Alla televisione francese si chiede maggior libertà

Alla televisione francese si chiede maggior libertà Perché scioperano i giornalisti tv Alla televisione francese si chiede maggior libertà Gli scioperanti denunciano i favoritismi, le ingiustizie e le pressioni del governo - Vogliono che il bilancio sia controllabile, e indipendente dal potere politico (Nostro servizio particolare) Parigi, 20 giugno. La radio-televisione costituisce oggi l'ultimo bastione degli scioperanti. Non è soltanto per i salari, che i dipendenti della Ortf si battono da quattro settimane ma soprattutto per la libertà e l'obiettività delle informazioni che, sinora, non era completa. Lo sciopero dei giornalisti della radio-televisione, dei tecnici e delle altre categorie di collaboratori ha per primo scopo la difesa della propria dignità. I giornalisti dell'Ortf sostengono che il paternalismo, la burocrazia, le pressioni, i favoritismi e le ingiustizie, di cui il governo sarebbe responsabile, erano diventati eccessivi ed intollerabili. Perciò, quando si accese la rivolta in tutta la Francia, il personale dell'ente radiotelevisivo si associò all'unanimità. Da parecchi giorni le trattative per la ripresa del lavoro sono in corso fra i rappresentanti' degli scioperanti ed il ministro delle Informazioni, ma procedono con estrema lentezza. Intanto le informazioni alla radio vengono trasmesse dai pochissimi giornalisti ligi al governo; quelle alla tv sono trasmesse senza che sul video compaia il volto di chi le legge. La televisione non è più in grado di rispettare un programma di spettacoli e la trasmissione, improvvisata, fatta da tecnici talvolta presi dall'esercito, è tutt'altro che perfetta e di breve durata. La tv non la guarda più nessuno. Gli scioperanti chiedono l'autonomia finanziaria dell'ente radio-televisivo, un bilancio che non sia sotto il controllo del governo, e, soprattutto, l'indipendenza poli- tica: non soltanto per le informazioni ma anche per gli spettacoli che, troppo spesso, sono orientati in certo modo perché il governo lo impone. Fra i progetti di riforma che gli scioperanti hanno presentato al governo figura la costituzione di un consiglio di amministrazione rappresentativo e dotato di poteri sufficienti. Esso dovrebbe essere composto, a uguaglianza di seggi, da rappresentanti del governo, dei professionisti e dei telespettatori. Gli spetterebbe la gestione del bilancio, la definizione di una politica culturale, la vigilanza circa l'imparzialità dell'informazione, la nomina del presidente-direttore generale e dei direttori della radio e della televisione scegliendoli fra « personalità di valore capaci di trattare da pari a pari coi poteri pubblici a tutti i livelli ». Un altro sistema proposto al governo prevede la costituzione di un consiglio nazionale della tv, specie di parlamento di 150 persone nel quale sarebbero rappresentati i creatori di spettacoli, i dirigenti, i tecnici, i lavoratori, l'università, il Parlamento, i telespettatori, e il governo. Tale « Parlamento » eleggerebbe il consiglio di amministrazione. Fra i due progetti, i giornalisti preferiscono il primo. Comunque chiedono che fin d'ora, in attesa delle riforme, venga^nominato un « comitato di savi » che dovrebbe funzionare come un giudice, un arbitro, ricevere le richieste circa la libertà dell'informazione, formulare eventualmente osservazioni, assicurare la diffusione delle proprie raccomandazioni, approvare o disapprovare i provvedimenti disciplinari adottati dalla direzione verso i giornalisti. Questi chiedono inoltre che sia istituito il diritto di risposta, arbitrato dal « comitato dei savi ». I giornalisti desiderano, infine, la costituzione di una « società dei redattori », la quale dovrebbe essere rappresentata nel Consiglio nazionale, nel Consiglio d'amministrazione ed in tutti gli uffici dell'ente radio-televisivo, e propongono che i redattori-capo vengano nominati dal direttore generale su una lista elaborata dalla società dei redattori. Domani il personale della radio-televisione procederà a un voto sulla ripresa o no del lavoro, e non si esclude che certe categorie accettino di sospendere lo sciopero da lunedì sino al 12 luglio, cioè l'indomani della prima sedu ta della prossima Camera Ma i giornalisti hanno già detto che, qualunque sia il risultato del voto, proseguiranno lo sciopero finché non avranno ottenuto le garanzie circa la costituzione del « Comitato dei savi ». L. Mannucci

Persone citate: L. Mannucci

Luoghi citati: Francia, Parigi