Le critiche di Merzagora di Vittorio Gorresio

Le critiche di Merzagora Le critiche di Merzagora L'intervento di lunedì a Palazzo Madama ha suscitato (come sempre) vivaci reazioni E' stata ieri la prima volta che il senatore Cesare Merzagora ha parlato da uno scanno di Palazzo Madama, j anziché dal banco di presidente che aveva occupato per quindici anni. L'uomo, comunque, è rimasto lo stesso, perché non si era mai negata, neppure da presidente, quella libertà di parola che è connaturata al suo temperamento. Anche in funzione di ministro — fu titolare del Commercio Estero nel 1947 — dichiarò un giorno con un certo candore provocatorio di non essere in grado di fronteggiare i suoi compiti, e che talvolta quindi si sentiva tentato di prendere le sue decisioni rimettendosi al responso di « testa o croce r. dato da una moneta lanciata in aria. Quando, in novembre dell'anno scorso, dette le dimissioni da presidente del Senato, i motivi furono una serie di « non sappiamo » dove saremmo andati a parare, tutti noi italiani, date le incognite che egli vedeva sull'orizzonte del Paese, polìtiche, economiche, sociali. Una altra volta, nel febbraio del 1960, aveva lanciato Un grido che era presagio di catastrofi (,« Cosi non si va avanti! ») perché in ogni settore della vita pubblica, in ogni amministrazione, in ogni partito, non gli riusciva di scorgere che corruzione. Forse è personalmente troppo onesto ed integro per non sentire la più profonda ripugnanza per tutti 'quelli che sono gli aspetti — chiamiamoli così — dell'opportunismo politico. In ogni modo, nel suo discorso di ieri, ha dimostrato grande garbo morale. Deferente nei confronti dell'assemblea per tanti anni da lui stesso presieduta, ha definito il Senato « un'amministrazione per bene ed assolutamente funzionale », ed ha augurato al suo successore Fanfani di risolvere i problemi dei quali egli stesso (« non certo per mìa colpa », come ha tenuto a precisare) non era riuscito a venire a capo. Gli ha poi voluto esprimere un pronostico lusinghiero: di non conservare troppo a lungo il suo seggio, essendo Fanfani giovane e nel pieno diritto di nutrire altre legittime aspirazioni. E' stato cortese anche nei confronti di Moro (« che ha lasciato il suo posto con una discrezione ed una signorilità senza pari ») e a questo punto non si è capito se il suo proposito fosse di pia cevole ironia o di ripensata riparazione. Merzagora. difatti, nel giugno 1964, era stato contrario alla costituzione di un governo di centro-sinistra. Fra tutti gli interpellati dal Presidente della Repubblica Segni, Merzagora era stato il solo a suggerire la formazione di un governo di emergenza, e quando Moro, accettato l'incarico per un ministero di coalizione democratica, si recò a Palazzo Madama per la visita rituale, Merzagora non vi si fece trovare. Inoltre, ancora, si assentò da Roma alla vigilia del dibattito sulla fiducia in Senato che egli mancò di presiedere. Da ciò, comunque, non sarebbe lecito attribuirgli una preconcetta avversione per soluzioni politiche tendenti a sinistra: piuttosto, è assai difficile, anche dal contesto del discorso pronunciato ieri dal suo scanno, rendersi conto esattamente dei suoi orientamenti politici. Egli ha preconizzato una ricerca democristiana di intese con il partito comunista, «sentendo essa in larghi strati la tentazione a scavalcare a sinistra i socialisti». E' una denuncia, è una condanna? Non si direbbe, perché a giudizio di Merzagora, il presidente Leone avrebbe dovuto fin d'ora coprirsi meglio a sinistra, chiamando al governo i rappresentanti di tutti i sindacati, o — come alternativa — tutti gli ex presidenti del Consiglio e gli ex presidenti di assemblee, compresi i senatori Terracini e Parri: «A mio parere, molte cose uniscono i gruppi parlamentari, dai comunisti ai mis¬ sini, ed un governo di carattere parlamentare avrebbe potuto risolvere tutti i problemi ». Quello che il senatore Merzagora chiama governo di carattere parlamentare ebbe nome in Sicilia di milazzismo, tentato da un democristiano dissidente, nel '59, appunto con l'aiuto di fascisti e comunisti, ma il ricòrdo dei risultati che si ottennero allora nell'isola non giustifica l'ottimismo di Merzagora sulla effettiva possibilità di risolvere, per questa via, «tutti i problemi». Egli ha, tra questi, fatto cenno ad alcuni molto attuali come quello del Sifar — che certamente non lo sfiora —e quello della Rai-tv, che invece pare l'abbia sacrificato almeno tre volte: la prima, il 25 febbraio 1960 (il giorno del discorso « Così non si va avanti! »); la seconda l'8 luglio dello stesso anno, quando Tambroni dette l'ordine che non venisse registrato un suo discorso che esortava a una tregua delle lotte sindacali e di partito; e la terza, il 20 ottobre 1967, quando fu censurato un suo discorso all'Associazione dei Cavalieri del Lavoro, che fu il preludio delle sue dimissioni da presidente del Senato. «Mettere il bavaglio anche al presidente del Senato non è concepibile né tollerabile in una sana democrazia», ha detto ieri Merzagora con forza, e su questo punto, chiunque sia là persona che esercita di fatto il controllo sulla Rai-tv, nessuno veramente può dissentire da Merzagora. Tuttavia, conta pure l'orientamento politico personale che egli ha espresso, aprendo, ieri a Palazzo Madama il dibattito sulla fiducia al governo Leone. Ha preannunciato un suo voto a favore, ma è Sembrato che foSse nel senso di una concessione, tanto per evitare un pis allei", nella ricerca dèi minore dei mali. Ha dichiarato che «il go¬ verno Leone avrà forse, in conseguenza delle controversie fra i partiti, una durata più lunga di quello che egli pensa ». Non è per malaugurio nei riguardi dell'attuale benemerito presidente, ma l'auspicio dovrebbe essere un altro. Le controversie tra i partiti esistono quali «contrasti naturali e necessari», come ebbe a definirle lo stesso Saragat nel suo discorso di insediamento alla presidenza della Repubblica, ma non si debbono trascinare oltre termini e limiti ragionevoli. In questo caso degenererebbero nel malcostume politico antidemocratico, un tema al quale il sen. Merzagora è cosi onestamente sensibile, e che dà sempre conforto sentirgli condannare, come ha fatto anche ieri. A condizione, tuttavia, che la prospettiva rimanga un chiarimento fra i partiti per una sollecita ricostituzione del centro - sinistra Vittorio Gorresio

Luoghi citati: Roma, Sicilia