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L'Iri investirà in 5 anni oltre tremila miliardi di lire di Arturo Barone
L'Iri investirà in 5 anni oltre tremila miliardi di lire Conferemo stampa del presidente, prof. Petrilli L'Iri investirà in 5 anni oltre tremila miliardi di lire Il fatturato nel 1967 è salito a 2230 miliardi, con un incremento del 9,3 per cento sul '66 - I dipendenti sono 291.500, quasi invariati in totale ma con un forte spostamento da un'azienda a un'altra del gruppo - E' urgente la riforma previdenziale: in un anno gli oneri sociali sono saliti di oltre il 20 per cento (Nostro servizio particolare) Roma, 12 giugno. Per il prossimo quinquennio l'Iri ha già predisposto nuovi investimenti per 3 mila miliardi; la cifra è però destinata ad aumentare, perché altre iniziative verranno certamente decise a breve scadenza nei tre settori dell'industria aeronautica, di quella elettronica e della sistemazione urbanistica di alcune grandi città italiane (Napoli, Genova, Trieste, eccetera). Queste le maggiori novità della conferenza-stampa tenuta stamane dal presidente del gruppo Iri, professor Giuseppe Petrilli e destinata al consuntivo dell'anno precedente. Il giudizio sul 1967 è stato positivo, per quanto riguarda l'aumento della produzione e della produttività; preoccupante, invece, è stato definito l'ulteriore aumento dei costi del lavoro per addetto (4-11 per cento), più che doppio rispetto al 1966 e dovuto assai più all'inasprimento degli oneri previdenziali (420,3n'o) che all'incremento delle retribuzioni contrattuali (-r-8,1%). Nel 1967 l'Iri ha investito circa 515 miliardi, così come previsto dai vari programmi settoriali, che scontavano una flessione degli investimenti siderurgici ed un incremento, invece, nei settori dei servizi, con preminenza assoluta per ì telefoni e le autostrade. Sotto il profilo territoriale grande beneficiario di questo sforzo sarà soprattutto il Mezzogiorno, che si avvia a vedere completata la rete dei collegamenti autostradali tra i versanti adriatico e tirrenico e fortemente potenziato il servizio telefonico. Il fatturato delle aziende del gruppo è stato lo scorso anno di 2230 miliardi (-1-9,3 per cento rispetto al 1966); il fatturato estero ha raggiunto i 294 miliardi, con un incremento del 7 per cento rispetto al precedente primato del 1966. L'occupazione è rimasta piuttosto stazionaria (291.500 dipendenti), ma ha denunciato un forte aumento del ricambio aziendale, cioè uno dei sintomi caratteristici delle maggiori occasioni d'impiego offerte dal mercato ai quadri e ai lavoratori specializzati. Il forte sviluppo della domanda interna ha influito favorevolmente sui conti economici di molte industrie del gruppo, da quelle siderurgiche a quelle automobilistiche, mentre una certa pesantezza accusano ancora le aziende che producono macchinario industriale ed elettromeccanico e sono in genere le ultime a beneficiare in pieno della ripresa. Il settore cantieristico presenta, nel suo complesso, notevoli perdite a causa dei maggiori oneri imposti dal riassetto; la nuova società emersa dall'operazione, l'Italcantieri, ha però chiuso il suo primo bilancio quasi in pareggio. Positivi i risultati della maggioranza delle aziende di servizi, specie dell'Amalia le cui azioni saranno fra breve quotate in Borsa. E' previsto che la compagnia di bandiera italiana raddoppi entro il 1971 la - propria attività, in linea — del resto — con quanto prevedono le altre grandi compagnie aeree che scontano, per il trasporto merci, un incremento del 700 per cento in soli dieci anni. Petrilli ha confermato nuovi interventi nei settori cartario, dei cavi elettrici, agricolo-alimentare, oltre che della grande distribuzione (supermercati, Motta, ecc.) e del risanamento di vecchie città. Al fabbisogno finanziario (605 miliardi nel 1967) l'Iri ha fatto fronte abbastanza agevolmente, ricorrendo al mercato per il 95 per cento e per il resto al Tesoro (aumento di 20 miliardi del fondo di dotazione); nel dicembre scorso il Parlamento ha aumentato tale fondo di altri 400 miliardi (80 miliardi l'anno per il quinquennio 1968-'72). Data la mole degli investimenti effettuati, l'apporto del fondo di dotazione continua tuttavia a rappreserjtare meno del 10 per cento dei capitali immobilizzati dal gruppo. A questo proposito Petrilli ha deplorato che la legislazione fiscale sia così onerosa da scoraggiare le emissioni di azioni rispetto a quelle obbligazionarie. Le sue maggiori critiche sono state però rivolte all'eccessiva incidenza dei contributi previdenziali sul costo del lavoro che costituisce — ha detto — « un fattore permanente di tensioni nel sistema ». Petrilli ha rinnovato le per¬ plessità degli industriali italiani per « provvedimenti che, dalla defiscalizzazione degli oneri sociali al recentissimo avvio della riforma del sistema pensionistico, non appaiono indirizzati in modo conforme alle prospettive indicate dalla programmazione economica nazionale e alle esigenze di equiparazione della struttura del nostro costo del lavoro con quella dei no¬ stri concorrenti del Mercato comune ». Ha quindi insistito sulla necessità ormai inderogabile di una organica riconsiderazione dell'intera materia, al fine precipuo di « definire con chiarezza le modalità e i limiti nei quali il mondo produttivo sarà in definitiva chiamato a concorrere in forma diversa al finanziamento delle nuove strutture previdenziali ». Arturo Barone
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