo, dunque, s'impegna a ridurre quel deficit. Annulla stanziamenti, anche per l'agricoltura e per la difesa. Il disavanzo, in previsione, è oggi ridotto a 10 miliardi di franchi circa. Questo, però, è soltanto un primo passo. Il secondo passo si compie accrescendo le imposte. Tuttavia taluni tributi (sui consumi) argrqcmpanmgdnpnL avrebbero potuto generare restrizioni nella domanda globale e far sorgere il pericolo di ima deflazione, quanto meno settoriale. Il governo allora accresce il carico fiscale sul reddito, ma ne addossa il peso, in particolar modo, ai ceti più abbienti: a quelli che possono sopportare una drastica maggior imposizione senza generare ripercussioni sulla domanda di beni finali. Un secondo equilibrio è cosi riconquistato. Passiamo al terzo: l'equilibrio nei conti con l'estero. Il deficit temuto è imponente, seppure variamente previsto. Anche mille milioni di dollari in un biennio. La Francia, nonostante la sua precaria situazione economica, non ricorre però a provvedimenti restrittivi nelle correnti commercial). Si rifletterebbero immediatamente sul ritmo produttivo all'esterno e l'azione di rilancio verrebbe compromessa. Introduce contingenti rigidi su talune importazioni, in modo che gli acquisti all'estero non superino certi livelli ed architetta agevolazioni fiscali per imprese esportatrici. Un sopportabile equilibrio in questi conti verrà raggiunto, o quasi, nel giro di qualche mese. Entro la fine del '69, la Francia avrà così superato la crisi del maggio giygno scorso, nel quadro delle sue tipiche manifestazioni. Ed il mondo non dovrà fronteggiare innovazioni profonde. Tuttavia, il peso della crisi francese sarà stato redistribuito, in modo non trascurabile, sugli altri paesi del Mec. L'ha riconosciuto di recente un economista di origine francese, Pierre Uri. Si pensa anzi di agevolare ulteriormente questo trasferimento non solo accrescendo le importazioni di merci francesi, in Germania, Italia, ecc., ma accettando di collocare, sugli altri mercati finanziari, titoli francesi a reddito fisso. Buona idea. Anche agli effetti d'una futura politica finanziaria europea. Ma acconsentirà la Francia a questa azione? Cioè, ad abbreviare al massimo la durata dei provvedimenti restrittivi, che tanto danno arrecano fra l'altro all'industria tessile, elettronica, automobili¬ stica, della meccanica di precisione italiana? Acconsentirà la Francia ad agevolare in futuro, nel loro funzionamento, gli organi comunitari? E' una domanda che si ritrova ad esempio nel discorso stesso pronunziato dal presidente Rey — il 3 luglio scorso a Roma — ed alla quale per ora non si saprebbe che rispondere. Ferdinando di Fenizio

Persone citate: Gatt, Volume