Cook seppe scoprire e capire la grande civiltà polinesiana

Cook seppe scoprire e capire la grande civiltà polinesiana i suoi «Diari» restano attuali dopo duecento anni esatti Cook seppe scoprire e capire la grande civiltà polinesiana Dopo averla apprezzata a Tahiti, la conobbe meglio nell'isola di Bora Bora - Vi arrivò quasi per caso, cercando l'ancora perduta da una nave francese: il ferro, in Polinesia, era la moneta più apprezzata ed i marinai rubavano persino i chiodi dello scafo Gli indigeni, non conoscendo la scrittura, si tramandavano il racconto degli antichi fatti con spettacoli di canto, mimica e danza Più delle tempeste, delle rotte smarrite, dell'ostilità di certe popolazioni bellicose isolane, il vero problema dei comandanti delle grandi navi che esplorarono l'Oceano Pacifico alla fine del '700 fu quello dei chiodi. Infatti nelle isole ove essi approdavano, il ferro era sconosciuto, e i polinesiani desideravano averne in cambio d'ogni mercanzia. Scrisse nel suo diario di bordo l'esploratore inglese Wallis: «... frutta e carne le dovevamo pagare più care che da principio; effetto de' troppi 'chiodi, che i nostri avevano rubato per pagare i loro commerci e i loro favori per le donne. Io diedi ordine, che si facesse la visita di tutti quelli, che andavano a terra per evitare che a bordo si rubasse altro ferro. Malgrado queste precauzioni il rubamento de' chiodi del vascello crebbe sì fortemente, che ormai v'era pericolo che lo scafo fosse guastato tutto ». . Anche a bordo della nave dell'esploratore Cook che giunse a Tahiti duecento anni fa esatti per la prima esplorazione scientifica del Pacifico, ne accaddero di belle a causa del ferro: i suoi marinai cercarono perfino di rubare un'ancora per farne facile moneta, dopo averla spezzata in molte parti; insubordinazione tanto grave da costringere Cook ad affiggere sul ponte un'ordinanza che prevedeva pene severissime per chi rubava ferro a bordo delle navi. E fu proprio per cercare un'ancora perduta dall'esploratore francese Bouganville che il comandante Cook — dopo aver esplorato l'isola di Tahiti — raggiunse e rilevò la più bella fra tutte le isole dell'Oceano: Bora Bora; e dei giorni dì Cook nel Pacifico, quelli passati in quest'isola sono forse i più emozionanti da evocare, in quanto proprio a Bora Bora Cook senti che la r ' - di quelle isole de Mari del Sud, i polinesiani, erano i depositari d'una civiltà raffinata ed antica, nobile quanto le più evolute dell'Occidente europeo e dell'Oriente asiatico. Il re di Bora Bora accolse Cook con dignità, non volle regali se non dopo che l'inglese avesse trovata l'ancora che cercava; permise poi a Cook e ai suoi collaboratori (l'esploratore era il primo che navigasse portando con sé scienziati ed artisti) di entrare nei villaggi e studiarne la vita. E nel loro diario di viaggio i navigatori europei descrissero le tradizioni familiari, gli usi religiosi di quegli isolani, lodandoli come già avevano fatto per quelli di Tahiti. E infine Cook e i suoi collaboratori compresero qual era il linguaggio che in Polinesia sostituiva la parola scritta, nel tramandare il ricordo, l'esperienza, i fatti del tempo passato. La storia, nelle isole, era conservata e periodicamente ricordata nei canti e negli spettacoli musicali: danze, pantomime, e vere e proprie rappresentazioni teatrali. , Il 3 agosto 1769 in onore di CotSfc vennero- eseguite sulle spiagge di Bora Bora danze che « narravano » del tempo lontano delle trasmigrazioni oceaniche dei polinesiani (fatti e avvenimenti di mille anni prima!) e il giorno dopo venne eseguita una vera e propria rappresentazione teatrale in quattro atti, in cui i personaggi erano numerosi; Cook — emozionato da questa ennesima prova di quanto il mondo polinesiano vivesse in una civiltà altamente evoluta — cosi descrisse la trama: « Il padrone comanda ai servitori di custodire un paniere di provviste: i ladri cercano, danzando, di rubarle a i servitori, danzando egualmente, fanno ogni sforzo per impedirlo. Dopo diversi alterchi, questi siedo¬ no attorno al paniere e vi si appoggiano per evitare il furto temuto, ma si addormentano. I ladri si accostano dolcemente, sollevano gli avversari e portano con loro la preda; i servitori si svegliano, si accorgono dell'accaduto, ma tutto termina con una danza generale fra i ladri e i servitori ». Posso immaginare — avendo assistito ad analoghe rappresentazioni proprio a Bora Bora — che tutto lo spettacolo avesse il ritmo di un veloce, scanzonato balletto, libero da uno schema teatrale preciso, ma non per questo meno rigoroso nell'osser¬ vanza di vere e proprie regole sceniche; in un certo senso, la rappresentaziono teatrale polinesiana alla quale Cook assistè a Bora Bora in quell'agosto della seconda metà del '700, aveva probabilmente una impostazione più moderna e avanzata degli analoghi spettacoli che a quei tempi si davano nei teatri polverosi e parrucconi d'Europa. Nei giorni in cui Cook lasciava la Polinesia al termine del suo primo viaggio (dei successivi parleremo ancora) in Inghilterra veniva inaugurato il primo ponte in ferro del mondo; in Francia maturavano avvenimenti che avrebbero dato inizio alla nostra storia contemporanea; in varie parti del mondo si sperimentavano macchine che ben presto avrebbero relegato le navi come quelle di Cook nel museo dei tempi antichi. Eppure Cook, malgrado le vele del suo Endeavour, il suo tricorno e la sua parrucca da capitano settecentesco, a leggerlo e a riviverne oggi il suo viaggio, ci appare già come un personaggio del nostro tempo. Fu il primo esploratore a comprendere la civiltà delle popolazioni con le quali venne in contatto. Non le trattò da « selvaggi » ma alla pari. Per questo nasce con lui — l'abbiamo detto — il grande viaggio di scoperta nel senso più moderno della parola: ripercorrendo il suo secondo ed il suo terzo itinerario nel Pacìfico (che egli compì a breve distanza da questo primo) vedremo sino a che punto questa affermar zione è vera. Folco Quilici Una ragazza polinesiana come la vide un disegnatore della spedizione di Cook, 200 anni fa (Foto Quilici)

Luoghi citati: Europa, Francia, Inghilterra