La Sicilia dei terremotati sei mesi dopo il cataclisma

La Sicilia dei terremotati sei mesi dopo il cataclisma 11 nostro inviato é ritornato nell'isola. La Sicilia dei terremotati sei mesi dopo il cataclisma L'assistenza è totale ma si sarebbe potuto fare meglio e più in fretta - La ricostruzione dei paesi devastati appare lontana e difficile - I sinistrati che chiedono sussidi, da 45 mila sono diventati 90 mila - «Ma se ci mettiamo ad esaminare tutte le domande — dice il presidente della Regione — chi ne ha veramente bisogno riceverà l'aiuto fra due o tre anni » - Ancora seimila persone nelle tendopoli in condizioni disumane - Continua la riconoscenza per i 600 milioni distribuiti subito da «La Stampa» (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 16 luglio. Oggi è il 16 luglio. Sono trascorsi sei mesi dal giorno in cui il terremoto sconvolse la Sicilia occidentale cancellando, in un attimo, interi paesi, con centinaia di vittime, decine di migliaia di senza tetto. L'emozione, in Italia e nel mondo, fu molto forte; la solidarietà, vasta, commossa, pronta. In poche settimane i lettori de «La Stampa» ci inviarono, e noi distribuimmo « da mano a mano », quasi 600 milioni. Il gesto non è stato dimenticato. Tornando in questa terra si sono rinnovati i ringraziamenti, non disgiunti da stupore ed ammirazione, perché nell'opera di soccorso, giornalisti e impiegati de «La Stampa» riuscirono a consegnare direttamente i sussidi a circa 9200^ capi-famiglia, con le relative ricevute firmate, che ora sono negli archivi amministrativi del giornale, a disposizione di chiunque lo desideri. A che punto siamo oggi? Per rispondere alla domanda abbiamo ripercorso, tra ieri ed oggi, centinaia di chilometri nelle zone terremotate. La fase del soccorso, ovviamente, è conclusa. Non si scava più nelle macerie di Gibellina, Poggioreale, Salaparuta, Santa Ninfa, Santa Margherita S'elice, Montevago. Paesi distrutti, silenziosi, polverosi, abbandonati, sono orrendi sotto il sole radioso. L'assistenza è totale, ma si sarebbe potuto fare meglio e più in fretta, specie per quanto riguarda la costruzione delle « baracche » e la ripresa della vita economica. Peggio ancora per la ricostruzione: appare lontana, invischiata in pastoie burocratiche della Regione autonoma e dello Stato. Dire che tutta la colpa è da una parte però non sarebbe corretto. Per un'analisi franca bisogna tener conto di tutti gli aspetti, compresi quelli meno comodi o addirittura impopolari. La chiarezza può aiutare. E' un'esigenza che abbiamo sentito impetuosa tra le genti delle zone distrutte. Sono discorsi che ci sono stati fatti da siciliani, senza demagogia e con un infinito amore per la propria terra. Ecco degli esempi. La Regione, con un'apposita legge, stanziò subito due miliardi e mezzo per corrispondere un contributo di 200 mila lire ad ogni nucleo familiare terremotato. I soldi si esaurirono. L'altra settimana, in coincidenza con la marcia dei terremotati su Palermo, sono stati stanziati altri due miliardi. Dunque un totale di quattro miliardi e mezzo, pari a 200 mila lire per famiglia per 22.500 nuclei familiari, cioè circa 90 mila terremotati, sulla base di quattro persone per ogni famiglia. Rivolgiamo al presidente della Regione, on. Caroilo una domanda: «Ma i terremotati non erano circa 45 mila?». Risponde allargando le braccia: «Se ci mettiamo ad esaminare pratica per pratica, coloro che ne hanno veramente bisogno, riceveranno il sussidio tra due o tre anni ». (Si potrebbe anche aggiungere che la miseria è tanta e che le 200 mila lire non vanno in ogni caso a gente ricca. Però il fatto resta). Lo Stato si è dimostrato meno arrendevole. Per avere il contributo statale di 500 mila lire destinato agli artigiani, nella sola Camera di Commercio di Trapani sono state presentate, ci dicono, 22 mila domande: come se un terremotato ogni due fosse artigiano e, fatta una media di quattro persone per famiglia, ci fossero quasi due artigiani ogni nucleo familiare. Le pratiche vanno a rilento. Gli uffici controllano e contestano. Migliaia di richiedenti non risultano nemmeno iscritti agli albi dell'artigianato. Chiedono il sussidio anche quelli di città sfiorate dal terremoto, « perché dalla paralist economica è derivato un danno ». Intanto gli artigiani che hanno avuto il laboratorio distrutto e sono scappati con la camicia che avevano indosso, attendono, non hanno ancora percepito una lira e protestano con ragione. Durante la marcia su Palermo portavano cartelli che diceva no « Aiutate gli artigiani ». Nei giorni dopo il terremoto s'è detto, giustamente, che la sciagura doveva essere l'occasione per un rilancio econo mico e sociale della Sicilia occidentale: « Ricostruirla co m'era sarebbe inutile e dannoso ». Dalla premessa è nata una grande confusione. C'è stata la corsa per farsi inse¬ robsdsétnddsdrìdqadtitaetTlrqvss(csmsdm i e e n ò o e 0 i o , n e rire tra i comuni terremotati o sismici, onde usufruire dei benefici regionali o statali. Risultato: nella sola provincia di Palermo, su 82 comuni, 74 sono stati dichiarati sismici é l'elenco dei centri terremotati sfiora, .in totale, il centinaio. Conseguenza: poiché d'ora in poi lo Stato pretenderà che nelle zone sismiche si costruisca secondo criteri di sicurezza, si profila il perìcolo della paralisi totale dell'attività edilizia in tutti questi comuni. Quind^c'è un affannoso battersi per uscire dagli elenchi. Il sindaco di un paese lontano dalla zona terremotata ieri mi diceva: «Anch'io, sotto la pressione dei cittadini, avevo avviato la pratica per essere incluso. Sono stato fortunato, l'hanno respinta ». Tutto ciò ritarda e complica la ricostruzione che già è paralizzata per altre cause. Ma torniamo al triangolo quasi totalmente distrutto dove la terra per giorni ha sussultato cosi forte che anche l'asfalto si screpolava sótto i piedi, dove sei mesi fa c'era tanta disperazione ed oggi c'è angoscia per il futuro. La rete viaria è stata quasi completamente riparata (qualche grosso ponte è ancora interrotto), frane e smottamenti sono stati eliminati. Su parecchi tratti di strada oggi si viaggia meglio di prima, ma l'insieme resta mediocre. Perciò bisogna continuare con slancio « per non rifare semplicemente la Sicilia di prima del terremoto ». Tendopoli: circa seimila persone sono ancora sotto le tende ed è terribile con temperature che raggiungono anche i 40 gradi all'ombra. Ieri ed oggi abbiamo visto gente disperata, che vive in condizioni disumane. C'erano anche dei bimbi. Tutti i profughi del campo di «La Pietra» che adottammo nei 'primi giorni del terremoto a nome dei lettori de « La Stampa », non sono più sotto le tende. Baracche (si chiamano così le casette prefabbricate, con basamenti di cemento, strutture metalliche, fognature e servizi igienici, acquedotto e con più o meno efficiente isolamento termico. Costano, ci dicono, dalle 22 alle 45 mila lire il metro quadrato. Per quattro persone ci dovrebbe essere almeno una stanza di 25 metri quadrati). In alcuni centri l'affollamento, definito provvisorio, è superiore alle 4 persone. Vi sono costruzioni di tutti i tipi comprese quelle offerte da Stati esteri e internazionali, Con il sole a picco, nelle baracche fa caldo, ma un rimedio appare difficile. « Le baracche costruite, in fase di finitura o commissionate — dichiara il presidente della Regione on. Caroilo — sono circa 13 mila, comprese le 2500 che la Rai-Tv ha ordinato utilizzando i quattro miliardi raccolti con la sottoscrizione nazionale. Ne mancano ancora almeno tremila». I sindaci di Gibellina, Salaparuta, Poggioreale e Montevago, in un telegramma hanno chiesto che « le somme raccolte dalla Rai, nel rispetto della volontà degli offerenti, vengano devolute alle popolazioni più duramente colpite ». E aggiungono: « Anche le baracche sono urgenti, ma significa sostituirsi allo Stato, utilizzando offerte private ». Mancano totalmente i magazzini per consentire ai contadini di conservare i prodotti della' terra e le stalle per il bestiame. Le stalle, si dice, atemsptscmc arriveranno. Chi poteva intanto ha rinunciato al mulo e lo ha sostituito con piccoli motocoltivatori. In questi casi, ma sono pochi, il fatto potrebbe persino essere positivo. Parecchi hanno dovuto svendere il grano, anche perché non era di qualità ottima a causa dell'abbandono durante il terremoto. Le cantine sociali sono in piedi ma c'è qualche preoccupazione per il raccolto dell'uva. Pochissima la ripresa artigianale, meglio quella commerciale. Nei corsi elementari e medi delle scuole sono stati fatti gli scrutini: data la situazione eccezionale i bocciati sono rarissimi, i rimandati pochi, ed i promossi, dov'è possibile, continuano a frequentare il doposcuola. Per l'autunno dovrebbero essere disponibili le aule prefabbricate, in alcuni centri ci sono già, in altri le aspettano. Il sussidio di cinquecentomila lire, che lo Stato ha deciso per ogni nucleo familiare (oltre le duecentomila della Regione), è in corso di corresponsione: nei paesi totalmente distrutti il pagamento è pressoché ultimato, altrove le percentuali oscillano dal 50 all'80% e ci sono contestazioni e ricorsi perché si tratta di stabilire una graduatoria del danno subito; se cioè la famiglia ha diritto alle cinquecentomila lire oppure a cifre inferiori. Tutte le persone interrogate, dai sindaci dei paesi ai lavoratori, ci hanno dichiarato che « non esiste disoccupazione » nella zona del terremoto; però il problema si presenterà non appena superata la punta attuale dei lavori agricoli. Le imprese che costruiscono le baracche oggi hanno difficoltà a reperire la manovalanza. A tutti i terremotati cbntinua ad essere corrisposto un sussidio giornaliero di mille lire per ogni capo-famiglia più quattrocento lire per ogni persona a carico. Sergio Devecchi

Persone citate: Sergio Devecchi