Quest'anno a Siracusa è la volta di Euripide

Quest'anno a Siracusa è la volta di Euripide Si opre la stagione all'aperto nel teatro greco Quest'anno a Siracusa è la volta di Euripide Due tragedie in cartellone - Il regista Montemurri parla di « Elettra», scelta per la serata inaugurale di mercoledì Nostro servizio particolare Siracusa, lunedì mattina. E' dal 1918, ormai, che nell'anfiteatro greco di Siracusa si succedono le rappresentazioni di spettacoli di prosa organizzate dall'Istituto Nazionale del dramma antico. Quest'anno, nella bimillenaria cavea, sarà di scena Euripide, il terzo poeta della grande triade greca, del quale si rappresenteranno alternativamente, da mercoledì 29 maggio a domenica 16 giugno, Elettra e Le Fenicie. All'Elettra spetta il compito inaugurale, particolarmente gradito in quanto si tratta addirittura (si parla naturalmente di epoca contemporanea) di una « novità assoluta » per l'Italia. Fra le tre « Elettre », rispettivamente di Echilo, Sofocle e Euripide, lo Schlegel condannava sbrigativamente la terza, definendola senz'esitazioni «la più brutta tragedia » dell'intera opera euripidea. « A torto — sostiene il regista Davide Montemurri (quello del recente e controverso Agamennone alfieriano con Albertazzi) — perché in questa "Elettra" gli dei scendono dal loro piedistallo, gli eroi perdono la loro astrazione, tutto il mito viene umanizzato, e ci guadagna in fondo la suggestione, la commozione più intima ». — Quali sono le maggiori variazioni rispetto alla cornice classica del mito degli Atridi? — La prima innovazione, piuttosto curiosa, è quella dello sposo di Elettra, un contadino umilissimo che vive del suo lavoro nei campi: i due abitano in una modesta casa di Argo, uniti solo formalmente, perché il marito ha rispettato la verginità di Elettra. Ma al di là di qualche personaggio o di qualche situazione mutata, è proprio lo spìrito ad essere radicalmente diverso, rispetto ad Eschilo e a Sofocle, e alle loro tragedie che da noi sono molto più note che non questa. Gli uomini di Euripide sono liberi, non sono fuscelli in balia del destino: e proprio per questa libertà sono maggiormente responsabili delle loro azioni: maggiormente colpevoli, quindi, ma nello stesso tempo più aperti al rimorso, al tormento, all'espiazione ». — Fin dove la « modernità psicologica di Euripide verrà tradotta in termini scenicamente "moderni"? Fino a dove, cioè, la tradizione spettacolare » verrà rispettata? — Risponderò con altrettante domande. La vicenda degli Atridi, così com'è vista da Euripide, non è forse si¬ mile a tante altre storie che hanno — o hanno avuto in un recente passato — come sfondo le condizioni, poniamo, del latifondo siciliano? Lo strapotere di un signorotto locale, lo scatenarsi delle passioni, la sensualità di Clitennestra, il rancore e l'orgoglio di Elettra, l'albagia di Egisto, in quest'opera dove i fatti religiosi sono visti con l'occhio disincantato dello scettico di fronte alle superstizioni popolari, non sono capaci di trovare in analogie di questo genere un "humus" drammatico ben più fertile di quello di una "tradizione" forse malintesa e senza dubbio stanca? Collaboratori di Montemurri, per quest'allestimento, sono lo scenografo Emanuele Luzzati e il costumista Maurizio Monteverde (« Siamo ricorsi — affermano i due — a sottili e sottintese analogie con un mondo a noi vicino »), il musicista Roman Vlad, il coreografo Flavio Bennati. Nell'agguerrito « cast », Valentina Fortunato, appena reduce dalla lunga « tournée » della Monaca di Monza, sarà Elettra. Accanto a lei, Elena Zareschi (Clitennestra), Arnaldo Ninchi (Oreste), Renzo Giovampietro (Messaggero), Mario Felicianl (il vecchio », gi. po.

Luoghi citati: Eschilo, Italia, Monza, Siracusa