Spoleto: balletto da un miliardo nato in un faro dell'Atlantico
Spoleto: balletto da un miliardo nato in un faro dell'Atlantico Secondo spettacolo al Festival dei due Mondi Spoleto: balletto da un miliardo nato in un faro dell'Atlantico *#v.'-*-'-y-,V'-''-' ' "-' n- .. i L'« Harkness » di New York è il frutto recente di un illuminato mecenatismo (Dal nostro inviato speciale) Spoleto. 28 giugno. Che cosa può fare un mecenate con due milioni di dollari? Da noi. probabilmente, finanzierebbe una squadra dì calcio. Negli Stati Uniti, dove la munificenza privata in favore della cultura è ancora una pianta rigogliosa, e non \ importa che talvolta sia un modo di allentare la stretta del fisco, quel miliardo e un quarto di lire è servito alla signora Rebecca Harkness per dare vita ad una compagnia di balletti che, con il nome della sua fondatrice, si è presentata stasera al giudizio degli spettatori del Festival dei due Mondi. « The Harkness Ballet of New York », questa è la sua ultima denominazione, è nato soltanto quattro anni fa su una spiaggia dell'Atlantico, in una villa e in un vecchio faro adattato a sala di prove. La signora Harkness, che già da qualche tempo si adoperava per la diffusione della danza (finanziò, ad esempio, le tournées europee dei balletti di Robbins che, proprio a Spoleto, ottennero nel '61 uno splendido successo), invitò a quel workshop estivo coreografi, danzatori, musicisti e scenografi di diverse tendenze e di chiara fama. In autunno, la nuova compagnia dava il suo primo spettacolo alla Casa Bianca. Ma il vero esordio avvenne l'anno dopo, a Cannes, da dove l'« Harkness ». diretto da George Skibine con l'aiuto di Donald Saddler, un fortunato coreografo di Broadway, andò a Roma e in altre città d'Europa prima di stabilirsi definitivamente a New York sotto la nuova guida di Brian Mac Donald e ancora del Saddler, e di acquistare la sua attuale fisionomia improntata, si direbbe, ad un intelligente eclettismo. Il repertorio comprende infatti danza classica e moderna, coreografie tradizionali e balletti di avanguardia, con musiche che vanno dai galoppanti o languidi motivi ottocenteschi alle suggestioni del jazz e della musica concreta e con scenografie tanto naturalistiche quanto astratte. Di questa equivalenza di fronte a vecchie e nuove forme, l'« Harkness» ha offerto alcuni esempi nel suo spettacolo di stasera al Nuovo; Variazioni per quattro più quattro non è altro che un saggio di virtuosismo, ideato dal coreografo inglese Dolin strapazzando musiche poco note di Verdi, per quattro coppie di ballerini. Anche Canto indio è soltanto un passo a due (eseguito con bravura ed humour da Elisabeth Carroll e Helgi Tomasson) spolverato di folclore messicano dalla coreografia del Mac Donald su musica di Carlos Chavez. Più interessante, ma non molto chiaro nella sua pretesa di contrapporre i movimenti convulsi del ballo moderno a quelli, chi sa poi perche, ieratici e lenti delle danze dei primitivi, è Time out of mind (alla lettera, a Tempo fuori dalla mente») che tuttavia non sembra ben servito dalla musica di Paul Crcston usata da Brian Mac Donald nella sua coreografia, ma che s'arricchisce di qualche buon effetto con le scene astratte e i costumi di TerAutunian. Ma dove l'«Harkness». an¬ cora più completo, ha davvero modo di mettere in vetrina i frutti di una scrupolosa preparazione e la spiccata personalità di alcuni suoi elementi (impossibile citarli tutti), è in Monumento per un ragazzo morto, la creazione coreografica forse più importante dell'olandese Van Dantzig. In questa storia della sconfitta di un adolescente (protagonista Lawrence Rhodes), vittima di un'educazione sbagliata ed anche della sua stessa immaturità, ogni episodio è ridotto all'essenziale, i personaggi hanno una precisa espressività e la musica concreta di Jan Boerman una straordinaria efficacia. Proprio in questo intenso balletto, calorosamente applaudito come gli altii brani dal pubblico, l'« Harkness » offre il meglio di se stesso e indica, ci sembra, la direzione in cui potrà ottenere i risultati migliori. Alberto Blandi
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