Sul Piave, giugno 1918, l'Italia vinse la prima guerra mondiale

Sul Piave, giugno 1918, l'Italia vinse la prima guerra mondiale fjai battaglia che preparò il trionfo eli Vittorio Veneto Sul Piave, giugno 1918, l'Italia vinse la prima guerra mondiale A cinquant'anni di distanza, appare sempre più chiaro il valore decisivo di quella settimana di lotta - L'impero austriaco tentò sul Piave l'ultimo sforzo per evitare il disastro; ma l'esercito italiano, con il morale alto e buoni comandanti, resistette all'offensiva nemica - Dopo poche ore di battaglia furiosa dal Grappa al mare, già il primo giorno gli austriaci avevano perduto ogni speranza di successo - L'Italia ebbe ottomila morti e trentamila feriti, l'avversario perdite quasi doppie La battaglia del Piave, 15-23 giugno 1918, fu l'ultimo tentativo degli austro-tedeschi per risolvere a proprio favore la prima guerra mondiale, e la premessa alla trionfale offensiva Italiana di Vittorio Veneto nell'ottobre-novumbre '18. Per illustrare 11 significato di questa battaglia, veramente decisiva, abbiamo chiesto un articolo al maggiore specialista italiano di storia militare: il prof. Piero Pieri, ordinario di storia moderna, già docente nell'Università di Torino. Ricorreva in questi giorni il cinquantesimo anniversario di quella che fu detta la « battaglia del solstizio », e venne infatti combattuta dal 15 al 23 giugno 1918. Ma non si tratta di una qualsiasi grande battaglia, bensì di una di quelle prove supreme che rientrano nel novero delle battaglie decisive della storia. Essa infatti rappresentò veramente l'estremo sforzo del grande impero asburgico per giungere, attraverso una grande vittoria, alla soluzione di tutti i problemi interni ed esterni che ne travagliavano in misura crescente l'esistenza, e impedire l'incombente sfacelo. Per l'Italia fu la prova suprema, l'essere o non essere dopo tre anni d'una guerra durissima e d'una improvvisa immeritata catastrofe (Caporetto), che aveva letteralmente dimezzato l'efficienza delle sue forze combattenti. Non solo, ma la vittoria italiana, prodromo del fatale sfacelo austriaco, avrebbe avftto pure come conseguenza l'ineluttabile sconfitta della stessa Germania. In Francia il Ludendorff già il 21 marzo ha sferrato la sua grande offensiva, e continua a rinnovare i suoi tremendi colpi d'ariete, e incombe ora coi suoi eserciti su la Marna, e si teme per Parigi; occorre da parte austriaca fare.altrettanto, adoperare l'unico strumento ance ra saldo, ancora sano e portarlo a dilagare e a conquistare la vittoria definitiva e l'agognata pace nella valle del Po. Dall'Astico al mare, dunque, l'offensiva gigantesca dovrà sferrarsi implacabile sopra una fronte di ben 150 chilometri, con azione sincrona e concentrica, cosi da impedire al Comando Supremo italiano d'agire colle sue riserve, ben raccolte in posizione centrale, verso il punto ove veramente si delinei l'offensiva avversaria. Ma non basta; all'ultimo si decide di riaccendere la lotta con un'azione iniziale dal Tonale, l'operazione « Valanga », per richiamare da questo lato molte forze e spargere lo sgomento fin verso Milano. Per di più anche la flotta dovrà aver la sua parte e uscire finalmente dalle sue sicure basi per affrontare la battaglia in mare aperto! Ma una terribile delusione era riservata, in alto e in basso, ai nostri accaniti avversari. Caporetto aveva significato un duro risveglio per tutta la nazione, e la guerra era ormai compresa come una dura necessità dai combattenti e dall'intero paese. L'esercito italiano sotto il nuovo Comando Supremo si era venuto ricostituendo in modo meraviglioso nella coesione organica, nell'armamento, nell'addestramento. Merito, si deve riconoscere, soprattutto del Diaz; merito grande, perché ebbe del soldato una concezione più umana, seppe vedere sotto l'uniforme l'uomo e il cittadino, mentre la nazione tutta mostrava di seguire e apprezzare lo sforzo dei combattenti, il loro sacrificio. E analogamente merito del Badoglio, che nel campo tattico fece tesoro della dura esperienza passata, adottando finalmente sul serio il principio della difesa in profondità, la collaborazione fra artiglieri e fanti, sviluppando e perfezionando l'impiego dell'arma aerea. E' poi da rilevarsi come l'esercito italiano, a differenza dei maggiori eserciti belligeranti, fosse il solo a non poter disporre ora della nuova classe di leva del 1899, es sendo essa già stata impegnata per la difesa del Grappa e degli Altipiani nel novembre-dicembre. Il Cador na aveva potuto disporre della nuova classe del '96 per fronteggiare l'offensiva austriaca del Trentino, della classe del '97 per sferrare l'offensiva del Kuk-Vodice pel maggio '17, e della classe del '98 per l'altra della Bainsizza. Pure né Diaz né Badoglio vollero chiamare a classe del 19Q0, che restò sino alla fine estrema, intatta riserva; e ad onta di ciò l'esercito ebbe gli organici di ben poco inferiori a quelli dell'estate '17; mentre il sangue dei soldati veniva sacrificato con minor generosità. Il 10 giugno, pronostico infausto per il nemico, nel Mare Adriatico, presso l'isola di Premuda, il comandante Rizzo coi suoi M.A.S. ha ottenuto uno smagliante successo, affondando la grande corazzata Santo Stefano; il 13 l'offensiva « Valanga » fallisce nel suo complesso miseramente. Inizi poco promettenti dunque, in mare e in terra, per Vienna e Berlino. Ma il 15 giugno alle tre di notte ha inizio su' tutta la fronte dall'Astico al mare il bombardamento nemico, che si protrae per cinque ore; sugli Altipiani esso è stato però preceduto da tiri di disturbo intensissimi già alla mezzanotte e alle due e mezzo da parte delle artiglierie francesi, inglesi e italiane; mentre la difesa si è portata sulla terza linea, lasciando avanti soprattutto dei capisaldi con mitragliatrici. Comunque qui e sul Grappa l'attacco riesce a penetrare alquanto nel nostro dispositivo e i Comandi austriaci si rallegrano; secondo i piani alla sera si dovrebbe esser scesi in pianura! Verso mezzogiorno, però, vedono cessare le buone notizie: fuoco devastatore d'artiglieria; e contrattacchi violentissimi che riconquistano tutte o quasi le posizioni sugli Altipiani; e sul Grappa la travolgente avanzata è stata presa di fianco dalleIIIIIIIIIIIIIIIIItlllllllllllllllllItllllllllllllllllllll artiglierie del saliente centrale e scompigliata con perdite paurose; e poi contrattacchi. Anche qui a sera l'attacco austriaco può dirsi fallito. Per la terza volta le speranze del Conrad sono svanite! Più felice invece, contro le previsioni, il successo del Boroevic, malgrado l'ostacolo del Piave. A mezzogiorno la metà del Montello è conquistata, e verso Treviso e specialmente a San Dona il successo è stato notevole. Ma la grande potenza dell'armmmiiiiiiMnimiuiimiiniiiiiiHiiiHimniiiH tiglieria e l'intervento di possenti stormi d'aerei hanno reso sempre più arduo il procedere! La sera del 15 giugno gli Alti Comandi imperiali sono esterrefatti: si teme una grande controffensiva italiana sui monti, mentre i successi del Piave, per avere sviluppo, richiederanno nuove ingenti forze e quattro settimane di preparazione! Il giorno dopo il Ludendorff propone agli Austriaci di sospendere la vana offensiva in Italia e d'inviare in Fran¬ cia sei divisioni scelte e molta artiglieria! L'Imperatore e il capo di S. M. von Arz non si rassegnano; e il 16 e il 17 il Boroevic ottiene nuovi successi sul Montello e a San Dona; ma il 18 sopravviene la piena del Piave, mentre si delinea una grande controffensiva italiana al piano. Il 19 lotta accanitissima, come nei peggiori giorni del Carso, e si prolunga fino a mezzogiorno del 20: l'azione dell'artiglieria nostra ' è terrificante; non sono più i giorni di Tolmino. Proprio nella mattinata del 20 il Boroevic propone la ritirata dietro il Piave. Quello stesso 20 giugno, mattina e pomeriggio, l'imperatore ha meditato e discusso coi suoi Adi se dare o no l'ordine di ritirata alle truppe, che in tremende condizioni si sostengono oltre il Piave; egli ben comprende, che tale ordine significherebbe non solo la confessione della sconfitta, ma il definitivo tramonto del potere imperiale. Pure alle sette di sera il comandante del gruppo d'Armate del Piave, riceve tale fatale ordine. In una settimana di combattimenti, l'esercito italiano subì perdite elevate: almeno ottomila morti e circa trentamila feriti; gli austriaci lamentarono 11.600 caduti ed ottantunmila feriti. Tuttavia non fu la sproporzione delle perdite, ma l'insuccesso dell'offensiva ad influire sullo svolgimento della guerra. La « battaglia del solstizio » fu veramente il principio della fine, e non solo per l'Austria, ma anche per la potenza imperiale tedesca. Piero Pieri si Passo Idei TONALE -' '^ \ /.:y ' ' /^sV -- -ci \ ~.' ) Belluno ",. c~ ■"--te^M. GRAPPA -* VICENZA ^VERONA \ In questa zona si combatterono le battaglie decisive della prima Guerra mondiale sul fronte italiano. La linea più ad Oriente, attorno all'Isonzo, indica le posizioni occupate dall'esercito italiano prima di Caporetto. La linea ad Occidente, sul Piave, segna le posizioni che le truppe difesero eroicamente nell'autunno del 1917 e nel giugno 1918, e da cui partirono per l'offensiva vittoriosa nell'ottobre 1918

Persone citate: Badoglio, Diaz, Ludendorff, Piero Pieri, Premuda