Per i berlinesi andare in ferie è come una fuga verso la libertà di Massimo Conti

Per i berlinesi andare in ferie è come una fuga verso la libertà Ira psicosi tli uMMSt tsittà assediata Per i berlinesi andare in ferie è come una fuga verso la libertà Hanno incominciato a partire in massa verso spazi più ampi, meno soffocati dalla presenza nemica - Il traffico sulle autostrade è difficile per i severi controlli della polizia di Ulbricht L'atmosfera della città è peggiorata per la minaccia di « blocco » e la rivelazione di scandali Gli aiuti del governo federale (oltre un miliardo al giorno) alimentano enormi, speculazioni (Dal nostro inviato speciale) Berlino, 29 giugno. Ora che sono cominciate le vacanze, Berlino Ovest si sta spopolando con una rapidità che suggerisce l'idea della fuga. I giganteschi reattori che collegano Berlino alle principali città della Germania Occidentale salgono nel cielo con la frequenza di autobus (uno ogni quindici-venti minuti); e ad ogni ora del giorno sono stipati di gente apparentemente felice. Per i due milioni di berlinesi occidentali la gioia della vacanza si associa ad una rinnovata sensazione di libertà; il piacere, per altri sconosciuto, di potersi muovere da un luogo all'altro senza contare i metri, senza la paura di incappare, da un .momento all'altro, in un cavallo di frisia, una mina, una guardia di Ulbricht che spara a vista. « Lasciate tutto dietro di voi », suggerisce il manifesto pubblicitario di una compagnia aerea con l'immagine d'un velivolo già alto nel cielo, e, per terra, un paio di ceppi abbandonati. I più accettano il consiglio. Ma sono anche molti i berlinesi che abbandonano la città in automobile e col treno. Da stamattina il traffico sulle tre autostrade di Berlino si è fatto denso, con code di vetture dovute ai sempre più meticolosi controlli della polizia comunista. Oltre al passaporto e alla denuncia della valuta, ai viaggiatori in transito per il territorio sovietico si richiede l'assicurazione scritta che nei bagagli non siano contenuti: recipienti a chiusura ermetica, armi, dischi, pellicole non sviluppate, diapositive, nastri magnetici, pubblicazioni di carattere « sovversivo ». Fra le pubblicazioni sovversive hanno incluso anche le carte geografiche che indicano la Germania comunista come « zona di occupazione sovietica » invece di « Repubblica democratica tedesca »: un carico di atlanti con la sprezzante definizione, che era destinato alle scuole di Berlino Ovest, è stato respinto dalla polizia comunista alla frontiera fra le due Germanie. « La Russia — ha detto il borgomastro di Berlino Ovest, Klaus Schùtz — è disposta a tollerare ulteriori restrizioni al traffico che vengono già meditate dai comunisti. Da un momento all'altro può essere necessario prendere serie, concrete contromisure ». Le pessimistiche previsioni del borgomastro sembra che non vengano condivise da tutti, nella Repubblica federale. Vista di qui, però, la condizione di Berlino non appare confortante: non c'è dubbio che, con un' altra mossa di Ulbricht, essa può farsi critica. Il tentativo di strangolamento economico messo in atto dai comunisti ha acutizzato problemi, chiarito difficoltà, rivelato errori. Sono emersi scandali. Per mantenere in vita la città, lo Stato tedesco spende un miliardo 200 milioni di lire al giorno, fra sovvenzioni, contributi, sgravi fiscali. Ebbene, l'industria berlinese è in crisi, gli operai lasciano la città alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro nella Germania Occidentale (in sei anni sono emigrate più di centomila persone), mancano gli alloggi, aumentano i fallimenti. La scoperta, avvenuta ora, è che i soldi dello Stato vengono spesi male e — peggio — che essi servono a nutrire una fiorente speculazione. L'episodio più clamoroso è quello delle industrie del tabacco, che danno lavoro a quattromila operai berlinesi. I salari sono assicurati, ma i profitti degli imprenditori appaiono scandalosi. A conti fatti, si è appurato che per garantire a quegli operai paghe per 42 milioni di marchi, lo Stato sovvenziona le imprese con 140 milioni l'anno. Sarebbe meglio, si è detto, pagare a quella gente un vistoso assegno di disoccupazione. Ormai avviare una impre¬ sa commerciale a Berlino Ovest è diventato un affare senza il minimo margine di rischio. Di qui la proliferazione di aziende metodicamente passive, di negozi che di continuo cambiano padrone, di industrie fittizie. Il numero delle imprese inesistenti si è andato moltiplicando in fretta. Gli speculatori hanno facile gioco quando si tratta di ottenere alleggerimenti fiscali e aiuti dallo Stato: basta un ufficio di due camere, a Berlino Ovest, e una targa sulla porta. Da questo stato di cose gli studenti ribelli di Berlino — che sono tuttora infermento — hanno tratto giudizi gravi: « Bonn ha abbandonato Berlino al saccheggio degli speculatori ». Il « sacco di Berlino » è una iperbole degli immaginosi compagni di Rudy Dutschke; però, al pari di altre esagerazioni, è servita a scoprire una verità. Il malessere di Berlino deriva dalla consapevolezza della propria labilità. « Un tronco marcio — insistono gli studenti —; per abbatterlo basterà un colpo di vento ». Massimo Conti

Persone citate: Klaus Schùtz, Rudy Dutschke, Ulbricht