Un «cinque lire» d'argento che vale oggi quasi due milioni

Un «cinque lire» d'argento che vale oggi quasi due milioni PKR CHI AMA IvK^ EKEMyTvJ© MONETE Un «cinque lire» d'argento che vale oggi quasi due milioni E' lo scudo di Vittorio Emanuele III battuto nel 1901 - Ne esistono, in tutto il mondo, soltanto 114 esemplari - Altre importanti vendite alla recente asta di Basilea - Lo splendido «ducato» di Filippo III di Napoli Un importante lotto di monete italiane (405 per l'esattezza: scudi, mezzi scudi, talleri e oselle veneziane) è stato venduto nei giorni scorsi all'asta a Basilea dalla nota ditta numismatica Munzen und Medaillen A. G. La moneta che ha realizzato il maggior prezzo di aggiudicazione è stata la n.-51 del catalogo, ossia le cinque lire di argento di Vittorio Emanuele III battute nel 1901: 13.500 franchi svizzeri equivalenti a 1.958.000 lire italiane. Si tratta di una delle più rare monete del nostro secolo, conoscendosene in tutto 114 esemplari. Contrariamente a quanto per lo più si crede, non si tratta di una prova ma di una vera e propria moneta che doveva accompagnare le due serie, emesse lo stesso anno, delle 2 lire e delle lire, tutte allo stesso conio: al dritto testa del re a collo nudo volta a destra e la dicitura: Vittorio Emanuele III; al rovescio, l'aquila di Savoia coronata e ad ali spiegate con in petto lo scudetto della croce e intorno la dicitura « Regno d'Italia » tra due nodi d'amore, l'indicazione del valore (L. 5) e della Zecca (R) tra due stelle e infine la data (1901). Conio che si ripeterà identico anche nelle 100 e 20 lire d'oro del 1903 e del 1902 (salvo una piccola variante: in queste monete auree la testa del sovrano è volta a sinistra). Lo scudo del 1901, praticamente una delle prime monete emessa al nome e all'effigie del nuovo re succeduto al padre solo l'anno prima, non venne mai ufficialmente messo in circolazione, a causa degli obblighi impostici dall'Unione monetaria latina, di cui allora l'Italia faceva parte, che non aveva approvato la sua emissione. Cosi le poche centinaia di pezzi che erano già stati coniati vennero rifusi ad eccezione di pochi esemplari che vennero offerti in maggio al re che, com'è noV to, era un appassionato numismatico. Oltre a questi si salvarono anche i dieci esemplari-campione preparati in precedenza per l'approvazione e consegnati ai funzionari del Ministero del Tesoro. La moneta è indicata nel catalogo del Pagani con 4 gradi di rarità. Da notare che le 5 lire di argento del 1901 sono una delle monete più difficili da contraffare per il fondo specchio che le contraddistingue e. che deriva loro dal non essere mai state in circolazione. I falsi che se ne conoscono, infatti, si distinguono facilmente per la loro opacità e per la granulosità delle lettere della dicitura; spesso anche per una certa carenza di peso (quello giusto è di gr. 25). Dopo le 5 lire del 1901, ha refr-"trato il maggior prezzo di aggiudicazione la serie del 1938 (composta da 7 pezzi: 20, 10 e 5 lire d'argento; 2 lire, una lira, 50 centesimi e 20 centesimi di nichelio): 11.000 franchi svizzeri, ossia 1.595.000 lire. Si tratta di una delle serie emesse dal 1936 al 1941 per celebrare la fondazione dell'impero; le serie del 1937, 1938, 1939, 1940 e 1941 vennero battute in quantità assai limitate appositamente per i numismatici: 50 pezzi per ogni valore nel 1937 e 20 pezzi soltanto per gli altri anni. Da qui l'estrema rarità della serie venduta a Basilea. Per un milione e 160.000 lire è stata aggiudicata la serie delle 20, 10 e 5 lire del 1939. Tra le altre monete italiane vendute ricordiamo il Mezzo Ducatone di Carlo Emanuele I battuto a Torino nel 1604, aggiudicato per 595.000 lire: una moneta unica ed ancora inedita, in quanto di questo tipo non si conosceva né la data del 1604 né quella del 1603 (l'ultima cifra del millesimo appare infatti cambiata nel conio da ima 3). Notevole anche lo Scudo del 1733 di Carlo Emanuele III (493 mila lire) indicato nel catalogo come il C. 11-15 var.: si tratta in realtà del C. 12 var. da me esattamente descritto e catalogato al n. 64 c della mia opera sulle monete sabaude del XVIII secolo. Moneta dì cui si conosce un altro esemplare presso la Biblioteca Nazionale di Parigi. Interessanti il Ducatone della benedizione battuto a Genova nel 1598, inedito e come tipo e come data al C. N. I. (957.000 lire); il « Filippo » di Maria Teresa d'Austria per Milano del 1749 (C. 29) aggiudicato per 464.000 lire; il Tallero di tipo olandese battuto da Carlo I Cybo Malaspina a Massa di Dunigiana (1623-1662); di questo principe il Corpus menziona solo un Ducatone e un pezzo da 5 Doppie. Il Tallero, che finora risulta unico nel suo genere, è stato venduto per 450.000 lire. Raro anche il Tallero di Ferdinando II De' Medici battuto a Pisa nel 1623, data medita al C.N.I. (111.000 lire). Tra le monete papali segnaliamo il Giulio e Mezzo o Due Carlini di Clemente VII, senza data, tipo 60 del C.N.I. ma variato nel disegno; la moneta, il cui conio è opera del Celimi, è stata aggiudicata in una splendida conservazione per 450.000 lire. Rarissimo anche lo Scudo della Sede Va» cante del 1823, coniato in soli 884 pezzi (lire 450.000) e lo Scudo di Sisto V batti» to a Roma nel 1588 (C. 128 var.): 667.000 lire. Infine ricordiamo lo splendido Ducato di Filippo HI per Napoli del 1617: una moneta dovuta al bulino di Nicola Galoti ed estremamente rara (tipo B, 4 var. del Cagiati): 609.000 lire e la Piastra o 12 Carimi di Gioacchino Murat per Napoli del 1809 (Pagani 45 var.) aggiudicata in conservazione FDC per 493.000 lire. Mario Traina