Le archeologiche dame dei fiorentino Campigli

Le archeologiche dame dei fiorentino Campigli URTI ED ARTISTI Le archeologiche dame dei fiorentino Campigli Compendiati dà una bella mostra i suoi quarantanni di attività - Una prbmessa pittorica torinese: Giorgio Bonelli - Venticinque autoritratti Tutti conoscono il modulo pittorico preferito da Mas Simo Campigli, uno dei più celebri artisti italiani viventi. E' una figura femminile dai grandi occhi spalancati, rap presentata quasi sempre frontalmente con un'aria di stupefatta contemplazione, una sagoma in forma di clessidra che par restituita alla luce (di qui il'suo stupore) dalla profondità d'uno scavo archeologico, instancabilmente ripetuta pur con innumerevoli modulazioni di volume e di colore tenero e dolce, cremoso, volentieri atteggiata come in ascolto interiore di sue segrete parole (di qui il silenzio che l'avvolge), o ad una abbastanza accostevole ieraticità da domestico idoletto etrusco. Un'immagine propizia ad interpretazioni e divagazioni letterarie — ed egli stesso, il fiorentino Campigli, nato nel 1895, fu scrittore prima che pittore e alla pittura venne dal giornalismo —; ma soprattutto atta a fornire al l'opera globale di un artista quella caratterizzazione netta, subito riconoscibile e facilmente ricordevole che il pubblico, anche il più esigente e colto, ama e quasi pretende dai suoi artisti favoriti come una tipicità che, mancando una volta, lo tradisca. Non è diminuirgli la statura affermare che Morandi se da co testa tipicità fosse uscito va riandò con altri motivi le in numerevoli bottigliette e gli inevitabili paesaggi di Grinzane, agli occhi di molti sarebbe « meno Morandi »: perché non tutti hanno le spalle di un Tiziano o di un Dela croix. Così fu per la vasta for tuna di Campigli, a parte il fatto che molto gli giovò il lungo soggiorno a Parigi dove ebbe prima del 1930 la sua affermazione; e sì sa che cosa significasse per un pittore una quarantina d'anni fa un successo parigino. Press'a po co di quel tempo sono le sue più vecchie opere ! — Le sorelle, Transatlantico, -r delle trenta circa ora presentate nella galleria Gissi di piazza Solferino 2: una interessante sintesi dell'attività di Campi gli. spinta fino al 1968, un ot timo riepilogo di alta qualità, che se da un lato dimostra — come nota Albino Galvano sul catalogo — la fedeltà del pittore al suo motivo, dall'altro ci dà modo di osservare il suo progressivo distacco da certi modi quasi naturalistici degli inizi, tradotti da un tonalismo chiaroscurale che via via è stato sostituito da zone di colori puri, da toppe e in castri cromatici, secondo un gusto che forse si può dire più « moderno », ma che, a parer nostro, non ha più condotto l'artista ai mirabili risultati di cui dà testimonianza in questa mostra la deliziosa tela delle Tre vio Uniste, del 1936. Dei « Cinque pittori del nostro tempo » (questo il titolo della mostra) che espongono nella galleria « La Bussola » di via Po 9, cioè il parigino Aillaud, lo spagnuolo Arroyo, gli italiani Caminati, Recalcati, Giorgio Bonelli, ci sembra che, essendo assai noti i primi quattro, voglia parti colare attenzione l'ultimo, ligure di 27 anni che vive a Torino. Schietto « figurativo r come i suoi compagni, egli si vale di una tavolozza chia ra, limpida, pacata al pari dei suoi pensieri. Una volta tanto abbiamo un pittore che non adopera la pittura per discutere di politica, di socio logia, di scienza o fantascienza, di tecnologia, che non si propone di « contestare » coi colori e con le forme il « sistema » (vivendoci dentro benissimo come molti artisti «impegnati» di nostra conoscenza), che non capeggia una rivoluzione al giorno, che non reinventa il mondo ogni quarto d'ora; ma un pittore che tenta di restituire alla pittura, come meglio può con rappresentazioni che coinvolgono la realtà dell'uomo, i suoi limiti poetici, i suoi scopi di lirica effusione, e un discorso ade guato ai mezzi della sua arte che, evidentemente, egli ama meglio che qualsiasi estranea ideologia. * * L'autoritratto, che può essere per il pittore, più che per lo scultore, il più pratico e rapido mezzo di studio fisio nomico perché il modello è sempre a sua disposizione, è anche, inevitabilmente, una confessione, una specie di duello fra l'intimità psicoto Cica dell'artista e la propria immagine che dovrebbe rivelarla: si pensi a Rembrandi Di qui l'interesse d'ogni auto ritratto che realizzi un'auten tica espressione artistica; in teresse confermato dalle 25 opere riunite nella galleria « Carlo Alberto » al numero 12 della via omonima. Fra gli altri, autoritratti di Carrà (bellissimo), Alberto Martini, Del Bon, Rosai, Sa vinto, Spazzapan (finora, ci sembra, ire dito), Menzio (in numero di 4 e di varie date), Guttuso (1940), Italo Cremona, Leonor Fini (1939), Peluzzi, Da Milano, Lilloni, Tozzi, Tamburi, Allimandi, Borra, Biotto. Alcuni sono disegni (Faz zini, Manzone, Bonfantini). Gli autoritratti di Paulucci e di Carpi sono stati eseguiti appositamente per questa pia cevole mostra, mar. ber. K . Ct li tii

Luoghi citati: Carpi, Parigi, Torino