Il problema del Male nella vita dell'uomo

Il problema del Male nella vita dell'uomo Il problema del Male nella vita dell'uomo L'articolo « Dio c il male », apparso su queste colonne il 10 luglio, ha indotto molti lettori a mandare al Direttore .del giornale od a me le loro osservazioni per proporre o riproporre soluzion^dell'antico problema. Il prof. Pietro Conte ritiene, ad esempio, che «l'ostacolo, il dolore, il male, sono occasioni essenziali per costituire il nostro merito »; che in altri termini Dio offre all'uomo, attraverso i mali, l'occasione per guadagnarsi la felicità finale. Ma non si fa torto così alla onniscienza e alla giustizia di Dio? Dio non ha bisogno, come un uomo qualsiasi, di mettere a prova la purezza e la saldezza delle intenzioni di una persona per giudicarla. E che dire delle grandi catastrofi che colpiscono intere popolazioni o masse enormi di gente incolpevole? Il rapporto tra i meriti che esse mettono in luce e le distruzioni che producono è certamente inadeguato. Il dott. Gregna domanda se l'anima, come tutte le altre cose che hanno dominio sulla materia, non possa avere incrementi o decrementi come una qualsiasi forza naturale. Ma con quale giustizia questa deficienza d'anima è distribuita nel mondo? Sono domande cui è difficile rispondere, ma alle quali una risposta è stata molte volte tentata, e che da ultimo si riducono alla vecchia tesi che il male è solo apparente, provvisorio o accidentale, cioè che in realtà non esiste. Non molti oggi si sentono di sottoscrivere questa tesi: che se d'altronde fosse vera, quali meriti consentirebbe di riconoscere a chi lotta contro il male? C'è tanto merito a combattere contro parvenze di realtà quanto contro i mulini a vento. Comunque, con queste discussioni, si rimane sul terreno metafisico: si considera il male nella sua totalità come un ingrediente del mondo e 1 il mondo stesso come una totalità di cui Dio è l'autore. Questa è una via che, ieri come oggi, si può intraprèndere per considerare il problema. Ma non ce n'è un'altra? * * C'è senza dubbio, e neppure essa è stata trascurata dai filosofi: consiste nel considerare il male semplicemente e soltanto nel rapporto con l'uomo; e di conseguenza negli aspetti particolari e concreti che assume nella vita quotidiana del genere umano, nella molteplicità e varietà dei suoi modi piuttosto che nella sua totalità. I filosofi hanno sempre classificato i mali in due gruppi distinti: quelli fisici e quelli morali. I mali fisici sono eventi naturali che procurano sofferenze e distruzioni al genere umano, come terremoti/ alluvioni, epidemie, deformità, malattie e via dicendo. I mali morali sono azioni umane che implicano danni, sofferenze o morte ad esseri umani o diminuiscono o ledono coloro stessi che le compiono nella loro dignità e libertà. E* facile vedere come entrambe queste specie di mali si configurano come tali esclusivamente nei confronti dell'uomo. Un terremoto, ad esempio, è uri assestamento della crosta terrestre che in sé non è né male né bene. Una malattia o un'epidemia non è che un evento biologico dovuto al moltiplicarsi di microorganismi o di cellule: una deformità o una deficienza organica è un evento accidentale che può avere cause vicine o lontane, ereditarie o d'altra natura. Questi fatti sono mali unicamente perché mettono in pericolo l'integrità e la vita dell'uomo o gli rendono difficile eseguire i suoi compiti. Analogamente, i mali morali, la guerra, la violenza, la crudeltà, la sopraffazione, sono mali perché distruggono o ledono l'uomo in qualcosa di essenziale o lo abbassano al livello di una cosa., In conclusione, è nel rapporto con l'uomo, che un evento o un fatto qualsiasi è e'udicato « un male ». Se è così, non si tratta di vedere perché il mondo contenga il male o di giustificare il male come ingrediente del mondo. La natura segue il suo corso, gli eventi naturali obbediscono a leggi costanti c non sempre questi eventi sono favorevoli all'uomo. L'uomo stesso si inserisce nella loro catena e, come ogni specie animale, vive a spese di altre specie e dell'intero ambiente che lo circonda, modificandolo talora anche al di là dei limiti dei suoi bisogni. Si tratta di una situazione di fatto che non può essere esorcizzata con formule metafisiche. Anche se riuscissimo a comprendere il perché ultimo del male, a giustificare tutti i mali possibili nell'economia o nell'ordine generale dell'universo, la nostra situazione non muterebbe per nulla'. Se ritenessimo con gli antichi Stoici che le malattie sono occasioni per mostrare la nostra forza d'animo, daremmo forse un benvenuto alle malattie e manderemmo a spasso i nostri medici? Se ritenessimo, con alcuni pensatori odierni che si vantano d'essere « positivi » o «scientifici», che c'è nell'uomo un istinto di distruzione, di sopraffazione, di morte, dovremmo forse rinunciare a combattere questo istinto? Ogni soluzione globale del problema, che conduca a ritenere il male, nella sua .totalità, reale o irreale, non offre all'uomo alcun aiuto per affrontare i mali in cui si imbatte. Per affrontarli, occorre riconoscerli, scoprirne le cause e trovarne i rimedi: cioè dedicarsi alla ricerca paziente, difficile e mai conclusa dei mezzi di cui possiamo disporre per combattere ogni singolo male nel campo ò nel contesto specifico cui appartiene. La lotta per la sopravvivenza dell'uomo diventa, da questo punto di vista, l'unica risposta possibile al problema del male. E quando si dice « sopravvivènza dell' uomo », non s'intende la sopravvivenza di un semplice organismo biologico, come una pianta o un animale, ma quella di. un essere che ha attributi specifici, ha una sua dignità, cioè può pensare, prevedere e scegliere e che appunto perciò è in grado di lottare efficacemente contro i mali che lo minacciano. La consapevolezza di tali mali, il riconoscimento della loro realtà e delle minacce che implicano, è certo la prima condizione di questa lotta. E da questo punto di vista dichiarare che il male è una non realtà o una presenza inevitabile, può presentarsi come una evasione troppo facile dal problema reale. La ricerca dei mali, ovunque essi si annidino, e dei - mezzi adatti a combatterli, costituisce il compito fondamentale dell'uomo, perché condiziona la sua sopravvivenza e la sua integrità morale. Certo, anche la lotta contro il male ha. il suo costo che bisogna esser disposti a pagare. Un'esperienza ormai vasta, che trova conferma in tutti i campi dell'attività umana, prova che spesso l'eliminazione di un male può produrne altri, forse più gravi. C'è, in -ogni caso, da stabilire un bilancio, da effettuare calcoli di cui i più potenti computers di cui potremo disporre, non sapranno fornirci tutti i dati. Questa è la parte più difficile dell'intero problema, perché è quella cui gli uomini sono meno preparati dal loro sapere e dalla loro saggezza. Ma il costo della lotta non deve distoglierli da essa. Cominciò, questa lotta, ai primordi dell'umanità; non è stata ancora vinta e la vittoria definitiva forse non ci sarà. Ma l'unico significato della vita consiste nello spingerla più a fondo e nella speranza di ottenere migliori successi. Nicola Abbagnano

Persone citate: Nicola Abbagnano, Pietro Conte